Pier Paolo Pasolini (Olycom)

Uffa!

L'omaggio di Pier Paolo Pasolini al martirio del fratello partigiano ucciso da altri partigiani

Giampiero Mughini

Andrea Zannini ipotizza che in "Turcs tal Friùl" il poeta e regista ricordi l'esecuzione del fratello Guido da parte dei comunisti e descriva il dolore che lui stesso ha provato

E’ lampante che nella nostra memoria diffusa ci sia una sproporzione tra la beatificazione del Pier Paolo Pasolini di cui ricorre adesso il centenario della nascita, e la dimenticanza di cui soffre la sorte dell’“altro Pasolini”, il suo fratello minore Guido, nome di battaglia “Ermes”, il diciannovenne partigiano liberale massacrato a Porzûs (Friuli orientale) nel febbraio 1945 da partigiani comunisti italiani e jugoslavi. Del resto è accaduto in Italia che il presidente Sandro Pertini concedesse nel 1978 la grazia a Mario Toffanin detto “Giacca”, il comandante di quel gruppo di assassini che si era rifugiato in Jugoslavia a scansare la condanna all’ergastolo, e che per un tempo della sua vita lo stato italiano gli pagasse addirittura una pensione.

Quel massacro – “Vai e fai bene”, avevano ordinato a Giacca alcuni dei capi del comunismo friulano – era stato un’operazione complessa, nel senso che il 7 febbraio 1945 si erano messi in movimento un centinaio di gappisti atti a usare le maniere forti. E questo per portare a termine l’annientamento del “gruppo Bolla”, del nucleo di partigiani italiani appartenenti alla divisione Osoppo che non erano disposti a svendere Trieste e l’Istria ai comunisti titini che avrebbero assicurato la felicità su questa terra. Il partigianato comunista friulano glielo aveva difatti promesso ai confratelli jugoslavi che la “perniciosa questione” dell’Osoppo anticomunista sarebbe stata risolta al più presto. 

“Bolla” era il nome di battaglia del comandante del gruppo, il trentacinquenne capitano dell’esercito italiano Francesco De Gregori, fratello del padre del cantautore. Il quale venne chiamato a riconoscere il cadavere del fratello. Un cadavere ridotto in condizioni tali da essere irriconoscibile, racconterà più tardi al figlio Francesco, che non a caso porta il nome dello zio. Non è che lo avessero ucciso, lo avevano massacrato. Come del resto avevano fucilato e massacrato uno dopo l’altro diciotto “osovani” o presunti tali. A partire da Elda Turchetti, una ragazza che accusavano senza alcuna prova di essere una spia dei nazifascisti, e poi il giovane partigiano delle Brigate Garibaldi Giovanni Comin che in quel di Porzûs s’era trovato per caso in mezzo agli osovani. E da ultimo Guido Pasolini, il quale in un primo momento era riuscito a sfuggire ai suoi boia per poi essere ricatturato e ucciso a freddo con un colpo di pistola. 

Quanti di voi che mi state leggendo conoscevate i dettagli di questa orribile vicenda che Andrea Zannini ha meritoriamente ricostruito in un libro appena uscito, L’altro Pasolini (Marsilio, 2022)? Per quanto mi riguarda seppi della sorte di Guido Pasolini non meno di vent’anni dopo l’aver letto Ragazzi di vita e Le ceneri di Gramsci. Quando lessi la memorabile lettera di Guido al fratello datata novembre 1944 in cui gli raccontava quale fosse la posta in gioco del loro conflitto con i comunisti. E confesso che a quel punto i conti non mi tornavano. Come poteva andare d’accordo l’amore sconfinato che Pier Paolo nutriva per il fratello minore di tre anni con la sua adesione al Pci nell’ottobre 1947? Come poteva chiamare “compagni” i sodali di partito dei massacratori e degli assassini, quel partito che solo molto più tardi riconoscerà la sua specifica responsabilità nell’avere architettato il massacro? Io non ho risposte a queste domande. E se non sbaglio non le aveva neppure il cugino di sette anni più grande di Pier Paolo, quel Nico Naldini che pure s’era occupato intelligentemente della vicenda e che è morto novantunenne nel 2020. Né mi pare che queste domande fossero assidue nel giro di persone che più affettuosamente frequentavano Pier Paolo a Roma. La volta che in piazza Cavour andai in una sede romana che trent’anni fa fungeva da archivio del fondo Pasolini, questa domanda – come Pier Paolo riuscisse a mettere d’accordo la memoria del fratello ucciso e la sua adesione al Pci – la feci a quella che mi aveva accolto e che era stata una fervente amica dello scrittore e regista. Lei mi rispose così: “Ma è sicuro che siano stati dei comunisti a uccidere Guido Pasolini?”

A dire il vero una qualche risposta a queste domande, nel senso di mettere a fuoco quanto fosse squassante il dolore di Pier Paolo per la morte atroce del fratello, la offre il libro del professor Zannini (insegna all’Università di Udine). La famiglia Pasolini seppe il come del martirio di Guido solo nei primi giorni di giugno del 1945. Ebbene è esattamente il momento, secondo Zannini, in cui Pasolini scrive un atto teatrale in friulano dal titolo I Turcs tal Friùl, ossia I Turchi in Friuli, un’opera ambientata nel settembre 1499 (all’epoca dell’ultima “scorreria turchesca” nelle pianure veneto-friulane) che sarebbe rimasto inedito se non fosse che un collezionista amico di Pier Paolo ne aveva acquisito il testo originario per poi pubblicarlo dopo la morte del poeta. Il professor Zannini avanza l’ipotesi che il testo sia stato scritto nel maggio/giugno 1945 e non già nel maggio 1944, come indicato da Pasolini. E dunque esattamente nel momento in cui l’avanzata slava in Friuli era nel suo pieno corso ed era attualissima la passione del fratello partigiano nel difendere l’italianità di quello spicchio del nostro paese. L’orda dei Turchi per come Pasolini la rappresenta nel maggio 1945 corrisponde emotivamente a quell’avanzata, mentre a fare da perno del racconto sono tre fratelli friulani e la loro madre. Uno dei tre teme che non ci sia nulla da opporre alla forza dell’aggressore, laddove un altro dei fratelli va a combattere i Turchi e muore in battaglia. Il suo cadavere torna indietro su un letto di frasche, e mentre il fratello che non aveva voluto combattere è travolto dalla disperazione. E’ sì o no l’omaggio artisticamente più grande che Pier Paolo abbia reso al fratello morto da partigiano liberale?