La pubblicità di una delle primi lavatrici

Non hai la lavatrice, non sai stirare, non ne hai voglia? A San Francisco c'è un'app per ogni cosa

Michele Masneri

Si scarica la app, si fissa un appuntamento, un “valet” di Rinse viene a domicilio, preleva i panni, li riporta in 24 ore lavati e stirati (48 se da lavare a secco). Il tutto comunicando via sms.

E’ guerra del bucato a San Francisco. Vent’anni dopo lo storico spot Levi’s in cui un nerboruto Nick Kamen si denudava per conto dell’antico marchio di jeans sanfranciscano, adesso arriva la Uber delle lavatrici. La start-up Rinse (rinse come il verbo che significa risciacquare) ha appena rilevato la concorrente Wash.io dopo averla stremata fino al fallimento, diventando dunque la monopolista del lavaggio a domicilio. Non hai la lavatrice, non sai stirare, non ne hai voglia? Ci pensa Rinse. Sperimentata un giorno che non si aveva voglia di andare nella lavanderia a gettone, a San Francisco c’è una app e una start-up per tutto. Ed eccola. Si scarica la app, si fissa un appuntamento, un “valet” di Rinse viene a domicilio, preleva i panni, li riporta in 24 ore lavati e stirati (48 se da lavare a secco). Il tutto comunicando via sms. “Sono James, il tuo valletto Rinse, sarò lì tra 45 minuti al massimo”. Rinse è stata fondata tre anni fa da Ajay Prakash, oggi ceo, e dal suo socio James Joun. Ha appena ottenuto un round di finanziamento di 6 milioni di dollari. Soprattutto, è comoda. Sapone profumato oppure no, ipoallergenico, ammorbidente, inamidatura, si può scegliere tutto. Il valletto arriva e ti dà due sacchi, uno bianco per il “wash and fold”, per la lavatrice cioè, e uno nero per il lavaggio a secco. Poi fotografa un QR code sul sacco e lo manda a un computer in remoto.

Con il nuovo investimento, dice il ceo, si aggiungeranno anche altri servizi, come la lucidatura delle scarpe e loro riparazione. A differenza della fallita concorrente, ha spiegato il ceo, Rinse fa margine perché non è “on demand”: ritiri e consegne infatti avvengono solo tra le 20 e le 22, quando c’è meno traffico (e i “valletti” sono pochi, costano comunque poco, usano mezzi propri come gli autisti Uber). E poi perché Rinse paga un fisso a una rete di lavanderie partner a cui garantisce un flusso di clientela senza che queste debbano spendere in pubblicità. Come dice Prakash, probabilmente il modello di business dei concorrenti puntava su ritiri e consegne su tutte le ventiquattro ore, dunque con dispendio di personale e mezzi, ma non tutto può essere on demand, certe cose si possono fare tranquillamente in orari predeterminati, tipo lavare la macchina o appunto fare il bucato. In Rinse ha investito il fior fiore dei fondi di investimento della Silicon Valley: Arena Ventures, Caa, Accelerator Ventures e molti altri. Adesso però, conquistata la costa ovest, Rinse si trova a combattere contro i players della East Coast: a New York sono infatti attivi Flycleaners e Cleanly. Insomma, si prospetta una guerra all’ultimo lavaggio tra ovest ed est d’America. Intanto proprio in questi giorni ha chiuso in California la lavanderia Ching Lee, la più antica d’America, e che in foto d’epoca mostrava carrettini trainati da cavalli andare a ritirare il bucato degli abitanti di San Mateo, quando la Silicon Valley ancora non osava pronunciare il suo nome (ma già i suoi abitanti non avevano voglia di fare il bucato, evidentemente).   

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