
foto LaPresse
Uffa!
I violenti allo stadio non sanno nulla di cosa lo sport insegni veramente
Son rimasto di sasso quando ho letto di un tifoso accoltellato a morte da uno della squadra avversaria. Così come per i fischi rivolti al giovanissimo Yamal. E' bene non dimenticare che nulla insegna a rispettare l'altro, e a perdere, più dello sport
Io che amo talmente lo sport e che nella mia vita ho avuto così tanto dallo sport, sono rimasto di sasso quando alcuni giorni fa ho letto di un tifoso italiano che aveva accoltellato a morte il tifoso di una squadra di calcio avversaria. E del resto non passa domenica che le truppe dell’una squadra non assaltino le truppe di una squadra concorrente. Quello che dovrebbe essere il più leale dei confronti diventa l’occasione di zuffe tra orde di fanatici. L’arte di indirizzare la palla con i piedi viene soppiantata in questo caso dall’arte di uccidere un tifoso avverso con un solo colpo di coltello. Una domenica sì e un’altra pure le nostre piazze sono lordate dalle gesta di questi energumeni.
Né fa ai miei occhi differenza quello che ho letto a proposito della bellissima semifinale giocata a Milano qualche giorno fa tra Barcellona e Inter (vittoria dell’Inter per 4-3), e cioè che quando prendeva la palla l’astro del Barcellona, il giovanissimo Yamal, veniva sommerso dai fischi: provenienti da gente che confonde lo sport con le risse da osteria. Da italiano che ovviamente teneva per l’Inter, ogni volta che Yamal prendeva la palla a me veniva di inginocchiarmi e pregare per la bellezza del calcio. Per la bellezza dello sport e dei suoi valori. Li avevo imparati da adolescente, quando ero un ragazzetto timido che veniva da una famiglia di borghesia impoverita. In ogni atto della vita ero come svantaggiato, destinato alla sconfitta. Su un campo di calcio o in una palestra potevo invece farmi valere, potevo contare sulle mie qualità, potevo essere io il vittorioso e venire dunque rispettato dai miei coetanei, ivi compresi i miei avversari sul campo. E siccome sportivamente parlando avevo debuttato da portiere di una squadra di calcio, fu un gran momento della mia giovinezza quello in cui un giocatore della squadra avversaria mi si avvicinò a congratularsi per una gran bella parata che avevo fatto. Erano anni in cui non ci sarebbe stato alcun altro motivo perché uno mi si avvicinasse a farmi dei complimenti. Timido com’ero eccome se ne avevo bisogno. Cominciai da quei complimenti a diventare quello che sono, uno che guarda sempre in faccia coloro con i quali non va d’accordo e che riconosce serenamente chi di loro mi è superiore nel lavoro che faccio, il che ovviamente accade spesso.
Saper perdere, non c’è nulla che te lo insegni meglio dello sport. Altro che fischiare l’avversario come se fosse colpevole di qualcosa. O meglio sì, di una cosa Lamine Yamal è colpevole: di non essere nato in Italia. Come se un tifoso francese si fosse messo a fischiare Fausto Coppi perché non era nato in Francia. Quanto lo avremmo disprezzato un tale tifoso? Tantissimo. C’è una differenza tra lo sport e tanti altri campi della vita. Un libro che vince un premio letterario? Non è detto che fosse il migliore, tanto è vero che Louis-Ferdinand Céline non vinse il più importante premio letterario francese del suo tempo. Un film che fa un boom di incassi? Non è detto per questo che fosse migliore di tanti altri film suoi coevi. Laddove quando Jannik Sinner vince un match di tennis, è indubbio che sia stato il migliore in quella partita così come è indubbio che non lo sia stato quando invece (raramente) perde. Nello sport c’è un’oggettività che è un altro dei suoi valori, un grande suo valore. Semmai c’è che chi scrive di sport si lascia prendere la mano nel preferire quello a quell’altro, da cui le tante vie percorse dal giornalismo sportivo, che del resto è un’arte a parte. Non è che quando leggevi Gianni Brera volevi attingere alla Verità tecnica e agonistica di un match. Volevi innanzitutto godere della prosa di un grande scrittore.
E’ vero che talvolta chi scrive di sport è come se avesse la memoria corta, mettesse talmente in primo piano quello che sta accadendo innanzi ai suoi occhi rispetto a quello che è accaduto l’altro ieri. E’ giustissimo che oggi tutti osannino Sinner come un grande tennista italiano, forse il più grande di sempre. Sono tuttavia rimasto sorpreso che nessuno nei suoi articoli mettesse il nome di Nicola Pietrangeli, che è stato un artista della pallina da tennis quale pochi altri al mondo.