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Vacanze romane

L'attivismo di Parolin e i cardinali che non escono dalle loro camere

Andrea Gagliarducci

Il segretario di stato uscente entra in Sistina come il grande favorito, e il suo impegno diplomatico desta attenzione. I porporati cominciano a farsi vedere, chi ha più esperienza si muove, chi ne ha meno prova a prendere le misure. E intanto si sente lo spettro di un conclave lungo

Altro che vacanze romane. Ai cardinali che non sono abituati al clima che si respira a Roma, la situazione che vivono deve essere sembrata simile ad un girone infernale. Il gran gesto del cardinale Angelo Becciu, che ha deciso di rinunciare a votare in Conclave per evitare di creare ulteriori spaccature, si apre ora il periodo delle grandi discussioni sul futuro della Chiesa. 

Sono arrivati centoventi cardinali elettori, due non dovrebbero esserci per ragioni di salute, e fa un totale di 133 porporati che entreranno in Cappella Sistina. Il caso Becciu lascia comunque degli strascichi. Il cardinale Pietro Parolin, segretario di stato uscente, entra in Sistina come il grande favorito. Eppure, il suo attivismo recente, sia sul caso Becciu (è stato lui a mostrare le lettere del Papa) sia sul piano diplomatico (un incontro con i crismi del bilaterale con Zelensky in Segreteria di stato, l’accoglienza delle delegazioni al funerale del Papa quando non è nemmeno sottodecano come lo era Sodano nel 2005) non può non destare l’attenzione. 

Chi lo sostiene dice che “dopo dodici anni di Bergoglio, è ovvio che ci sia una certa apertura nel gestire alcune situazioni”. Tradotto: le regole non devono necessariamente essere seguite, si devono risolvere le emergenze. Un po’ il sintomo della Chiesa ospedale da campo. Ma ci sono anche gli indecisi, che ancora cercano di capire chi scegliere come prossimo successore di Pietro. Sono coloro che non apprezzano quando le regole diventano vaghe. 

A Roma c’è il sole, la pioggia della sera del lunedì è solo un ricordo, e i cardinali cominciano a farsi vedere. Hollerich, per esempio, va alla Chiesa Nuova per una messa in suffragio di Papa Francesco che quasi coincide con i novendiali celebrati dal Cardinale Gambetti.

I cardinali che non hanno esperienza restano chiusi nelle loro stanze dopo le congregazioni generali, cercano di capire dove andare. Chi ha esperienza si comincia a muovere. Sono solo una trentina i porporati che hanno almeno un Conclave alle spalle. Un gruppo troppo piccolo perché siano kingmaker.

E intanto si sente lo spettro di un conclave lungo, perché in fondo il 7 maggio non è poi così lontano, e a quel punto i cardinali non si saranno ancora conosciuti. Parlano senza limite di tempo, pongono i loro problemi. Il cardinale Charles Bo, salesiano, del Myanmar, chiede “una voce che evangelizzi” nel mezzo delle guerre e del cambio climatico. Il cardinale Reina, vicario, ha detto nella sua omelia dei novendiali che c’è bisogno di “discernere e ordinare” i processi avviati da Francesco. 

Si deve, insomma, andare avanti. Ma come? La domanda resta sospesa, mentre il caso Becciu ha dimostrato che la volontà di Francesco, nella sua incertezza, ha ancora prevalso. Come se stesse continuando a regnare. Come se i cardinali dovessero ancora fare i conti con la sua volontà. C’è chi ha detto, dopo il funerale, che “il bergoglismo è finito”. Sembra di no.