UNA FOGLIATA DI LIBRI
Il grande cerchio
La recensione del libro di Maggie Shipstead, Rizzoli, 270 pp., 21 euro
I cerchi sono prodigiosi in quanto infiniti. Tutto ciò che è infinito è prodigioso. Ma l’infinità è anche una tortura. Sapevo che l’orizzonte era inafferrabile, e l’ho inseguito comunque”. Questi brevi pensieri tratti dal diario di Marian Graves descrivono bene il sentire di una delle protagoniste di questo ambizioso romanzo, ampio e sinfonico. Marian è un’aviatrice, lo è sempre stata fin da bambina quando, orfana dei genitori, è andata a vivere in Montana dallo zio Wallace insieme al fratello. Suo padre era un inquieto comandante, sua madre una donna scossa da una feroce depressione post partum.
Il sogno di Marian è fare il giro del Mondo, volando in senso longitudinale passando sopra i due poli. Lei e il suo navigatore Eddi Bloom non riescono però nell’impresa e si perdono, come svaniti per sempre nelle nuvole. Marian ha una forza interiore che la spinge, un desiderio selvaggio e implacabile di sentirsi libera, di lasciarsi alle spalle i dolori del passato, di vedere ogni cosa e volere tutto. “Sono nata per vagabondare” è l’inizio di tutto, la sua natura. La stessa che in fondo la lega all’altra protagonista del libro, Hadley Baxter, un’ingenua attrice di Hollywood che per riscattare la sua carriera decide di accettare di girare un film su Marian. Ex baby star costretta in ruoli super commerciali e in flirt imposti dal mercato, Hadley vede la possibilità di risollevare la propria reputazione nel raccontare la storia dell’aviatrice americana, sulla carta così aspirazionale.
“E poi devo essere entrata rientrata nella parte di Marian, perché per un attimo mi sono sentita libera”. Hadley si appassiona alla vicenda di Marian, ne indaga le zone d’ombra. Man mano che ne scopre le personalità si svelano i punti di tangenza tra le due donne, così diverse in superficie ma unite da un filo sottile. Entrambe orfane ed entrambe accudite da parenti con gravi dipendenze. I parallelismi e i rimandi sono continui ma mai posticci, servono ad allargare lo sguardo, ad alzare sempre di più il punto di osservazione, a tracciare un cerchio esistenziale sempre più ampio.
C’è infatti un sottile passaggio di testimone tra Marian e Hadley, quello di un viaggio – in qualche modo incompiuto – incominciato da Marian e che raggiunge il suo senso più vero solo quando lo termina, seppur diversamente, Hadley. Maggie Shipstead restituisce un racconto dalla struttura solida, ritmica e a tratti sorprendente, figlia di una grande ricerca documentaria, anche sul campo. Vuole bene alle sue protagoniste, cangianti e vere. E ne restituisce il desiderio. “Cerchi che si estendono sempre più ampi sopra le cose è la vita. Forse non chiuderò l’ultimo, ma voglio tentare”(R.M. Rilke).
Maggie Shipstead
Rizzoli, 270 pp., 21 euro