Pranzi di famiglia

Giorgia Mecca

Romana Petri
Neri Pozza, 414 pp., 18 euro

I silenzi erano la cosa peggiore alla quale avevano finito tutti per abituarsi. Quel ritrovarsi era solo una cosa fisica, un poter dire di essere stati insieme, che si erano visti. Era così da sempre, tanti preparativi per niente”. Ogni volta la solita scena: dialoghi sul cibo e sui tempi di cottura, elenco degli ingredienti e complimenti molto cortesi e altrettanto falsi. “Fino a che si mangiava si poteva parlare almeno di quello. Poi ci sarebbero stati i commenti sull’albero di Natale, sul tempo che si stava mantenendo buono. E dopo ci sarebbero stati i silenzi”. Una famiglia portoghese prova a tenere in piedi il proprio legame, fatto di sangue e di poco altro, incontrandosi ogni domenica a pranzo. E’ un’abitudine stanca che non ha niente a che vedere con l’affetto. Per Tiago, il padre, è un modo per pulirsi la coscienza una volta alla settimana e, se proprio deve, guardarsi indietro senza troppi sensi di colpa. Tiago è un uomo che cerca di dimenticarsi da dove viene, guarda il passato con disprezzo; è ambizioso, vuole avere successo, ma per farlo deve sentirsi libero, “senza le catene di una famiglia nata sotto una cattiva stella, senza il dolore”. I suoi tre figli hanno quasi trent’anni e provano a sopravvivere alla morte della loro madre. Rita, la sorella maggiore, è nata deforme. E’ intrattabile, sempre furibonda. La donna ogni giorno si fa la stessa domanda: “Perché proprio a me?”. Joana, sua sorella, invece è bellissima, ma la sua bellezza è piena di ombre, nasconde un senso di colpa costante e rabbia nei confronti di sua madre e del suo guardo sempre rivolto in direzione dell’altra sorella. “Erano due giovani donne afflitte: un mostriciattolo devastato addirittura più dentro che fuori, e una bellezza rara che covava un gran desiderio di deturparsi”. Il loro fratello non sta meglio: Vasco, gemello di Rita, dopo essere diventato orfano si rende conto di non avere più ricordi. Nelle vecchie fotografie lui sorride sempre, ma non si può fare affidamento sul sorriso di una foto. Ha ragione Rita quando dice: “Ho qualche ricordo sparso qua e là, ma sono pochi e non li vado di certo a cercare. Sono quasi tutti brutti”. Vasco però decide di fare un viaggio nel proprio passato per recuperarne la memoria, proprio lui che del passato non ha mai voluto sentire nemmeno il rumore. Nel suo ultimo libro Pranzi di famiglia, Romana Petri, vincitrice del premio Mondello e due volte finalista allo Strega, ripercorre la storia di tre ragazzi portoghesi che, rimasti orfani, vanno in cerca del proprio passato. E’ una famiglia anche la loro, anche se a guardarla da vicino sembra la somma di dolori e di rancori individuali tutti seduti attorno allo stesso tavolo. Ogni maledetta domenica si ripetono le stesse parole e gli stessi convenevoli, una stanca formalità che fa più male dell’indifferenza. “La solita pantomima, tutti si alzavano in piedi, si davano quei due baci frettolosi sulle guance, si chiedevano come stavano, rispondevano che stavano bene, il lavoro come va, il lavoro andava come sempre”. Il tempo passa e non ricompone proprio niente. L’abitudine resiste: “Il contro natura familiare ebbe, come sempre, la meglio, e a mezzanotte brindarono augurandosi un felice 2003”. 

 

PRANZI DI FAMIGLIA
Romana Petri
Neri Pozza, 414 pp., 18 euro

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