Terrazzo

Trame immobiliari

Michele Masneri

Nel paese del Superbonus, l'unico romanzo possibile è quello del real estate

Ormai il real estate è la vera sottotrama di tutto, il subplot con cui si consumano prodotti culturali anche imperdibili. In Italia, si sa, il Superbonus è meglio del Super bowl, e “the great italian novel” è quello immobiliare, e tutti guardiamo tutto chiedendoci: sì, ma quanto viene al metro quadro? Quanto costa  per esempio il casone adolescenziale dei Ferragnez, e perché non si sono ancora trasferiti, come avevano annunciato? Problemi col rogito? Il paese vuole sapere. 

 

Sono sempre più i programmi specifici sulla casa. Ultima scoperta, “La Mercante di Brera”, docureality in onda sul canale Nove. Prodotto da Colorado Film  per Discovery Italia, racconta una giornata-tipo nel negozio di “Roberta e basta”, al secolo Roberta Tagliavini, leggendaria signora emiliana che dalla sua galleria di via Fiori Chiari – una delle sue cinque – vende e compra pezzi di modernariato. Lo spettatore assiste ipnotizzato al suo frugare tra poltrone di Munari, argenti di Cartier, librerie di Gio Ponti, e anche tanto ciarpame, ma soprattutto  alle sue gesta di formidabile rezdora dell’interior design. Se un pezzo non le piace dice “ma va a cagher”, ai fornitori, che sbarcano davanti al suo negozio in processione “col pescato del giorno”. Poi c’è il momento contrattazione (“il prezzo lo faccio io”) coi suddetti fornitori oppure coi malcapitati “privati” che capitano lì con “valore affettivo”. “E’ un ricordo? E allora se lo tenga, così non se ne dimenticherà mai”. “Mia suocera ci tiene molto”, dice una per certe tazzine. “Mi saluti la suocera”, risponde lei.  E poi ancora, le aste al telefono in cui interviene per comprarsi gioielli per sé o orologi per il figlio Mattia Martinelli. I restauratori terrorizzati che smontano poltrone e restaurano armadietti. E i clienti, che entrano con accenti che non si sentivano dalla grande commedia all’italiana, coppie brianzole con cumenda che vogliono quadri ritraenti zebre: “Perché son bianconero” e chiedono “una roba alla nostra portata”, insomma siamo in pieno Dino Risi.

 

E se Paola Marella, già volto di “Cerco casa disperatamente” poi anche in versione “Vendo casa disperatamente”, oggi coerentemente è testimonial della vera saga che appassiona gli italiani, quella della ristrutturazione keynesiana-a babbo morto, prestandosi a testimonial di “Ristrutturare facile”, non programma ma network di imprese edili, al di là dell’oceano dove non hanno il Superbonus per le facciate riecco le facce delle rifattone di “Selling Sunset”, un tecnocasa à la Charlie’s Angels. C’è la nuova stagione su Netflix. Riecco le ragazzotte intente a setacciare annunci e concupire compratori, in cerca soprattutto di viste pazzesche (i sunset del titolo). En passant le signorine hanno anche delle storie d’amore, ma tutte fallimentari fin dagli inizi: e del resto non interessa a nessuno. Siamo tutti lì piuttosto a scrutare di ogni casa   la metratura e  il prezzo richiesto e ottenuto, e ci si affezionerà soprattutto alla villetta o al “condo”, a quella “infinity pool” e a quella cucina a isola, piuttosto che alla tale o tal altra bionda del programma, che sono abbastanza intercambiabili. Le dinamiche sono tra “Sex and the City” e “Mean Girls”, ma non c’è mai sesso, perché appunto tutto si sublima nel voyeurismo immobiliare (e c’è sempre il momento “ti mando tutte le carte via computer”, piccolo dettaglio che ci fa sospirare più dei tramonti, a noi patria del cartaceo e dell’autocertificazione, che, ormai è chiaro, sopravviverà a qualunque Pnrr. 

 

Il real estate porn trionfa in questo inizio di 2022, sarà che siamo nuovamente chiusi in casa, sarà che la botta di inflazione in arrivo consiglia di indebitarsi fino allo strozzo per comprarsi finalmente case non alla nostra portata. Ecco i tramonti versione chic parigina, “The Parisian Agency: Exclusive Properties”; in italiano “Agenzia di famiglia-Immobili di lusso”, docu-drama immobiliare incentrato tutto su una famiglia fichissima dove tutti sono belli e biondi e commerciano in metri quadri e planimetrie possibilmente sopra i 5 milioni di euro. Ma a quando un docu-drama su Roberto Carlino? 

 

Più sogni che solide realtà in  “Succession” (on demand su Sky e in streaming su Now):  online nessuno si interessa veramente di spoiler o finali o “cliff”, mentre decine di siti analizzano le quinte immobiliari dei ricconi Roy. Sappiamo che la casa della moglie separata del ciumbia Kendall, un attico da 670 metri quadri a Tribeca, vale 23 milioni di dollari. Mentre la “residenza d’inverno” che la prima moglie del patriarca Logan, vorrebbe indietro, e dove si ritrovano in disfunzionali meeting, è la tenuta degli Hamptons appartenuta a Henry Ford II, valore 105 milioni. Mentre quella in cui la prima moglie si risposa in Toscana è villa Cetinale, appartenuta ai Chigi per ère geologiche e rilevata nel 1978 dalla leggendaria coppia Lord Lambton e Claire Ward, amanti per tutta la vita, fino alla di lui dipartita due anni fa, e conseguente di lei cacciata. Lui fu ministro della Difesa con Edward Heath ma fu costretto a dimettersi dopo esser stato scoperto a letto con due prostitute. Si rifugiò a Siena dove rimise perfettamente in ordine la villa secentesca, ricevendo spesso e volentieri il principe Carlo e Mick Jagger e i Blair e i soliti anglotoscani. Gli sopravvive il figlio, conte di Durham, che la affitta a trentamila dollari al giorno, risiedendo in altri immobili come si vuole di prestigio.
 

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).