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Terrazzo

Vent'anni di City Life, da Ligresti ai Ferragnez, autobiografia immobiliare di Milano

Michele Masneri

Il quartiere della Torre Isozaki, della Torre Hadid e della Torre Libeskind è diventata il simbolo della nuova Milano del nuovo boom. Nessuno però avrebbe pensato che a regnare su tutto ciò sarebbe stata un giorno Chiara Ferragni, che all’epoca era ancora Diavoletta87

Vent’anni fa,  mentre ancora stentava a rinascere la grande Milano, quando ancora non si affacciava l’Expo fatale ai destini lombardi, chi avrebbe immaginato che i nuovi destini della città sarebbero stati legati a una – parola che non esisteva ancora – influencer?  La gara per CityLife, quartiere sorto sulla ex Fiera e oggi divenuto sinonimo di lusso un po’ trimalcionesco e minimale, case da calciatori all’ennesima potenza,  si teneva proprio nel 2004.

 

Poi cominciarono a sorgere i celebri grattacieli che dovevano essere il piatto forte. “Il dritto”, la Torre Isozaki disegnata appunto da Arata Isozaki, alto 209 metri, è attualmente il grattacielo più alto d’Italia.  Poi la torre Hadid, stortignaccola e in torsione, 177 metri, “lo storto”. E infine “il curvo” la torre Libeskind, solo 175 metri. Si discusse molto della triade, considerata un po’ una cattedrale nel deserto, cancellando un quartiere, poi invece il trio divenne  simbolo della nuova Milano del nuovo boom. Ma nessuno avrebbe pensato che a regnare su tutto ciò sarebbe stata un giorno  Chiara Ferragni,  che all’epoca era ancora Diavoletta87 e scriveva con le k (“ke skifo il Natale”). Ma la storia di Ferragni è indissolubilmente legata non solo  a quel luogo, bensì a tutto  l’immaginario immobiliare di Milano. Anche la casa sul lago di Como, “villa Matilda”, dal nome del cagnetto di casa, segnala l’enorme rivalutazione negli ultimi anni di quell’area , da  ricettacolo di vecchie famiglie e malinconie  (ricordiamoci la fondamentale Valentina Cortese nel vanziniano “Via Montenapoleone”, “la pace del lago, la noiiaaaa del lago”) ad avamposto di delizie globali in grado di contrastare Coste azzurre e Floride. 

 

Ma   specchio dei tempi, ed epitome di tutto ciò che è moderno e sfavillante e un po’ cafoncello, è “CityLife”, e i Ferragnez vi hanno tenuto non una ma due case. Prima dalla parte delle residenze firmate Zaha Hadid, poi, ora in quelle ancora più enormi di Libeskind, e il trasferimento con upgrade  ha sfidato l’invidia degli dei, con cinema privato ecc. (forse è solo coincidenza, ma da lì son nate tutte le “sfighe”, come le ha definite lei. E si sa che questo è un paese che perdona tutto tranne il successo e dove tutti cadono prima o poi sulla casa).

 

Adesso  che pare che la mamma, Marina Di Guardo, si sia installata nella magione, viene chiaramente in mente un altro film sui grattacieli milanesi, “Il vedovo”, dove Franca Valeri, un’altra ragazza svelta con marito un po’ meno, chiedeva alla sua genitrice  se “mangiava in villa o in grattacielo” (e sul marito: “cosa vuoi, che mi separi? Con quel che mi costerebbe? Ho sposato un cretino e me lo tengo”). 

 

C’è anche chi la critica, la CityLife, e in effetti, de gustibus, però anche avendo molti milioni a tanti non verrebbe voglia di andare a vivere in quei mammozzoni ricurvi.  Certo ci sono le comodità. Lo illustrano i numerosi annunci sul mercato. Se si vuole abitare nel building di Ferragni, cioè le residenze Libeskind, ReWorld propone al secondo piano uno “splendido pentalocale di 308 mq commerciali” che viene via a soli quattro milioni e mezzo. “Incluso nel prezzo box auto doppio ad uso esclusivo e cantina di pertinenza. Il servizio di portierato diurno e la Control Room operativa 24 ore su 24”. La control room! 

 

Chi abita di fronte, nelle vecchie case popolari, e vede questi palazzoni tipo navi da crociera spiaggiate a piazza San Marco, non solo non ha diritto ai danni morali ma deve pagare per la vista. Santandrea Immobiliare infatti offre un trilocale in via Monte Rosa, 106 metri quadri, 840 mila euro la richiesta. L’annuncio precisa che  “la posizione privilegiata di questa palazzina offre nelle vicinanze numerosi servizi di prima necessità, di particolare rilevanza l’adiacente CityLife Shopping District con negozi alla moda, ristoranti e cinema multisala; ma anche spazi verdi, grazie al parco CityLife con oltre 1000 alberi”.

 

Insomma questa CityLife è un successone. E’ anche l’ultimo lascito di Salvatore Ligresti, il gran palazzinaro  mascotte dei siculi  a Milano morto nel 2018, che fece in tempo a vedere completata l’operazione fine-di-mondo (i più boomer ricorderanno “i Fragranti Ligresti” e la “Antica segreteria del Corso”, per indicare il Psi, finte pubblicità leggendarie  dei Broncoviz su Rai 3). Era la Milano ferita da Mani Pulite che negli anni duemiladieci finalmente rinasceva (ma i siciliani son rimasti). 

 

Oltre ai grattacieli e alle residenze c’è poi lo shopping center con i suoi duecentomila visitatori giornalieri, la metropolitana, 4 guardie nell’area verde, 12 nel centro commerciale. E poi i 536 alloggi fra Residenze Hadid e Libeskind con metrature che oscillano dai 65 ai 490 mq – con una media di 190. “Declinazioni diverse di un linguaggio decostruttivista, tipiche dei loro autori”, scrive Domus. “Più spigoloso e stratificato quello di Libeskind, che arricchisce le sue facciate di telai grigliati, più apertamente parametrico e morbidamente curvilineo quello di Hadid”. 

 

Tra i residenti oltre ai Ferragni spicca anche Federico Marchetti,  il fondatore di Yoox Net-A-Porter, con un atticone si dice pagato una decina di milioni, e poi mezza Inter (Lautaro Martinez, l’ex capitano Samir Handanovic e i  centrocampisti Nicolò Barella  e Roberto Gagliardini oggi al Monza), e poi Amadeus con la moglie, e poi ancora Michelle Hunziker e Federica Panicucci.  Chissà che assemblee  di condominio.

 

Come negli stabili di noi umani ci sono poi dei piccoli problemi manutentivi: raccontano di una invasione di topi nelle ultime settimane. Ma già in passato anche polemiche finite sul Corriere per il prezioso “cedro canadese sbiadito”, che non è un albero voluto da qualche paesaggista dei Bastioni bensì il legno utilizzato per certe finiture esterne e che nelle lamentele dei condòmini si è appunto lesionato. Viene subito alla mente l’invasione di coccinelle autoindotta per il Bosco Verticale (1200 coccinelle come mezzo di contrasto ai parassiti e per la biodiversità. “Le torri ospitano oltre 100 specie di piante, e possono essere la casa di molti insetti utili che stiamo monitorando”, spiegò Laura Gatti, agronoma, che aggiunse: “Faremo un intervento particolare sui tetti, con microhabitat dedicati”). Un altro problema si pose col palazzo di Libeskind che era concepito con una superficie vetraria unica, un  enorme specchio ustorio che terrorizzò i progettisti e il comune (ancora si ricordano le tapparelle dei palazzi vicini sciolte  dai riflessi  del Palazzo Lombardia).

 

Ogni tanto insomma capita qualcosa di emozionante. Nel 2020 a CityLife viene arrestato Francesco Maida, imprenditore dell’acciaio  organico al clan della ‘ndrangheta capeggiato da Lino Greco di San Mauro Marchesato, nel Crotonese. Tra le intercettazioni, una cena in cui, raccontò “il Giorno”, spiccavano Luigi Greco, “figlio secondogenito del boss Angelo” soprannominato Lino, suo cognato Francesco Cucè (fratello della moglie del capo clan), oltre a Luciano Mercuri e Giuseppe Arcuri e a Giuseppe Maida, fratello del padrone di casa. “Nel corso della cena venivano trattati argomenti di estrema importanza”, e riflessioni generali (“dicono che abbiamo i miliardi... e tra un po’ non abbiamo i soldi per mangiare” diceva il figlio del boss evidentemente un po’ depresso).

 

Per evitare le depressioni CityLife è piena di iniziative:  a Natale c’è il Christmas Village; il 21 marzo si tiene Welcome Spring, “una giornata di sport musica fitness per festeggiare insieme l’arrivo della primavera”. Per crisi spirituali di altospendenti, nel 2021 l’Arcidiocesi di Milano organizzò “La notte dei Santi a CityLife, per confrontare gli adolescenti con dei santi loro coetanei” (mah). In quell’occasione era stata letta anche la lettera di mons. Delpini, dal titolo  “Meglio Fellowers che Followers”, sul valore della vita reale e con una velata critica ai social; quando si dice vederci lungo. 

  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).