
Terrazzo
Epstein real estate. Ville, isole e palazzi e del miliardario sporcaccione
Dalle isole private ai palazzi di Manhattan, si tenta di cancellare l’eredità del miliardario indecente. Demolizioni, restyling e compratori che cercando di sgominare i turisti del true crime
Anche se Trump cerca in ogni modo di distogliere l’attenzione, la Epstein mania ha la sua reinassance. Su Netflix la docuserie “Jeffrey Epstein: Filthy rich” è tra le più viste. Ovviamente, con il suo cash, il finanziere aveva anche un discreto patrimonio immobiliare: un palazzetto cielo terra a Manhattan, vista Central Park, un bell’appartamento a Parigi a due passi dall’arco di trionfo, Zorro Ranch in New Mexico, 4mila ettari con tanto di aeroportino, e poi le due isole private nelle isole Vergini, tra cui la famosa “pedophile island” dove si arrivava col Lolita express. Sull’isola Little St. James, con le sue quattro ville per gli ospiti e spiagge private, si raccontano storie su tempietti per i sacrifici verginali e stanze sotterranee per riti e orge. Qualche anno fa le isole sono state vendute a Stephen Deckoff, miliardario del private equity per metà del prezzo richiesto: 60 milioni, e da tempo si parla di un mega resort. Per ora si sa che il tempietto a righe è stato dipinto, e sulle piscine sono stati messi dei cigni gonfiabili.
Come Deckoff tutti cercano di togliere dalle magioni e dagli attici l’alone di disgusto che si portano dietro.
Anche la mega mansion aristocratica dell’Upper East Side, obiettivo massimo nella scalata dei parvenu di Brooklyn come Epstein, è stata comprata e risistemata. Buttati via i cuscini animalier, i quadri orientalisti con donne nude, i volumi di Sade in pelle e la famosa tela con Bill Clinton in vestito da donna e tacchi rossi. E probabilmente anche la parete, all’ingresso, piena di protesi oculari per soldati, le sculture giganti di soldati africani nudi e il barboncino imbalsamato. Le 40 stanze di quella che è considerata la residenza più grande di Manhattan, e che un tempo apparteneva al proprietario di Macy’s, hanno ricevuto un “makeover totale” dall’acquirente, un ex banchiere di Goldman Sachs arricchitosi coi Bitcoin, che l’ha comprata per 51 milioni. Resta giusto la facciata, disegnata da Horace Trumbauer, sotto la quale si vedeva il principe Andrea sbucare dall’ingresso mentre uscivano massaggiatrici bionde. Ma la residenza epsteiniana che ha ricevuto il makeover maggiore, e che è anche quella da dove sono partite le investigazioni, è la villa di Palm Beach, che dista tre chilometri da Mar-a-Lago, la Casa Bianca estiva dell’ex amico Trump.
Costruita nel 1952 nello stile allora in voga delle “indie occidentali” è stata buttata giù dai bulldozer. Anche questa è cancel culture. Il nuovo proprietario, che non ne poteva più delle decine di curiosi che venivano ogni giorno a sbirciare oltre il cancello, è riuscito a cambiare il civico, così ora i turisti del true crime non la troveranno più. Gli altri facoltosi residenti di El Brillo Way erano felicissimi di tornare alla tranquillità di quella che è una delle vie più costose d’America, piena di oligarchi stranieri, opinionisti della Fox e bestselleristi di romanzi d’avventura. Dopo demolizioni e ricostruzioni la villa, dove Epstein fece gli arresti domiciliari, è stata rivenduta a una trentina di milioni. Se non altro gran parte dei soldi dalle vendite del portfolio immobiliare dell’ex prof non laureato delle medie diventato finanziere, ed ora al centro della teoria cospirazionista che sta sgretolando il mondo Maga, sono stati usati per compensare le vittime.