Melody

Andrea Frateff-Gianni

La recensione del libro di Martin Suter, Sellerio, 316 pp., 17 euro 

Una villa immersa nel verde sulle colline sopra Zurigo. Un annuncio di lavoro: “Cercasi giovane di solida cultura, affidabile, per gestione lascito testamentario. Necessaria esperienza in ambito giuridico. Tempo pieno. Retribuzione adeguata”. Il mittente è il padrone di casa, Peter Sotz, faccendiere, ex burattinaio, consulente del governo svizzero, influente membro di partito. Un uomo anziano, che una volta era stato molto potente, e a cui i medici hanno diagnosticato un anno di vita. A rispondere è Tom Elmer, 34 anni, un doppio master in giurisprudenza ed un urgente bisogno di trovare un impiego, dopo la morte del padre, suicida, sommerso dai debiti. Un compito: mettere ordine nell’immenso archivio di Sotz per poi poterlo serenamente consegnare ai posteri. “Non si tratta di falsificare la storia. Piuttosto di passarla al vaglio. La storia d’altronde è sempre stata oggetto di valutazioni”. Inizia così Melody, l’ultimo romanzo di Martin Suter, raccontando l’incontro tra questi due uomini, diversissimi fra loro, che per un anno, grazie “ad un contratto non rescindibile per entrambi i contraenti”, lavoreranno fianco a fianco con il solo scopo di lasciare del materiale ben catalogato, in vista di una donazione alla biblioteca nazionale. Barcamenandosi fra una miriade di documenti, di vecchi giornali e di faldoni pieni zeppi “di cartelline trasparenti con sopra etichette scritte con pennarelli indelebili”, tra pranzi di cibo italiano innaffiati da vino francese e bicchieri di cognac il lavoro, di per sé noioso e rassicurante, diventerà però presto qualcos’altro. Sulla testa di entrambi, infatti, inizierà ad aleggiare il fantasma di una donna misteriosa, Melody, i cui ritratti sono sparsi ovunque nella gigantesca villa. Ed è da qui che il romanzo cambia strada, trasformando la monotona cronaca notarile descritta fino ad ora in una avvincente detective story che porterà il lettore in un abisso hitchcockiano, fatto di omissioni, allucinazioni e vertigini. Suter orchestra, ancora una volta, una trama perfetta, levigata, come un Joël Dicker senza l’ansia del cliffhanger a tutti i costi, trascinandoci, con la sua prosa asciutta e precisa, in un vortice dove l’enigma più che risolversi, pagina dopo pagina, si disintegra. Un libro che oltre a essere un giallo è una riflessione profonda sul ricordo che ognuno di noi ha delle proprie storie d’amore e su quanto si è disposti a mentire per difenderle. E se Melody, come la Marla di Fight Club, non fosse mai esistita?  

 

Melody
Martin Suter,
Sellerio, 316 pp., 17 euro