una fogliata di libri

1982 Janine

Rinaldo Censi

La recensione del libro di Alasdair Gray, Safarà, 368 pp., 21 euro

    Il problema è piazzarsi nella stanza giusta. E quella giusta sta da qualche parte in Scozia, anche se per Jock McLeish, il narratore, o meglio, questo catalizzatore di voci, storie, caratteri tipografici a cui Alasdair Gray ha dato vita, potrebbe trovarsi ovunque: Belgio, Russia, di sicuro in Australia. Non negli Stati Uniti, dato che sul comodino non compare alcuna Bibbia. Carta da parati, mobilio, guardaroba, letto matrimoniale: un uomo ne misura il perimetro, perlustra lo spazio, lo descrive e vi ci si installa coricandosi a letto. Alla fine, il suo arredamento non ha poi grande rilevanza. Questa stanza è l’ambiente, la scenografia spoglia che ci permette di scivolare all’interno di una seconda stanza: quella della mente caotica di colui che scrive. Così, qualcuno sogna, divaga su una parata di figure femminili. E un altro, rispetto a colui che fantastica, scrive, o, meglio, fa incessantemente rapporto di questa visione. Insomma, qualcuno vaneggia e un altro si appoggia al suo fianco e prende nota, riporta tutto su carta. Al limite, questa stanza potrebbe somigliare alla “zona” di un evento medianico. Joyce, Sterne? Nelle note conclusive troviamo elencate tutte le voci che hanno abitato Alasdair Gray durante la scrittura del suo pirotecnico 1982 Janine (tradotto eroicamente da Enrico Terrinoni). Tra le pagine ne accadono di tutti i colori. Sfilano figure femminili: Janine, ovviamente, ma anche Helga, Big Momma, Sontag, Superba. Appaiono, scompaiono in maniera intermittente tra le pagine; una specie di marea tipografica che sale, si placa e poi si ripercuote su di noi. Impossibile rendere conto nel dettaglio di quanto accade in questo libro. Si viaggia parecchio. Come nei sogni. Ci spostiamo dentro scatole cinesi. Ciò che che più colpisce è la cura con cui Gray modula, anzi compone, attraverso la figura di Jock McLeish, straordinario oniropompo, una serie di simulacri femminili, le loro innumerevoli peripezie. Eccole in camicetta, jeans aderenti, minigonna, zeppe: sfilano, baluginano proiettate, smisurate, a volte confuse, rifratte da un prisma. Delirio pornografico? Tipografico? Sadismo? Siamo prossimi al gioco infantile, gioioso e fuori misura. Gray monta e smonta queste figure, ne varia l'immagine, il fondo scenico, servendosi di tutto un immaginario che guarda spesso al cinema (un esempio: la fascinazione per Marilyn Monroe e Jane Russell – quella de “Il mio corpo ti scalderà”). Ne escono a volte vere e proprie composizioni, “quadri”: un florilegio di descrizioni e divagazioni. Leggendo il libro non si può non pensare a quella sorta di “fratello” di Alasdair Gray: Henry Darger, scrittore e illustratore statunitense, che, chiuso nella sua stanza, compose una sorta di romanzo di circa 3 mila pagine intitolato In The Realm Of The Unreal, dove si narrano le vicende dai risvolti fiabeschi e truculenti di sette bambine (le Vivian Girls). Chissà se Janine le ha mai incontrate.

     

    Alasdair Gray
    1982 JANINE
    Safarà, 368 pp., 21 euro