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TERRAZZO

Maccartisti ma con un certo stile

Gaia Montanaro

In "Fellow Travelers" una fotografia impeccabile racconta l'amore tra due funzionari politici. Il tutto corredato da perle, gemelli, taffetà, camicie a quadri, occhiali a goccia e completi dalla stiratura perfetta

Compagni di viaggio sono definiti, nel gergo americano, coloro che si spendono per una causa politica – i simpatizzanti – senza però farne parte in modo formale e manifesto. Definizione che ben si addice anche dal punto di vista personale alla relazione – clandestina, parzialmente torbida e gradualmente sempre più amorosa – tra il lobbista Hawkins Fuller (Matt Bomer, sempre ottimo) e il segretario con mansioni editoriali Timothy Laughlin (Jonathan Bailey) nella serie Fellow Travelers – Compagni di viaggio prodotta da Showtime e disponibile su  Paramount+.

Siamo negli anni Cinquanta, a Washington, in pieno periodo maccartista, e nei corridoi della Mecca del potere americano (che sarà House of Cards) ci sono uomini ben vestiti con camicie inamidate e occhiali dalla montatura scura, segretarie ancillari con gonne a pieghe e facchini dal braccio muscoloso e dallo sguardo insinuante. L’incontro tra Fuller e Tim è quello di due antitesi: ateo e spregiudicato il primo, cattolico e insicuro il secondo. Vivono dilemmi personali e morali molto diversi, come diverse sono le scelte estetiche che compiono e che li caratterizzano. La serie, infatti, sceglie di adottare una fotografia con una pasta cromatica molto satura che si modula a seconda degli ambienti e delle situazioni messe in scena. Il mondo lavorativo, ovvero gli uffici di Washington alla wannabe Mad Men ma (molto) più nel basso profilo, sono caratterizzati da una pasta livida che va dal grigio al viola. Si intonano perfettamente i personaggi che abitano questo contesto, dalle segretarie con occhiali corredati di catenelle agli inservienti dalle divise con pieghe perfette. Il mondo di Tim – ovvero la stanza presa in affitto dal ragazzo – è caratterizzato dai toni caldi e ambrati: carta da parati geometrica, tende pizzo e fiori, lampade con paralumi a racemi, un lettino singolo con trapunta a fiori sopra il quale troneggia un’icona della Madonna (che ad un certo punto viene girata di spalle). La casa di Fuller invece è tutta un altro stile: toni del grigio e del blu, qualche mobile bar in radica, modanature grigio topo alle bordure delle pareti e punti luce pensati ad hoc. Mondo freddo – del calcolo e del controllo – contrapposto a mondo caldo.

Se il set design di Compagni di viaggio appare pensato nel dettaglio, il vero lavoro di fino è però stato fatto sui costumi, curati dal costume designer Joseph La Corte (che aveva già lavorato, tra gli altri, per Fosse/Verdon e Tales from the Loop). La Corte esplora l’estetica del vestiario dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta (bella gatta da pelare, considerato l’ampio lasso temporale) utilizzando per la serie ben 4.446 costumi totali (noi ci accontenteremmo di recuperare qualche look da cocktail). I personaggi, protagonisti e comprimari, nascondono tutti a loro modo un segreto. E gli abiti che li rappresentano hanno questa funzione: mantenere la facciata lasciando trapelare, solo sporadicamente e nel dettaglio, la vera essenza. Perle, gemelli, taffetà, camicie a quadri, occhiali a goccia, completi dalla stiratura perfetta. Uno spettacolo d’arte varia, come la vita di Tim e Fuller.