Si vive solo due volte

Andrea Frateff Gianni

La recensione del romanzo di Ian Fleming, Adelphi, 240 pp., 19 euro

M, il capo dei servizi segreti inglesi, siede ai tavolini del Blades, un club londinese per gentiluomini affacciato su St. Jame’s Street, in compagnia di Sir James Molony, il più grande neurologo del regno. I due parlano fitti davanti a un paio di sigari cubani e a due bicchieri di brandy. Le tazze di caffè giacciono vuote sul tavolo. A un certo punto M guarda l’uomo di fronte a lui e dichiara: “007 mi preoccupa sempre di più. Si sta sfasciando lentamente. Fa tardi al lavoro e perde un sacco di soldi in uno di quei nuovi circoli di scommesse”. Inizia così Si vive solo due volte, l’ennesimo capitolo della saga dedicata a James Bond scritta da Ian Fleming, che chiude idealmente la cosiddetta “trilogia della Spectre”, comprendente anche i romanzi Operazione tuono e Al servizio segreto di Sua Maestà.  Bond è uno straccio, sua moglie Tracy è stata ammazzata da Ernst Stavro Blofeld, il capo della Spectre, poche ore dopo il suo matrimonio e lui, ancora devastato dal dolore, vaga senza meta, strafatto di psicofarmaci e alcol, incapace di portare a termine perfino il più semplice degli incarichi. M deciderà così, per provare a recuperarlo, di spedirlo in missione in Giappone, nella terra del Sol Levante, spogliandolo della sigla tanto cara, quella del doppio zero, affidandogli un incarico di spionaggio puro: “Nessuna di quelle sparatorie di cui va tanto fiero. Bisognerà solo usare il cervello, nient’altro”. Bond partirà così per Tokyo sulle tracce di Tiger Tanaka, capo dei servizi nipponici, con un nuovo nome in codice, 777, e un aumento di oltre mille sterline di stipendio. Ovviamente quella che doveva essere una semplice missione diplomatica si rivelerà l’ennesima avventura densa di colpi di scena a caccia del misterioso e diabolico Dottor Shatterhand, uno scienziato pazzo che in un’antica fortezza sulla costa del Kyūshū ha allestito un terrificante giardino dei veleni, dove gente da tutto il Giappone accorre per suicidarsi. Fleming questa volta alza  il livello dello scontro, donando al suo celebre personaggio parecchia profondità in più e trasformando il thriller in una vera e propria tragedia umana. Il titolo del romanzo, che cita un verso apocrifo attribuito a un poeta giapponese e riportato in esergo all’inizio del libro – “Si vive solo due volte: una volta quando si nasce, l’altra quando si guarda la morte in faccia” – è la chiave di tutto, perché l’ex 007 si ritroverà a vivere alla fine della storia una seconda esistenza non più da agente segreto ma semplicemente come essere umano.

   

Si vive solo due volte
Ian Fleming
Adelphi, 240 pp., 19 euro