L'idea tutta italiana del pony express robot, che sa resistere persino al nostro traffico

Maurizio Stefanini

Un finanziamento di 6 milioni di euro per lanciare il suo robot da consegne

Yape Yape. Detta così, sembra un grido di esultanza stile lo “Yuk! Yuk! Yuk!” del Pippo disneyano. In realtà è invece una sigla: in inglese sta per “Your Autonomous Pony Express”, il Tuo Pony Express Autonomo. Ma l’esultanza comunque c’entra, perché per lanciare il suo robot da consegne questa startup italiana ha ottenuto un finanziamento da 6 milioni di euro.

 

 

L’azienda che ha pagato è la Eldor Corporation: una multinazionale con sede in provincia di Como, che sviluppa tra le altre cose sistemi di accensione e centraline elettroniche per il settore automobilistico. A creare la startup è stata e-Novia: la stessa azienda milanese – “una fabbrica di imprese con 60 ingegneri” nella sua autodefinizione – che è stata capace di raccogliere 5,4 milioni di euro per Zehus, innovativa batteria per biciclette a pedalata assistita senza bisogno di ricarica. Partito il progetto nel luglio del 2016 col nome in codice di BluPony, il relativo robot elettrico su due ruote ha fatto i primi test a Cremona a partire da settembre, e permette di effettuare consegne senza un fattorino umano. Lungo 60 cm, largo 70 e alto 80, montato su due ruote dotate di motori elettrici autonomi che minimizzano il consumo di energia, ha un vano porta-pacchi della capacità di 70 kg. L’autonomia è di 80 km, e Yape Yape può viaggiare sia su marciapiede, sia su posta ciclabile. Nel primo caso, va a una velocità molto prudenziale da 6 km all’ora, e può attraversare la strada. Nel secondo caso, si arrischia fino ai 20. Si orienta con mappe aggiornate, che possono rilevare in tempo reale incidenti, buche, cantieri e altri ostacoli o rischi lungo il percorso dal mittente al destinatario del pacco. Gli impedimenti inattesi possono essere percepiti grazie a un sistema di sensori, laser e telecamere in grado di interagire con i sensori delle città, come quelli installati ai semafori per monitorare il traffico. Oltretutto le sue ruote possono effettuare rotazioni sul posto, e hanno anche la capacità di superare facilmente ostacoli come il bordo del marciapiede o le rotaie del tram. I sensori di cui è dotato hanno un raggio visivo di 35 metri, e le quattro videocamere hanno un campo visuale di 120 gradi.

 

All’inizio c’è una app, che prende l’ordinazione. Il destinatario può essere indicato, ma anche se non c’è l’indirizzo viene comunque determinato in modo automatico dalla posizione GPS del destinatario registrato alla piattaforma. Quando arriva alla meta, lo sportello si apre dopo aver riconosciuto il destinatario grazie alla scansione del volto. Utilizzabile sia per l’invio di cibo che per quello di oggetti, è strutturato in scomparti modulari e personalizzabili, che possono essere riscaldati o raffreddati in base alla tipologia di prodotto da consegnare. C’è perfino un sistema che analizza il contenuto dei pacchi al fine di evitare che venga trasportato materiale illecito.

 

E’ il primo veicolo autonomo elettrico per lo urban delivery progettato e creato interamente in Italia: una novità che non vale solo dal punto di vista dell’orgoglio campanilista, ma ha un suo senso concreto se si pensa agli spazi stretti e irregolari tipici delle città europee in generale e italiane in particolare. Chiunque ha accompagnato un amico statunitense in visita per la prima volta nel nostro paese avrà notato il suo stupore nel vedere il modo in cui da noi le auto riescono a infilarsi in parcheggi e passaggi che per la sua esperienza sarebbero impraticabili. Più o meno le stesse considerazioni devono valere per i sistemi di locomozione che negli Stati Uniti sono stati studiati. Ovviamente, l’adattamento alle esigenze del mercato locale non vanno intese come ripiegamento. Al contrario: dopo che lo scorso 26 aprile si è trasformata in società per azioni e-Novia ha aperto una sede in Silicon Valley, e ha in progetto di aprirne in breve altre in Giappone e a Singapore. “E’ la dimostrazione che si può nascere grandi, combinando due asset strategici del Paese: l’industria e l’ingegneria in un settore chiave come l’automotive”, dice il Ceo di e-Novia Vincenzo Russi. Il presidente e ceo di Eldor Corporation Pasquale Forte sottolinea a sua volta l’incontro “tra grande industria e la più avanzata tecnologia proveniente dai Politecnici”, per porre le basi di un modello industriale 4.0. In effetti la sperimentazione è in collaborazione con il Politecnico di Milano, oltre che con il Comune di Cremona.

Di più su questi argomenti: