(Ansa)

Terrazzo 

La triste scomparsa delle palme a Los Angeles

Giulio Silvano

Questi alberi sono il totem naturale della Southern California. Ma hanno contribuito a far propagare gli incendi che quest’anno hanno devastato la città e hanno ucciso quasi trenta persone. “Meglio i lecci o le native querce”, consigliano gli esperti

Le baracchine di souvenir sul molo di Santa Monica vendono cappellini con scritto LA dove la ‘A’ diventa una palma. Sulle confezioni del fast food regionale più gettonato, In-and-Out (basta vedere “Il grande Lebowski”), ci sono simpatiche palmette rosse vintage. Nonostante i vari simboli da calamita – la scritta di Hollywood, le stelle della walk of fame… – e nonostante questi alberi si trovino più o meno dappertutto – dalla Liguria all’Iran a piazza di Spagna – alla fine il vero simbolo di Los Angeles è la palma. E lo sappiamo perché quando un personaggio di un film o di una serie arriva in città, i registi ci propongono sempre un bel montaggio con i palmizi che costeggiano Sunset Boulevard, o al massimo Beverly Drive, ancora meglio se visibili da un taxi o da una decapottabile (tanto a Los Angeles si sta sempre in macchina). Sono i totem naturali della Southern California, il simbolo paradisiaco di uno stato ricco ed esotico e rilassante e salutista, antitesi dei noiosi lampioni della grigia e fredda New York.

 

Ma gli scienziati hanno scoperto che le care vecchie iconiche palme che la gente fotografa dal finestrino dell’Uber sono state come benzina per gli incendi che quest’anno hanno devastato la città e che hanno ucciso quasi trenta persone. Si accendono rapidamente, come dei grossi fiammiferi infilati nel terreno e spargono le fiamme con le loro fronde, accelerando l’espandersi dei fuochi. E poi bevono troppa acqua, e fanno poca ombra. “Le palme sono bellissime e inutili, come Gavin Newsom”, ha detto il comico John Mulaney nel suo special su LA prendendo in giro il governatore kennediano. Ora che le zone bruciate hanno bisogno di esser riportate in vita, per verdeggiare le ville milionarie di Pacific Palisades, gli ortoculturisti dicono: basta palme! “Meglio i lecci o le native querce”, consigliano gli esperti, aggiungendo che se non si pianteranno più palme basterà lasciar fare il lavoro sporco a coleotteri invasivi e funghi distruttori, e tempo pochi anni e le palme spariranno dalla California del sud. I coleotteri ne hanno uccise già 20mila a San Diego e si è parlato nei giornali locali di “palmageddon”.

 

Per chi nostalgico piange già per l’iconoclastia vegetale, ricordiamo che lì le palme sono arrivate di recente, cioè quando gli speculatori di inizio ‘900 hanno deciso di trasformare la City of Angels, cioè un pueblo nel deserto, in un posto appetibile dove vivere. Le brochure immobiliari di allora avevano tutte una bella palma nel mezzo degli appezzamenti per creare un mood vacanziero e tropicale, e per far assomigliare la futura culla del cinema alla riviera francese. Erano tutte piante importate dal Messico, e alcune  dai missionari per festeggiare la Domenica delle palme – sono piante che si trasportano e ripiantano facilmente – e poi se ne aggiunsero decine di migliaia per decorare le strade per le Olimpiadi del ’32. E poi di nuovo per quelle dell’84. E ora che la città si appresta ad accogliere di nuovo i giochi, nel 2028, dovrà trovarsi un altro simbolo, e i venditori di cappellini-souvenir dovranno trovare altri slogan, come Make Querce Great Again.

Di più su questi argomenti: