
Ansa
Una fogliata di libri
Uno che vive sul nostro stesso pianeta
Le pagine dello scrittore spagnolo Manuel Vilas brulicano di confessioni imbarazzanti, di asserzioni naïf che si rivelano intelligentissime subito dopo e non subito prima, perché le sue verità non gli preesistono e lui non le possiede, non possiede niente se non la nuda proprietà della vita
Il nuovo romanzo di Manuel Vilas uscirà per Guanda tra poco meno di un mese. Si intitolerà “Il miglior libro del mondo” e non importa se non lo sarà, perché sarà comunque un libro di Manuel Vilas. Premessa: Manuel Vilas non ha un tratto che si potrebbe definire squisito. In più, ha l’aria di uno che non ha mai messo un frac in vita sua. Insomma, non è uno scrittore da Nobel. Gli mancano molte caratteristiche per esserlo. E poi è fissato con gli angeli. Il romanzo “Amor costante” è noiosetto. “La gioia all’improvviso” è una specie di star trail del precedente, “In tutto c’è stata bellezza”, che invece è bellissimo, uno dei libri più belli degli ultimi anni, benché, a un certo punto, venga il dubbio che Vilas creda che a lui solo siano morti i genitori.
Ma Manuel Vilas ha una qualità enorme, che pochissimi scrittori hanno: vive sul tuo stesso pianeta. E non scrive contro i lettori, ma nemmeno a favore. Le sue pagine brulicano di confessioni imbarazzanti, di asserzioni naïf che si rivelano intelligentissime subito dopo e non subito prima, perché le sue verità non gli preesistono e Vilas non le possiede, non possiede niente se non la nuda proprietà della vita. Non c’è nulla che ha saputo prima che te lo dicesse, anzi, te lo dice perché lo viene a sapere in quel momento. Il suo pensiero è per metà intuizione metodica e per metà impeto lirico – è lavoro. E quando Vilas dice, dice con fermezza spudorata. La sua scrittura non remixa sofisticati luoghi comuni cari al lettore che vuole gli scrittori tutti orecchiabili, tutti epigonali di una qualche grandezza che faccia sentire intelligentissimo (soprattutto) chi legge. Manuel Vilas non è un mediocre. Non s’arruffiana, non si frappone, infatti ti fa sentire vicinissimo non a lui ma alla vita, alla materia delle cose, alla consistenza e all’evanescenza. E si muove sempre nei pressi dell’irriferibile – leggendolo si ha la sensazione che la vita, lui, la senta come immensa, e che ti racconti cosa significa esserne meravigliosamente succube, più che “spiegartela”. Infatti non la capisce, la vita: se la scola. Perché Vilas ama la vita, ed è spudorato nell’ammetterlo. “Non posso essere più felice, più complice della vita”, scrive ne “I baci”, romanzo-monumento alla gioia amorosa dell’esistere, tutta fisica, del conoscersi, dell’amarsi, del fare sesso, del fare parole.
Manuel Vilas ama stare al mondo ma non rifiuta la verità, e riesce a raccontare di sé senza impantanarsi nella lallazione autofinzionale o nello sbrodolio patologico. E’ uno scrittore leale ed è capace di scrivere “la gente non sa vedere la frutta, per questo è infelice” senza essere mai ridicolo. Perché è uno scrittore credibile. E non gli interessa far bella figura, ma scrivere qualcosa di esatto e micidiale sugli esseri umani. “Amor” è una raccolta poetica lietamente antiletteraria, e contiene uno degli inni alla felicità più belli mai letti, ambientato in un McDonald’s e intitolato proprio “McDonald’s”, spauracchio dello scrittore ideologico che al mondo non ci sa stare perché vive nelle proprie paternali. Manuel Vilas invece ci sta, e lo vede, il mondo. Vede cameriere che mostrano le mutande e sono una ragione di gratitudine (“mi metto un raffinato completo estivo / ed esco in strada”).
In ogni pagina Manuel Vilas alza il volume dello stare al mondo. E perfino il dolore è stupendo e atroce, e magari non ti sarà utile, ma è una delle più riuscite espressioni del mistero della vita.