Terrazzo

Piccole case editrici crescono

Giulio Silvano

La nascita di due nuove realtà, Timeo e Politi Seganfreddo Edizioni. "Oggi, e da sempre, fare libri ha lo stesso significato: è un atto politico", ci racconta uno dei fondatori

La scorsa settimana sono nate due nuove case editrici, ed è sempre una bella notizia quando nascono dei Davide sofisticati che vogliono entrare nell’arena dei Golia da vetrina. Se c’è una cosa che l’hipsterismo ha insegnato è che c’è spazio per i piccoli, per gli underdog, per le nicchie. Almeno questa è la speranza. Dopotutto l’ultimo Nobel è stato pubblicato, chez nous, da una casa editrice, L’Orma, che non si è certo fatto costruire un palazzo da Nyemeier ma sta in un piccolo loft con un gatto, a Colle Oppio. La prima di queste nuove case editrici nate a febbraio, a Roma, si chiama Timeo. “Pubblicherà quindici titoli l’anno, provando a dare continuamente un nuovo senso alla pratica del world building, ovvero di qualcosa che sta tra la pratica politica e il pensiero speculativo, tra le teorie immaginifiche e le pratiche di vita alternative” dice uno dei fondatori, Corrado Melluso.

 

Timeo sarà “sguaiata e polifonica”. L’altro fondatore, Federico Antonini, il più acuto copertinista italiano vivente, riesce ancora, dopo gli anni a Not, a canalizzare col bookdesigning ironia e teoria – così nel libro di Bifo, Etica della diserzione, c’è un micino che dorme con sfondo rosa. Ecco, son riusciti a portarsi via Bifo, Bifo il cyber-comunista che negli anni 70 pubblicava per Feltrinelli (prima che puntassero sulle librerie-café e sui libri per bambini di Renzo Piano). “L’editoria è uno dei settori in cui si ha comunemente meno stima del proprio pubblico: le grandi case editrici giocano sempre al ribasso, livellando la lingua letteraria e normalizzando le idee espresse, mentre ogni campagna a favore della lettura si risolve in una colpevolizzazione collettiva”, ci dice Melluso. Politica quindi, pubblico millennial e GenZ, che vuole mettere in dubbio la discordia del capitalismo contemporaneo, tramite un’analisi dei consumi culturali o ripescare i capisaldi: il primo volume è L’Utopia di Moro, ma con note di Ursula Le Guin. 

 

L’altro Davide raffinato invece è nato a Milano, in una cena diventata notte di chiacchiere e pianificazioni tra Gea Politi e suo marito, Cristiano Seganfreddo, che nella loro casa-redazione confezionano ogni mese un nuovo (bellissimo) numero di Flash Art. La Politi Seganfreddo Edizioni nasce ibrida nei generi, con copertine supereleganti, Manuzio come nume tutelare e la vision di Leonardo Caffo, filosofo del postumano. “Con Leonardo abbiamo cominciato a pensare liberi e senza confini a cosa significa oggi fare libri e al senso profondo e politico di fare l’editore”, racconta Seganfreddo al Foglio. “È nata così l’idea del rabdomante. Scavare per perdersi, sbagliare per trovare, ricercare per inventare. Portare alla luce un’idea che è sotterranea che diventa testo, che si fa libro. Un atto tra l’intuito e arroganza, tra la divinazione e gioco”. Tra i primi titoli ci sarà anche Mercurio contro di Emily Segal, un testo sull’Ayauhasca e uno sul brutto. “Oggi, e da sempre, fare libri ha lo stesso significato: è un atto politico. E in Italia abbiamo bisogno di rimarcare diversità e prospettive internazionali, che non chiudano il paese in una dimensione locale e troppo spesso autoriferita”, ci dice Seganfreddo, “Che anzi facciano esplodere oltre i nostri confini la ricerca e la sperimentazione che è potentissima ma spesso dimenticata, perché considerata pericolosa”.

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