
Incendio a Los Angeles (LaPresse)
Terrazzo
Dopo gli incendi Los Angeles sarà solo dei ricchissimi
La classe media non abita più qui. Il rogo di gennaio ha mandato in fumo anche una composizione sociale stratificatasi lungo decenni
Sempre nuovi drammi nel campo immobiliare. La verticalizzazione di Milano, gli studenti che lamentano il costo degli affitti e l’affaire Catella paiono bazzecole rispetto all’immane, drammatica speculazione che si prospetta a Gaza. Quanto a Los Angeles, gli speculatori spadroneggiano. Dopo il tremendo rogo dello scorso gennaio, che ha distrutto 12mila case tra Malibu, Pacific Palisades e Altadena, i lotti di macerie annerite segnano la fine del potenziale abitativo della classe media che vi risiedeva. In quegli edifici andati a fuoco non c’erano solo star del cinema e ultraricchi di ogni risma, ma resistevano popolose enclave di cittadini che vi si erano stabiliti diversi decenni fa, molto prima che il prezzo medio delle abitazioni raggiungesse i 3,2 milioni di dollari (stima del 2024). Quelle case, magari un po’ vecchiotte ma piene di fascino erano sottoassicurate e ora ai proprietari non riuscirà di ricostruirle, per via delle nuove impegnative norme edilizie, del costo esorbitante delle assicurazioni contro gli incendi boschivi, degli interessi passivi che nel corso degli ultimi mesi si sono quasi triplicati.
Non resta dunque che andarsene: prendere quello che si ottiene dopo sfinenti contenziosi con l’assicurazione e vendere a investitori che mirano a ricostruire quartieri popolati esclusivamente da super ricchi. I più pregiati lotti bruciati, per vista e posizione, sono già stati venduti per cifre che raggiungono i 7,5 milioni di dollari. Gli incendi di gennaio hanno insomma mandato in fumo anche una composizione sociale stratificatasi lungo decenni, per trasformare il futuro di quelle aree in comunità opulente, non più contaminate dal ceto medio. Ci sono poi aggiornamenti sul caso clamoroso della villa comprata per 57 milioni di dollari nel 2021 da Kanye West sulla spiaggia di Malibu. Ve ne abbiamo parlato qualche mese fa, prima degli incendi. Progettata da Tadao Ando, quindi rara e pregiatissima, Little Ando (così è conosciuta) venne distrutta da West in una sua furia tra il pazzoide e il gesto artistico. Il rapper-stilista fece strappare serramenti, sventrare armadiature a muro, distruggere cavi elettrici e impianti idraulici, smantellare pavimenti e ogni genere di impianto.
Rimasta solo l’ossatura in cemento armato, a fine ’24 West ha ceduto la villa per 21 milioni a tal Bo Belmont, investitore immobiliare di Los Angeles. Il quale, pochi mesi dopo, nel marzo ’25, l’ha rivenduta per 30 milioni a un Andrew Mazzella, ex pescatore dell’Alaska divenuto sviluppatore immobiliare nel Montana. Mazzella però non aveva fondi, e pensava di trovarli attraverso il crowdfunding. Si è poi scoperto che, dopo il primo acconto, il “montanaro dell’Alaska” aveva solo 8 dollari sul conto ed è partita la classica faida legale. Nel frattempo, Belmont faceva partire la ristrutturazione della villa. I lavori sono in corso e Little Ando è di nuovo in vendita, a 39 milioni. Che diventeranno 65 a ristrutturazione filologica ultimata. Soprattutto, dopo gli incendi di gennaio, Belmont ha dichiarato che l’edificio progettato da Ando era all’avanguardia rispetto ai vicini, perché totalmente ignifugo.