I pittogrammi di Paris 2024

Enrico Ratto

Ecco la serie di simboli che permetteranno al pubblico di orientarsi nella capitale francese tra le sessantadue discipline olimpiche e le ventitré paraolimpiche ai Giochi 2024

Parigi si prepara alle Olimpiadi del 2024 passando anche per l’infinitamente piccolo, il simbolico, le icone grafiche che determineranno l’identità visiva di questi Giochi. Sono stati infatti presentati all’inizio di febbraio i “pittogrammi ufficiali delle Olimpiadi”, ovvero la serie di simboli che permetteranno al pubblico di orientarsi nella capitale francese tra le sessantadue discipline olimpiche e le ventitré paraolimpiche. Una storia lunga e, appunto, ricca di simbolismi quella dei pittogrammi. Pensati per abbattere le inevitabili barriere linguistiche e per tracciare una linea orizzontale tra le diverse culture che affollano i luoghi e i giorni dell’evento, in realtà spesso sono stati concepiti per fare immergere il pubblico nella cultura del paese ospitante. A scorrerne la storia – online si trovano archivi ricchi di dettagli – la domanda è: ma quella volta (data, luogo, un po’ di contesto e di geopolitica) ha vinto la funzione, l’estetica o il messaggio? Che cosa ci avranno voluto dire con questi simboli?

 
I pittogrammi ufficiali sono comparsi la prima volta durante Tokyo 1964, l’esigenza era fornire indicazioni a migliaia di visitatori occidentali per niente familiari con gli ideogrammi e il sistema di scrittura giapponese: simboli e forme semplici hanno risolto il problema, insomma era pura funzione.  Nel 1968 in Messico sono stati introdotti i riferimenti alla tradizione, ai Maya, alla cultura preispanica con i glifi e le incisioni. Tornano razionali e funzionali durante Monaco ’72, angoli a 45 e 90 gradi come la metropolitana di New York di Vignelli, talmente ben riusciti che Los Angeles 1984 voleva acquistarne i diritti, salvo poi accorgersi che sarebbe costato meno rifarli da zero. A Barcellona ’92 salta ogni regola, i pittogrammi richiamano l’arte e le pennellate e tutto l’impianto simbolico delle Olimpiadi torna a muoversi per accogliere i visitatori nel paese che ha messo l’intera promozione turistica sotto il cappello del logo di Turespaña di Miró.


Un aspetto interessante è che i comitati organizzatori non sempre si sono rivolti a studi grafici o designer blasonati per progettare i loro pittogrammi ufficiali. Per Mosca 1980 è stato indetto un concorso presso le scuole d’arte russe, finendo per scegliere davvero il lavoro di un loro studente, Nikolai Belkov. Anche la Cina, per Pechino 2008, ha coinvolto quattro istituti d’arte. 


Il concept dei pittogrammi di Parigi 2024 promette, alla francese, di rivoluzionare e rompere il sistema: da semplici aiuti visivi, questi simboli saranno in grado di “chiamare alla mobilitazione tutti gli appassionati di sport, il loro orgoglio, i valori di una famiglia numerosa e diversificata”. Al di là degli statement da presentazione, il progetto grafico poggia su tre elementi: lo strumento che caratterizza ciascuno sport, il field, ovvero il campo di gara specifico della disciplina, due assi simmetrici intorno ai quali sono disposti tutti gli elementi, questi ultimi in diagonale sia per dare dinamismo e movimento all’insieme, sia come omaggio alla complessità di tutti gli sport, e forse anche un po’ del mondo in cui viviamo e a cui, in modo un po’ sbilenco, ogni tanto chiediamo di fornirci un’indicazione.
 

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