Terrazzo

La bananiera di design, la storia del Galeb

Manuel Orazi

Il Galeb, già yacht del maresciallo Tito, che ha trasportato Kennedy e Castro, diventerà centro culturale a Fiume. Danneggiata dagli inglesi a Bengasi venne successivamente requisita come compensazione di guerra dalla Jugoslavia

Troppo spesso ci si dimentica quanto l’ingegneria navale sia stata fondamentale per l’architettura moderna, basterebbe la copertina di Vers une architecture del 1923 di Le Corbusier, che mostrava appunto il ponte di un piroscafo. La complessità di una grande nave è pari a quella di un grande edificio e la sua storia si porta dietro quella di un intero paese, a volte anche di più come nel caso della Galeb, il panfilo di Tito.

 

Progettata da Luigi Barberis nel 1938 nei cantieri genovesi per il trasporto delle banane dalle colonie all’Italia, la Ramb III era provvista di due potenti motori Fiat nonché di un enorme fascio a prua, nel 1941 venne danneggiata dagli inglesi a Bengasi, tornando a marcia indietro fino a Trieste dove fu riparata e mandata a Fiume, venendo requisita dai nazisti dopo l’8 settembre che la ribattezzarono Kiebitz (osservatore). Nel 1945 la Jugoslavia lo requisì come compensazione di guerra e dal 1953 diventa Galeb (gabbiano), nave scuola per la Marina jugoslava usata anche a fini di rappresentanza e propagandistici.

 

Nello stesso anno infatti Tito si reca in visita ufficiale a Londra, risalendo il Tamigi e imbarcando il primo ministro Winston Churchill e la giovane regina Elisabetta II, primo capo di stato comunista in visita nel Regno Unito. Tito nondimeno usava il Galeb volentieri per scorrazzare in tutto l’Adriatico, non solo per andare in vacanza nella sua residenza di Brioni, davanti a Pola. Soprattutto amava ospitarci i capi di stato più amici, quelli cioè del gruppo dei paesi non allineati come l’India di Nehru e l’Egitto di Nasser che ricambiarono l’ospitalità donando tigri e altri animali esotici. Anche per questo la nave divenne presto un simbolo per la smaliziata federazione degli slavi del sud, una vera e propria nave marketing. La cabina del presidente e della consorte Jovanka era al passo con i tempi grazie all’intervento dello sloveno Zorko Lah e in generale gli arredi lignei erano in linea con il gusto internazionale dei grandi progettisti dell’epoca come il triestino Gustavo Pultizer Finali, molto pubblicato su “Domus” e autore fra l’altro per Hoepli di un lussuoso volume oggi introvabile, Navi e case. Architetture interne 1930-35 – peraltro Lah era stato suo collaboratore in precedenza per progetti sia di terra sia di mare. Dopo la dissoluzione della Federazione Jugoslava, la Galeb è finita in un porto del Montenegro, rilevata da un armatore greco che voleva restaurare anche il mitico “Christina” di Aristotele Onassis, piuttosto simile per dimensioni, ma poi la crisi del 2001 fece saltare la cosa, finché nell’ambito del progetto Fiume 2020 – Capitale europea della Cultura, la municipalità di Rijeka, il nome croato della vecchia Fiume, d’accordo con il ministero, non ha rilevato il rottame della nave e ora dopo un iter complicato e costoso ha affidato il restauro all’architetto Marko Franković per farne un museo galleggiante che sarà curato dalla designer spalatina Nikolina Jelavić Mitrović.

 

L’ottanta per cento della nave rimarrà aperto ai visitatori, con un museo permanente, e poi laboratori di design, performance e altro mentre il resto sarà dedicato all’apertura di negozi, bar, ristoranti, e un ostello per la gioventù, insomma un centro polivalente che vuole diventare “il centro della vita culturale del posto” e “asset culturale mobile” fiumano.