Una fogliata di libri

Scheggia d'oro a Milano

Raffaella Silvestri

La recensione del libro di Pietro Santetti edito da Mondadori, 156 pp., 18,50 euro

Milano è la città di cui più si parla a sproposito in questo periodo, per capirla in questo caso è meglio la narrativa. In "Scheggia d’oro a Milano" di Pietro Santetti (Mondadori), la città la racconta Seba, giovane di età non specificata, di belle speranze perlopiù tramontate. Scartando tutte le formule usurate – Milano ha stancato, a Milano la vita è diventata troppo cara, Milano scaccia i suoi figli – Seba nato Sebastiano detto Bastianu racconta la sua storia, tutta in una notte, a un personaggio cinico che sa raccoglierla e fare le (poche) domande che servono. Il racconto via via si scalda, ovvero perde del tutto l’elemento conosciuto, si allontana dal cinico-disincantato, prende il volo. I cliché svaniscono, mentre le pagine scorrono vogliamo sapere: cosa è andato storto? Per lui, per noi, per questa città che doveva essere Europa, doveva essere il futuro, doveva essere tutto e adesso sembra essere tutte le cose sbagliate? Il protagonista, approdato lì perché – dopo la Sardegna, Roma, Londra – alla fine a Milano si sta bene o forse meno peggio, svela il vero segreto che c’è da sapere sulla città: che sarà anche uno schifo ma è l’unico posto in Italia che dà qualcosa ai giovani. E’ troppo poco, certo, ma non tutti hanno le risorse la fibra la voglia di migrare all’estero. Seba ci ha provato, si è perso in un vortice di rave e droghe, fino a che Londra l’ha espulso – letteralmente, visto che si è ritrovato a Bucarest in pronto soccorso con un brutto sfogo e varie allucinazioni. Eppure ha talento – a Londra lo prendono ad allestire le mostre in una galleria d’arte, fotografa i modelli a Camden Town e diventa stylist, impara tutto velocemente – e voglia di lavorare. A Londra rimane senza una casa, a Milano lo va a prendere in aeroporto l’amica Carlotta, e lo piazza a casa del vecchio compagno di università Lorenzo. A Milano c’è sempre una stanza che ti aspetta, sembra dire, anche se condivisa. A Milano ci sono dei lavori di merda – Seba laureato in moda con la sua collezione depositata e distribuita nei negozi che fa il venditore di make-up alla Rinascente – ma ci sono dei lavori. Almeno gli hanno dato l’indeterminato. E allora più che abbandonare Milano ci sarebbe da chiedersi: se abbandoniamo Milano, cosa ci resta? Torniamo al paese dove l’eroe deve fingere di avere la fidanzata (“papà, mi piacciono i maschietti”)? Seba, personaggio istrionico, gran lavoratore, sognatore, odiatore di poveri naturalmente nato povero, gay che rifiuta la parola gay, vera scheggia dorata, riuscitissimo profeta del nostro tempo. Menzione speciale alla copertina.

  

Pietro Santetti
Scheggia d’oro a Milano
Mondadori, 156 pp., 18,50 euro

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