Figure

La recensione del libro di Riccardo Falcinelli, Einaudi, 528 pp., 24 euro

Gaia Montanaro

    In questo libro proveremo a cambiare il paradigma: anziché spiegare cosa significano le immagini ci chiederemo come funzionano. Non le tratteremo più come simboli da decifrare ma come orologi da smontare”. E’ questo l’innesco con cui si comincia a leggere Figure, di Riccardo Falcinelli.

     

    Il presupposto per chi affronta questi discorsi visivi, a metà tra parole e immagini, è quello di farsi delle domande, di ragionare su quello che vediamo non prendendolo come un assunto ma cercando di intravvederne la logica – formale, estetica, costruttiva, culturale e persino emotiva – che le anima. Questa postura, il punto di vista che si assume, diventa in qualche modo il metodo attraverso il quale vengono decodificate le immagini più diverse, dai dipinti di Raffaello, alle linee ortogonali di Mondrian fino ad arrivare alle inquadrature dei film di Spielberg e alle foto su Instagram.

      

    Ci sono formati, tagli, diagonali, ritmi, cornici; tutti elementi che influiscono – più o meno esplicitamente – sulla percezione delle immagini. E sulla risonanza che queste hanno su ciascuno. Occorre chiedersi quale sia la logica e la poetica di una certa immagine, la temperatura narrativa che produce, lo scopo e quindi il tipo di fruizione per cui è stata creata. “E’ l’eredità più importante del Novecento, oggi infatti non c’è linguaggio – dal film ai fumetti, dalla grafica ai videogiochi – in cui il senso non risieda in un qualche tipo di montaggio: ossia nella scelta, nell’uso, nell’accostamento”.

     

    Le immagini sono sempre inserite in un contesto, dialogano tra loro e possono acquisire significati nuovi e altri a seconda di come vengono messe in relazione tra loro. Sono rapporti di tipo ritmico o narrativo, estetico o semantico. Sguardi diversi sempre filtrati da un codice culturale che diventa un viatico interpretativo. Falcinelli maneggia con sapienza questi codici, usando spesso la chiave ironica e del gioco. Incuriosisce il lettore, lo avvince con domande coinvolgenti e con leggerezza lo porta a comprendere e sperimentare prospettive interessanti e inedite.

      

    Ciascuno può trovare un discorso figurativo che lo catturi, il proprio palinsesto di immagini, un taglio personale. Come per la fotografia di reportage scattata in Vietnam nel 1972 e che è valsa a Nick Út il Premio Pulitzer. Che cosa fa di quell’immagine un’immagine migliore di un’altra? Nella foto di Út, svela Falcinelli, la chiave di volta è stato il fatto che il fotografo avesse deciso, forse istintivamente, di piegare le ginocchia prima di scattare e di mettersi all’altezza della bambina che fugge terrorizzata dal bombardamento. Ha la coscienza che sta fotografando un essere umano e questo fa tutta la differenza del mondo in quell’immagine. Ha il senso del suo gesto. “Qualcosa è un paradiso non perché è bello ma perché è sensato” scriveva Elsa Morante. Falcinelli lo ricorda ed è proprio questo suo sguardo che tiene insieme tutto. Rimane il desidero di imparare a guardare così. In qualche caso, di vedere davvero per la prima volta. 

     

    Figure
    Riccardo Falcinelli
    Einaudi, 528 pp., 24 euro