Tra usura, coca e festini stile Gomorra, la verità sui Casamonica
Il libro di Nello Trocchia sul clan mafioso più potente di Roma
Roma, 15 apr. (askanews) - Dal funerale-show di zio Vittorio con i petali lanciati dall elicottero nel 2015, finito anche sulla Bbc, fino al ministro Salvini che sale sulla ruspa per abbattere una casa confiscata al clan, l'Italia intera si è accorta dell'esistenza dei Casamonica. Ora il giornalista d'inchiesta Nello Trocchia (Piazzapulita, Nemo) nel suo libro "Casamonica" (Utet), ha ricostruito la galassia del clan sinti che ha conquistato Roma:
"Il funerale di Vittorio Casamonica è stato chiaramente uno spartiacque. Mi occupo di questo clan perché è il più potente del Lazio, è un clan autoctono, indipendentemente dalle altre mafie che qui fanno affari e soprattutto perché la ruspa, che è sicuramente un piccolo segnale, non significa la sconfitta, ma neanche lontanamente del clan Casamonica".
"Mi è capitato di interloquire in maniera animata con qualche mal auspicio o minaccia con i Casamonica quando ho realizzato dei servizi televisivi, prima a Nemo e di recente a Piazzapulita, non ho ricevuto alcuna minaccia e noi abbiamo il dovere di raccontare e cerchiamo quantomeno di non pensare alle conseguenze", ha aggiunto il giornalista.
Oltre a storie e fatti di cronaca, alcuni noti e molto efferati, come l'aggressione al Roxy bar, il libro svela anche un lato pittoresco della casata. Nelle immagini il cantante Manolo Casamonica, su Youtube sono tantissimi i video che ritraggono i "nullatenenti" durante i loro sfarzosi festini:
"Loro adorano i neo-melodici, perché sono in ottimi rapporti con i clan napoletani, il clan Mazzarella, alcuni boss dell'alleanza di Secondigliano e quindi facendo affari e venendo spesso a Napoli, provano a imitare quello che fanno i napoletani. Amano i neo-melodici, a quella festa cantava un Casamonica con un cantante neo-melodico ed è rappresentativo guardare quel video della famiglia e del potere, perché sfilavano tanti che oggi sono nelle patrie galere per associazione mafiosa".
A Roma il loro nome evoca soprattutto "paura", dice Trocchia. Ma come hanno costruito il loro impero?
"Un'agenzia criminale di servizi, che offre alla città due cose: la cocaina, perché Roma è una città snodo internazionale del narcotraffico, e i soldi, prestati a usura, così hanno edificato un impero economico e sono diventati un clan autoctono con un tratto distintivo delle mafie straniere. Non si capisce niente quando parlano ed è difficile decriptare le loro conversazioni".
"Gli interpteti. Io ho intervistato un interprete in anonimo, che mi ha raccontato di avere partecipato come professionista ad un processo contro la casata e gli affini, famigliari e parenti e di non volerne fare più, perché gli interpreti sono sottopagati, non sono protetti e soprattutto - mi ha raccontato - che il rito rom prevede anche la morte per questi soggetti, perché loro tradiscono la comunità di appartenenza".
A cura di Askanews