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Uffa!
Gioia e magia della pallavolo italiana
La finale vinta contro la Bulgaria è stata da togliere il fiato, una guerra punto per punto, uno scontro tra giganti. E invece le partite di calcio sono utili solo a conciliare il sonno
Dopo questa nostra quinta e bruciante vittoria al campionato del mondo di pallavolo, dove domenica scorsa abbiamo annichilito per tre set a uno la pur brillante nazionale della Bulgaria, non so quanti italiani si siano resi conto che la nazionale regina del nostro sport è, per l’appunto, quella della pallavolo. Dove ci sono fenomenali giocatori quali Romanò, Michieletto, il nostro capitano Giannelli (reputato il miglior “alzatore” al mondo), e che al confronto l’attuale calcio italiano fa una figura penosa, con squadre in cui su undici i giocatori italiani sono due o tre e in cui figurano fuoriclasse stranieri che noi siamo in grado di comprare solo quando hanno già un piede e mezzo nella pensione.
Che vittoria quella di tre set a uno contro la Bulgaria, che pure ha un allenatore italiano e molti giocatori che hanno imparato in Italia – voglio dire, giocando in squadre italiane – a sillabare la grande pallavolo. Che è uno sport dove ogni gesto tecnico è spettacolare e fa rumore, al contrario delle partite di calcio giocate in Italia, che da un po’ di tempo sono utili perché conciliano il sonno. Sabato scorso la Juventus faceva cinque o sei passaggi all’indietro prima di riuscire ad avventarsi (per modo di dire) sugli avversari, tanto che molti di noi juventini vorrebbero che la Juve cambiasse nome.
Nella pallavolo moderna invece invece tutto è drammatico e ti lascia senza respiro: la battuta con quella palla lanciata dal giocatore ad altezze lunari prima di essere colpita con inaudita violenza, il muro difensivo con quei due o tre giganti le cui braccia sollevate rasentano il cielo, i recuperi in tuffo delle palle in difesa, l’attimo della schiacciata micidiale contro la quale non c’è muro che tenga. Per quattro set tra Italia e Bulgaria è stata una guerra punto per punto, palla su palla, talvolta per questione di millimetri. Giganti contro giganti. Colpi giocati d’astuzia o colpi giocati di potenza. Miracoli in difesa il cui perno nella pallavolo è il “libero”, l’unico giocatore di cui è ammissibile stia sotto il metro e novanta.
La pallavolo è l’ultimo sport agonistico che ho praticato nei miei vent’anni. Per non molto tempo, poi lo lasciai perdere, ero una schiappetta e tanto più che col mio metro e 78 di altezza potevo fare ben poco. Forse proprio perché è stato l’ultimo degli sport che ho praticato, ne ho un ricordo sentimentalmente lancinante. Né è un caso che fu in occasione del primo Mondiale vinto dall’Italia (quello del 1990) che io invitai a cena Michela, quella che per 35 anni sarebbe stata prima la mia compagna e adesso mia moglie. Le “dichiarai” le mie intenzioni dopo il rimbombo sul terreno dell’ultima schiacciata vittoriosa della “generazione dei fenomeni”. Cui apparteneva l’allenatore dell’attuale squadra azzurra, Ferdinando De Giorgi. Tutto si lega nello sport, come nella vita.