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Dietro l'immagine (digitale)

Manuel Orazi

Come la realtà fisica è utilizzata per testare la virtualità? Chi sono i programmatori? Qual è la nuova cultura che alimenta la continua produzione di immagini? La risposta la danno gli architetti, nella mostra “Sturm&Drang” all’Osservatorio Fondazione Prada

All’Osservatorio Fondazione Prada è aperta fino al 23 gennaio la mostra “Sturm&Drang”, a cura di Luigi Alberto Cippini (Armature Globale), Fredi Fischli e Niels Olsen (Politecnico ETH di Zurigo). L’Osservatorio, che al contrario della Fondazione di largo Isarco, è in pieno centro, in uno strano e bellissimo spazio interstiziale tra la copertura in vetro e un’ala dell’edificio del Mengoni, si dedica alla fotografia prediligendo quella più di ricerca e dunque esteticamente sgangherata. In questo caso è la CGI, computer-generated imagery (immagini generate al computer) che ormai occupa una larga parte della produzione hollywoodiana per via di supereroi e cartoni vari, oltre alla televisione, spot commerciali e videogiochi insomma tutti robusti comparti industriali planetari.

   

Come si realizza un contenuto CGI? Come la realtà fisica è utilizzata per testare la virtualità? Chi sono i programmatori, parte di un’anonima classe produttiva di contenuti visivi? Qual è la nuova cultura che alimenta la continua produzione di immagini? C’è una ragione se a porsi questa domanda siano degli architetti visto che da quasi trent’anni la progettazione dei progetti architettonici ha sostituito il disegno con vari software (autocad, indesign, rhinoceros ecc.) permettendo così una dettagliata modellazione tridimensionale degli ambienti e un attraversamento virtuale degli edifici e dei loro contesti ben prima del Metaverso (2021), di Second Life (2003) e Matrix (1999).

   

Con il rafforzamento dei mondi virtuali è bene dunque andare alla radice delle immagini che ampliano e permettono le nostre vite, scoprendo che i materiali necessari hanno poco di fantascientifico: pc, schermi, sensori di movimento, pannelli di compensato o truciolato. Materiali grezzi che non inducono certo “tempesta e impeto” quanto le immagini finali, ma che tuttavia sono l’oggetto di lavoro quotidiano di intere legioni della creative class globale. I riferimenti vanno più che allo Sturm und Drang svizzero – ponte fra illuminismo e romanticismo – alla letteratura cyberpunk di William Gibson che in fondo non è una contraddizione come dimostra anche il recente ipertesto in bianco e nero di Armature Globale, Moshpit (Keleidoscope, 30 euro).

 

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