Rendering della Smart Forest City di Cancún (courtesy of Stefano Boeri Architects) 

terrazzo

Come sarà verde la mia smart city

Giulio Silvano

Città del futuro. Il progetto di Boeri Architetti per Cancún

Che noia i centri storici italiani che non permettono alle archistar di poter pianificare una città da zero, come un Ippodamo di Mileto, un Albert Speer o un Charles Fourier. Troppe rovine, troppe ville sotterranee, troppe stratificazioni della storia, e spazi troppo ristretti per poter dar sfogo alla creatività. Bisogna andare lontani, nelle terre vergini, nelle Americhe, per poter costruire da zero senza sottostare alla dittatura delle sovrintendenze. Così, il Bosco Verticale, diventato il simbolo della Milano 3.0, diventa orizzontale in una Smart City tropicale che sembra una prova per un insediamento utopistico su Marte.

   

La Smart Forest City, di Boeri Architetti, progettata un paio di anni fa, diventa per Architectural Digest il simbolo della città del futuro, il grande esempio di quello che l’umanità potrebbe fare se Greta Thunberg e il Ceo della Bp si volessero bene. Fino a 130 mila abitanti nella Smart Forest City di Cancún, con milioni di piante appartenenti a 350 specie diverse, un anello perimetrale di pannelli fotovoltaici e un canale di acqua collegato con un impianto ipogeo al mare che permettono di alimentare tutto in modo sostenibile. Al centro i princìpi di un’Urbanistica non deterministica e raccolta dati “per migliorare la vita dei cittadini”.

 

L’acqua è protagonista e le immagini digitali la fanno sembrare una Venice Beach illuminata dell’universo Marvel, un misto tra un’Amsterdam ipertecnologica e i giardini pensili di Babilonia. A Cancún, poi. Qui, dove c’erano americani con camicie hawaiane, in coma etilico per un addio al celibato, ora ci sarà il modello virtuoso dell’urbe del domani. Il progetto è, appunto, di Stefano Boeri, che ha appena ricevuto il premio alla carriera al Madrid Design Festival.

 

Usando Star Wars come reference, negli anni del catastrofismo le città del futuro le abbiamo immaginate come Mos Eisley, la città sul pianeta di Tatooine, aridissima, piena di sabbia e polvere e abusi edilizi di fango, oppure come l’Imperial City, ecumenopoli del pianeta Coruscant, grattacieli fino alle nuvole e astronavi al posto delle auto e nemmeno un praticello. E invece bisognava guardare agli Ewok, teneri smilorsacchiotti che vivono in un pianeta-foresta di casette sugli alberi coi ponticelli tra i rami, in armonia con la natura. Mentre a Milano Beppe Sala deve costruire le ciclabili di notte, cinque metri alla volta, e pedonalizzare di nascosto le corsie per non far arrabbiare i tassisti, a vedere i rendering della città-foresta di Boeri viene il dubbio che forse, ricoprire la Torre Velasca di sterlizie, gelsomino e plumbago, o riaprire i navigli e lasciarci crescere ninfee, canneti e tamerici, non sarebbe poi così male. 

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