Vecchissimo e nuovissimo si uniscono per creare un pezzetto di Italia nella Silicon Valley

Maurizio Stefanini

Dal 2011 Talent Garden fa da “abilitatore” per start up, che contemporaneamente fa attività di immobiliarista ma anche di organizzatore di scuole ed eventi

Una delle realtà più antiche d’Italia in materia di intervento pubblico nell’economia e una delle sigle più frizzanti nel recente panorama della startup economy si sono messe assieme al fine di creare un ponte tra l’Italia e la Silicon Valley. Anzi: le Silicon Valley, al plurale.

 

Uno dei due partner della joint venture è la Cassa depositi e prestiti, nata addirittura prima dell’Unità d’Italia. Creata nell’allora Regno di Sardegna con la legge del 18 novembre 1850, incaricata dal 1875 di reinvestire in infrastrutture il risparmio raccolto negli uffici postali, nel 1898 la Cdp era stata trasformata in Direzione generale del ministero del Tesoro. Nel 1983 ridivenne autonoma, e nel 1993 riacquisì personalità giuridica. La veneranda istituzione, insomma, veniva rivitalizzata come un nuovo e più agile strumento di presenza dello stato nell’economia, nel momento in cui le partecipazioni statali venivano liquidate. Nel 2003 l’ente fu ulteriormente trasformato in società per azioni, e infine, con la diffusione a livello mondiale dei Fondi sovrani, ha iniziato a essere concepita appunto come il Fondo sovrano italiano. Da qui il riconoscimento del 2015 di Istituto nazionale di promozione dello sviluppo del sistema economico e industriale dell’Italia.

 

Nel frattempo, nel 2011 era partita Talent Garden. Nata a Brescia, a opera dell’appena ventenne Davide Dattoli, tuttora presidente, si è poi diffusa anche nel resto d’Italia e d’Europa. “Rete di coworking” è la sua definizione tecnica: cioè, nella sua autodefinizione, “una piattaforma dove i professionisti del digitale, della tecnologia e della creatività lavorano, apprendono e si connettono”. In pratica un hub per l’attività di altre startup, che all’ufficio tradizionale preferiscono una scrivania in condivisione. O, in altri termini ancora, un “abilitatore” che contemporaneamente fa attività di immobiliarista ma anche di organizzatore di scuole ed eventi. Nel novembre del 2016 ha potuto fare un aumento di capitale da 12 milioni, cui hanno partecipato vari family office. Famiglie storiche della Farmaceutica, come Angelini e Dompé, gli armatori D’Amico, gli imprenditori del settore metallurgico della Ferrero. Sigle del digitale italiano come Volagratis, MutuiOnLine, Alkemy ed Esprinet. Gruppi esteri come Endeavor Catalyst – di cui fa parte il fondatore di LinkedIn Reid Hoffman – e quello che è forse il maggiore incubatore di questo tipo di realtà al mondo: 500 Startups di Dave McCLure.

 

Lo scorso luglio al momento di festeggiare il suo sesto anniversario Talent Garden vantava un patrimonio di 18 campus in sei paesi europei, con 1.900 “tagger” tra startup, imprese e liberi professionisti, e un team di settanta persone composto per oltre il sessanta per cento da donne. Ma da allora l’espansione è continuata. A fine febbraio Talent Garden è infatti sbarcata nel suo settimo paese dopo Italia, Spagna, Austria, Albania, Romania e Lituania, attraverso l’acquisto del 51 per cento del gruppo danese Rainmaking Loft. L’accordo riguarda: un coworking per startup; uno spazio per il fintech; un campus aperto con Tryg, il più grande gruppo assicurativo scandinavo; e un polo per l’innovazione.

 

E’ stato allo stesso tempo annunciato che il numero dei professionisti coinvolti era ormai arrivato a 3.500. Proprio ieri la stampa ha parlato dell’espansione di Talent Garden nel paese numero otto, con l’hub di collaborazione con la Dublin City University che partirà il prossimo autunno. Grazie all’accordo, Talent Garden creerà in Irlanda una struttura nel campus di innovazione DCU Alpha che offrirà uno spazio di lavoro a liberi professionisti e startup con una capacità di 350 persone.

 

Il progetto tra Cassa depositi e prestiti e Talent Garden ha come proprio primo obiettivo la realizzazione di un Italian Innovation Hub in California. Uno spazio fisico a San Francisco che le aziende italiane più dinamiche potranno sfruttare per entrare in contatto con i principali player a livello globale nei vari settori di interesse per il nostro mercato, e favorire così innovazione e trasferimento tecnologico. Il progetto è aperto a università, imprese, istituzioni, e in generale a tutti i soggetti che possano generare valore per il sistema produttivo. L’obiettivo dei prossimi mesi è il coinvolgimento delle realtà interessate che possano esprimere la loro adesione al progetto. L’apertura dell’hub è prevista per la fine dell’anno.

 

Se funzionerà, l’intenzione è quella di replicare il progetto anche in altre capitali mondiali dell’innovazione. Primi nomi nella lista: l’israeliana Tel Aviv e la cinese Shenzhen.

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