foto Olycom

Uffa!

L'atroce guerra civile fra italiani sepolta da decenni di inutile retorica

Giampiero Mughini

Bella ciao di Giampaolo Pansa è un libro da imparare a memoria per riflettere criticamente sui miti diffusi a sinistra sulla Resistenza italiana, e per conoscere i fatti e i personaggi che quei miti li hanno animati 

Sono anni che provo come un complesso di colpa nei confronti di Giampaolo Pansa, morto ottantacinquenne nel 2020. Con lui, uno dei più riusciti giornalisti italiani della seconda metà del secolo scorso, avevo condiviso negli ultimi anni della sua vita una collaborazione al quotidiano Libero, un quotidiano volto a destra laddove né lui né io avevamo niente a che vedere con la destra. Beninteso eravamo entrambi liberissimi di scrivere quello che volevamo, ed eravamo ben pagati, ma lo sapevamo bene che il pubblico di quel quotidiano non era esattamente quello da noi prediletto e di questo con Giampaolo discutevamo continuamente al telefono. Quando decisi di dimettermi da quel giornale che pure era stato così leale nei miei confronti, gli telefonai per annunciargli la mia decisione. E’ l’ultima volta che l’ho sentito.


Un complesso di colpa? Sì, il fatto è che io approvavo senz’altro lo spirito da cui erano animati i suoi libri dedicati a “revisionare” i miti così diffusi a sinistra sulla Resistenza italiana del 1943-1945. Quella coltre di luoghi comuni che la segnala come insurrezione popolare, lotta di popolo, liberazione con la maiuscola, ossia come la miccia decisiva nel far esplodere la bomba che espulse dall’Italia la supremazia e fascista e nazi. Certo che approvavo senz’altro la forza intellettuale con cui Giampaolo andava contro questa retorica, però mi sembrava eccessivo e ripetitivo il fatto che insistesse con tanti suoi libri nel farlo. Una dozzina di libri o forse più. Ecco perché di quei libri ne lessi soltanto due o tre, cosa di cui oggi mi mordo le dita.

Nel disperato tentativo di riparare al mio errore ho adesso comprato e divorato Bella ciao (Rizzoli, 2014) uno dei libri che nobilitano quella sua lunga cavalcata revisionista. Un libro da imparare a memoria da quanto Giampaolo scova uno a uno i fatti e i personaggi che stanno dietro a quella retorica, e che danno a quegli anni drammaticissimi il loro giusto valore, purtroppo quello di un’atroce guerra civile dove gli italiani si scannarono fra loro. Beninteso non che ci sia da spendere una sola parola nell’indicare chi in quello scontro avesse ragione, ossia gli antifascisti, ma se vuoi raccontare le verità di fatti talmente epocali allora devi scavare scavare scavare. Ha scritto Pansa dei partigiani: “Andavano alla ricerca di qualche briciola di libertà. Ma potevano incontrare una morte orribile, per mano di altre formiche avversarie. Giovani come loro, italiani pronti a uccidere e a  farsi uccidere, sostenuti dalla fede in un dittatore ormai al tramonto”. 


E comunque la Resistenza (necessarissima a risollevare l’immagine dell’Italia che aveva assaltato alle spalle la Francia) fu condotta da forze che ogni volta si opponevano le une alle altre. Da una parte i comunisti (numericamente i più presenti nelle forze partigiane), dall’altra azionisti liberali cattolici o semplicemente militari che non ne volevano sapere di stare la fianco dei nazisti. Da una parte i gap comunisti che smaniavano di portare a termine gli agguati a uomo che provocavano ogni volta micidiali rappresaglie da parte dei tedeschi e di cui quello di via Rasella fu il più sciagurato di tutti, dall’altra i partigiani liberali o azionisti che raccomandavano di tener conto delle forze in campo e di evitare le azioni che si sarebbero rivelate controproducenti, perché a ogni fascista ammazzato quelli di Salò reagivano estraendo dal carcere prigionieri che non avevano fatto nulla di grave e mettendoli spalle al muro prima di fucilarli in una proporzione spietatamente alta. 


Spaventoso poi è il fatto che da quegli anni molti della mia generazione assorbissero gli atti di natura più sanguinosa, per l’appunto gli agguati a uomo, scegliere la vittima e colpirla alle spalle mentre passeggiava per le strade. Gli assassini di due giornalisti pregevoli e leali quali Walter Tobagi e l’ex partigiano Carlo Casalegno, o del commissario Mario Calabresi, erano opera di gente che credeva a questo modo di onorare la Resistenza e il suo significato. Il terrorismo “rosso” in Italia da questa convinzione prese il suo slancio. Perché non continuare la saga “eroica” che era stata aperta da quelli che avevano ammazzato come un cane Giovanni Gentile?


 

Di più su questi argomenti: