(foto LaPresse)

Terrazzo

L'impero (lombardo) dei segni

Michele Masneri

 Sfotterla è lo sport nazionale. Ma cosa è successo alla Lombardia e ai suoi simboli: il Pirellone, la metropolitana, l’Esselunga?  Anniversari e indagini

Mentre lo sport più praticato in pandemia è prendersela con la Lombardia (così la pensano alcuni lombardi, mentre il resto del Paese gode o è stupefatto dai tracolli della “locomotiva d’Italia”), ci si potrebbe rifugiare in un rassicurante culto del passato. Almeno grafico. Perché la Lombardia era ed è sempre stata un impero dei segni. A partire dalla sede istituzionale che non lo è più, ma sempre simbolo era. Il “Pirellone”, nato cinquant’anni fa in un’epoca di ricostruzione.  “Prima le fabbriche e poi le case”, era il mood del momento e il proclama congiunto del presidente di Confindustria Angelo Costa e del capo della Cgil, Giuseppe Di Vittorio, che andrebbe benissimo anche oggi. Il 2 Luglio 1956 i due fratelli Alberto e Piero Pirelli posero la prima pietra. Disegno di Gio Ponti, anima di cemento armato di Pierluigi Nervi. Grattacielo imitatissimo (vedi Pan Am a New York). I lavori durano quattro anni. Ponti scriverà su Domus che  il Pirelli rappresenta “forma finita, essenzialità, rappresentatività, espressività, illusività, aggiornamento tecnico, onore al lavoro e incorruttibilità”,  pare un cv lombardo.


Ma dieci anni dopo una data anche più significativa: nel 1970 nascono le regioni. Piero Bassetti diventa primo presidente della Lombardia (si diceva ancora “presidente” e non “governatore”, e davanti a Regione si metteva l’articolo) e cercherà una sede acconcia per quella che subito si sente più regione delle altre. E che con l’afflato al design e al vetrinismo che la caratterizza si butterà a cercare il  logo perfetto: a differenza delle altre non le bastano blasoni o corone o torrioni. Ci vuole un brand.

 

Gran lavorio dunque dei migliori cervelli  milanesi-globali: Bruno Munari, Bob Noorda, Roberto Sambonet e Pino Tovaglia, tre diversi gruppi di lavoro a cercare quel simbolo fondamentale; Munari voleva qualcosa che avesse a che fare col mondo vegetale, a simboleggiare la crescita. Grande tentazione anche di usare il classico biscione  visconteo  – ecco le sliding doors della storia; ma era stato già usato per l'Alfa (Berlusconi qualche anno dopo sarà meno schizzinoso). 

 

“Non eravamo soddisfatti", raccontò Noorda, finché,  a un certo punto Sambonet, rientrato da un weekend in Val Camonica, ci disse di aver trovato delle cose molto interessanti, e ci condusse a fare un passo indietro, fino alla Preistoria della Lombardia".  E Rosa Camuna fu (simbolo di rocciosità efficiente, anche se più bresciano che milanese, ma pazienza).  Racconta Francesco Dondina, nella rivista Design Verso: “Sembra che, durante una riunione per presentare il progetto preliminare ai dirigenti della Regione,  Munari abbia domandato loro di descrivere lo stemma della Repubblica Italiana. Nessuno lo seppe fare correttamente”. Il che la direbbe lunga sul complicato rapporto tra Lombardia e resto del paese. 

 

Il Pirellone e il logo della Regione hanno poi attraversato epoche avverse: il Pirellone passa alla regione nel 1980 (trattative a due tra l’erede Leopoldo Pirelli e Bassetti. Costo dell’operazione, 52 miliardi di lire). Il 2 giugno 1980 c’è la prima seduta del consiglio regionale. Sempre Noorda, e poi un altro testimonial del design milanese, Vico Magistretti, si occuperanno della ristrutturazione e adeguamento del palazzo per la nuova fondamentale  funzione.

 

Poi verranno le crisi, tangentopoli, e il mini-11 settembre lombardo. Un aereo da turismo decolla dall’aeroporto di Locarno e centra in pieno alle 17,45 del 18 aprile 2002 il ventiseiesimo piano. Il pilota, Luigi Marco Fasulo, con una elle sola, da Avellino, ma residente a Locarno, ha una biografia misteriosa e affascinante come si addice a questi micro-protagonisti della storia. Già come si dice oggi attenzionato alle forze dell'ordine, contrabbandiere d’opere d’arte, pilota hobbistico, voleva andare a fare rifornimento a Linate, perché per qualche strano motivo il cherosene costa meno in Italia, evidentemente. Ma poi non riesce a atterrare, cambia pista, decide di tornare indietro, torna su, si schianta. Marcello Pera, presidente del Senato, e il vicepresidente lombardo Piergianni Prosperini, dissero subito trattarsi di attentato islamico. Invece incidente avellinese-svizzero fu. Morirono sei persone, compreso naturalmente il Fasulo. 


Verrà poi il trasferimento, dieci anni fa, della regione al “Palazzo Lombardia”, grande sfogliatella a specchi, più alto naturalmente ma non di medesima classe architettonica. E  il sabba identitario-sovranista che seguirà, con la bandiera ufficiale “di” regione Lombardia, nel 2019,  e la festa della Lombardia, istituita il 29 maggio, ricorrenza della battaglia di Legnano del 1176 con la Lega Lombarda che sconfigge l'esercito del Sacro Romano Impero. 

 

Ma indietro, nel 1957 iniziava anche la costruzione della nuova metropolitana d’Italia, “la rossa”, con disegno di Franco Albini e Franca Helg, nella Milano invece cosmopolita, con grafica e lettering coordinate di Noorda. E le geniali invenzioni copiate poi in tutto il mondo: alfabeto inventato per l’occasione, a mano, lettera per lettera, opaco, per  la massima visibilità; fascione rosso continuo, alto 25 cm, in cui la scritta col nome della stazione, in bianco, si ripete ogni 5. Si deve infatti vedere anche dal treno in movimento, e  guida gli utenti verso i treni e verso l’uscita  (prima di allora nelle metropolitane l'indicazione della stazione c'era una volta e una soltanto).  Successo mondiale, committenze nelle metropolitane megalopolistiche di New York e San Paolo (“sempre sotto terra a studiare, i colleghi mi chiamavano la talpa”, dirà Noorda). Sempre nel '57,   in viale regina Giovanna i milanesi possono entrare nel primo supermercato italiano: nasce l’Esselunga (con logo disegnato da Max Huber: Milano è una foresta di simboli).


Decadenze dell’impero dei segni? Noorda, scomparso nel ’10, era cresciuto da discendenti della Bauhaus, scuola ornamento=delitto, e teorizzava che i loghi dovevano soprattutto essere semplici e durare nel tempo, e non seguire mode momentanee. Così gli spiacque soprattutto che i suoi caratteri metropolitani fossero stati sostituiti da un volgare Helvetica,  tirato oltretutto a lucido, abbagliante per gli utenti.

 

Sberluccicante anche il nuovo logo “di” Regione Lombardia, non si sa rifatto da chi, probabilmente da burocrazie interne. Su un sito si legge: “attualmente il logo della Regione Lombardia abbandona le tinte tradizionali a favore di una preziosa sfumatura dorata per celebrare la sua storia cinquantennale ed il legame fra ente e cittadini. Possiamo concludere affermando che l’identità visiva analizzata rientra a pieno titolo fra le eccellenze di questa regione”.  Già, le eccellenze.  Chissà cosa direbbe oggi Noorda del simbolo di Aria Spa, la vituperata controllata lombarda a cui hanno attribuito la débâcle vaccinale (se il diavolo si vede dal logo, ecco una rosa camuna molto fru fru, un po' esplosa, e tanto, tanto colorata).

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  • Michele Masneri
  • Michele Masneri (1974) è nato a Brescia e vive prevalentemente a Roma. Scrive di cultura, design e altro sul Foglio. I suoi ultimi libri sono “Steve Jobs non abita più qui”, una raccolta di reportage dalla Silicon Valley e dalla California nell’èra Trump (Adelphi, 2020) e il saggio-biografia “Stile Alberto”, attorno alla figura di Alberto Arbasino, per Quodlibet (2021).