Virginia Valsecchi alle Galerie Bonaparte (Foto © Gregory Copitet)
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Il Novecento italiano si trova a Parigi
La produttrice di Capri Entertainment Virginia Valsecchi apre a Saint-Germain la Galerie Bonaparte, uno spazio dedicato al design italiano del secolo scorso. “Curare è come produrre un film: racconto storie con materiali diversi, la pellicola o il legno, la luce o la parola”
Bisogna saperla cercare, la Galerie Bonaparte. Non si impone su strada, ma si lascia scoprire, nascosta in un cortile silenzioso della via che le dà il nome, in una Saint-Germain-des-Prés che custodisce ancora il fantasma di Sartre e l’eco dei jazz club. Lì Virginia Valsecchi ha aperto il suo primo spazio, un luogo che non si annuncia ma si rivela. Produttrice cinematografica e fondatrice di Capri Entertainment, Valsecchi appartiene a quella rara categoria di spiriti che sanno muoversi con naturalezza tra immagine e pensiero. “Ho sempre pensato alla curatela come a un atto culturale, non solo espositivo”, racconta al Foglio. “Da grande appassionata di arte e design, ho pensato alla galleria come luogo per restituire agli oggetti la loro voce silenziosa, quella che racconta il tempo, le mani e le idee che li hanno generati”. Con la sua galleria è riuscita a creare una piccola architettura del pensiero dove il design italiano del ’900 si fa racconto di civiltà. Durante la Paris Art Week, tra fiere e collezionisti di passaggio, l’ha inaugurata con Casa Italia 1930-1960, una mostra che ripercorre la nascita del Made in Italy quando, tra la severità razionale del dopoguerra e il lirismo del boom, il design italiano trasformava la funzione in arte. Gio Ponti, Osvaldo Borsani, Max Ingrand, Paolo Buffa e Paolo De Poli compongono una geografia della forma che è anche una riflessione sull’uomo e sul suo spazio vitale negli anni in cui il paese rinasce e il design diventa racconto del vivere. L’allestimento è calibrato come una sceneggiatura: la luce filtra sui vetri di Ingrand come un’inquadratura, le linee di Ponti dialogano con le ombre del pavimento, gli smalti di De Poli catturano il tempo. L’attitude della neo-gallerista resta comunque quello di una produttrice. “Il cinema e il design condividono la stessa urgenza: dare forma al tempo”, dice. “In entrambi, ciò che conta non è l’oggetto, ma il ritmo invisibile che lo attraversa”. Pur immersa in questa nuova avventura, Virginia non abbandonerà il cinema. “Capri Entertainment continua a sviluppare film e documentari, stiamo lavorando a una commedia romantica. Produrre o curare, per me, è la stessa cosa, è raccontare storie, ma con materiali diversi: la pellicola o il legno, la luce o la parola”. “Scegliere Parigi, e precisamente Saint-Germain – sono da sempre una ragazza di Rive Gauche – non è un caso, ma un omaggio. La Francia ha sempre saputo coniugare pensiero ed eleganza. Collocare qui un luogo dedicato al design italiano significa inserirlo nel cuore della cultura europea, dove la grazia incontra la riflessione”. La galleria, che non sarà aperta tutto l’anno, si configura così come un piccolo teatro della lentezza, dove ogni oggetto diventa occasione di sosta e di sguardo. “Chi entra qui non lo fa per guardare, ma per provare a interrogarsi e interrogare, perché la bellezza non è possesso, è relazione”, dice prima di salutarci, confermandoci ciò che la Galerie Bonaparte è davvero: un film immobile di luce e di silenzio, proiettato nel cuore di una città che, da sempre, insegna all’arte la grazia del pensiero.