Estremi rimedi. Come resistere a uno stato ingiusto

Federico Morganti

La recensione al libro di Jason Brennan, Luiss University Press, 246 pp., 22 euro

C’è un ubriaco che corre per la strada brandendo un coltello. Quattro uomini lo bloccano per impedirgli di far male a qualcuno. Lo scaraventano a terra, iniziano a prenderlo a calci alla pancia e al volto, lo colpiscono con mazze e bastoni. Anna, che passa di lì, estrae la pistola e intima loro di fermarsi. Ignorata, fa fuoco su uno di loro per fermare il pestaggio e salvare la vita dell’uomo. La sua azione è giustificabile? La maggioranza risponderebbe di sì. Ma supponiamo che quegli uomini siano in realtà poliziotti nell’esercizio delle loro funzioni. Questo elemento dovrebbe indurci a cambiare il nostro giudizio sul gesto di Anna? La risposta è no. O almeno, non secondo il filosofo Jason Brennan, già noto al pubblico italiano per il suo Contro la democrazia (Luiss University Press, 2018).

 

Pur caratterizzato dall’astrazione che appartiene al ragionamento filosofico, il libro di Brennan si situa entro un dibattito tutto americano, relativo all’eccezionale frequenza dei casi di cittadini, spesso appartenenti a minoranze etniche, rimasti uccisi nel tentativo di arresto o detenzione da parte delle forze dell’ordine. Non è un invito alla rivoluzione o alla disobbedienza civile, bensì – più modestamente, ma efficacemente – un richiamo alla difesa da singole azioni ingiuste commesse da agenti di governo, attraverso il sabotaggio, la menzogna, finanche la violenza. Siamo convinti che gli agenti di governo siano legittimati nel compiere azioni che, compiute da altri, sarebbero bollate come criminali. Per Brennan, viceversa, “dovremmo essere liberi di trattare lo stato e i suoi agenti come ci trattiamo l’un l’altro”. Non possiamo attribuire ai pubblici ufficiali alcuna forma di “immunità speciale”. Come ha recentemente mostrato il filosofo Mike Huemer, già è difficile dimostrare che esista qualcosa come l’autorità pubblica in generale (la facoltà dei governi di stabilire regole esigendo obbedienza). Figuriamoci l’autorità specifica di commettere atti violenti o ingiusti.

 

Sono tante le questioni collegate alla tesi di Brennan. Per reagire a un’ingiustizia, quale livello di certezza epistemica dobbiamo possedere? E’ prudente intervenire? Quand’è preferibile una reazione violenta a una non violenta? Fino a che punto dobbiamo presupporre che chi perpetra un atto ingiusto stia agendo in buona fede? Quale proporzione dev’esserci tra l’offesa e la difesa?

 

Sono tutti problemi rilevanti. Ma il punto è: rispondere a tali dubbi non permette di tracciare una demarcazione morale tra le azioni degli agenti di governo e quelle dei comuni cittadini. E la sola conclusione plausibile è che ciò che è consentito ai governi dev’essere consentito ai privati cittadini, e ciò che è ingiusto se commesso da parte di questi ultimi lo è se commesso dai primi. Una tesi certamente controintuitiva.

 

Chi avrà letto Jason Brennan farà più fatica a metterla in discussione.

 

Jason Brennan

Estremi rimedi. Come resistere a uno stato ingiusto

Luiss University Press, 246 pp., 22 euro

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