Storia di iZettle, start up svedese per pagamenti digitali e credito alle Pmi. Parla il co-fondatore

Elena Bonanni

    Il Pos come Spotify. Con questa rivoluzione in mente, di rendere accessibile a tutti, anche ai piccoli business, i pagamenti con le carte, è nata iZettle, start up svedese che ha sviluppato un sistema per i pagamenti digitali dal meccanismo semplice e dai costi contenuti. “Mia moglie è rincasata una sera dal lavoro lamentandosi che un piccolo business come il suo, importava occhiali da sole e da vista, non poteva permettersi il lusso di un terminale per carta di credito. Il problema è che le persone non si portano più dietro i contanti”, ha raccontato il co-fondatore Jacob de Geer che con la sua idea ha raccolto circa 150 milioni di euro in fondi di venture capital riscuotendo la fiducia di pesi massimi come Intel Capital, American Express, Mastercard e Banco Santander. “E’ in atto una importante trasformazione nell’industria finanziaria che è appena iniziata. Assisteremo agli stessi cambiamenti che hanno caratterizzato il mondo della musica negli anni passati”, ha assicurato de Geer che nella sua carriera di imprenditore ha fondato e già rivenduto la piattaforma di sharing legale di film Ameibo e l’agenzia di comunicazione Tre Kronor Media.

     

    Per facilitare la vita alle piccole imprese, in un mondo che sta abbandonando sempre più il contante a favore dell’uso delle carte, iZettle ha ideato un sistema di pagamento che, attraverso un mini lettore di carte, trasforma smartphone e tablet in registratori di cassa e permette anche alle piccole realtà di accettare ogni tipo di pagamento. Perché elimina i tipici balzelli del servizio bancario tradizionale di Pos e carte di credito come costi di iscrizione, tasse mensili o annuali, importi minimi di utilizzo, spesso non sopportabili da un piccolo business. Si paga una sola commissione che va dall’1 per cento al 2,75 per cento a seconda del numero di transazioni effettuate. In altri termini, più pagamenti il venditore riceve, meno paga. In più c’è il servizio di anticipo contante, un vero e proprio micro finanziamento, ma senza tassi di interesse, solo commissioni fisse stabilite da restituire senza limiti di tempo attraverso una percentuale delle vendite.

     

    iZettle è considerata il rivale europeo di Square, la start up lanciata solo un anno prima, nel 2009, da Jack Dorsey, il fondatore di Twitter. In Svezia oggi il 50 per cento dei terminali di carte di credito usa iZettle. In Europa è sbarcata ovviamente in Norvegia, Danimarca e Regno Unito, ma anche in Germania, Olanda e Francia. A dispetto di tutte le barriere difensive erette dal sistema finanziario tradizionale. Tutti, ha raccontato de Geer qualche tempo fa a Business Insider Uk, “continuavano a ripeterci che non c’era spazio, che nessuno voleva i nostri prodotti”. E invece sono circa 200mila i business che oggi usano iZettle i cui terminali sono arrivati persino in Brasile e in Messico che, contro tutti i pronostici visto l’alto uso di contante, è uno dei mercati a più forte crescita. E ora la start up svedese sta sbarcando anche in Italia. “Creare iZettle è stato molto più difficile di quanto avrei mai pensato, non è stata assolutamente una cosa facile – ha raccontato al Foglio de Geer a margine dell’evento milanese di presentazione della società – Io e Magnus (l’altro fondatore; ndr) abbiamo impiegato un anno intero per superare le difficoltà legate all’hardware e per trattare con le autorità di regolamentazione e le banche, che all’inizio non erano propriamente dalla nostra parte. Nel 2012, per esempio, Visa Europe ha deciso di smettere di supportare il nostro primo lettore di carte, per cui siamo stati obbligati a sviluppare un lettore Chip & Sign che soddisfacesse i requisiti di Visa. Questo ci ha quasi ucciso”.

     

    “L’indice di un’industria finanziaria fossile”

     

    Le istituzioni finanziare tradizionali sono ormai in trincea di fronte al plotoncino di start up fintech che cavalca la rivoluzione delle App e della tecnologia per offrire servizi finanziari. D’altra parte, le banche non stanno sfruttando tutte le potenzialità della rivoluzione tecnologica. “L’industria finanziaria è vecchia, non usa i dati come dovrebbe e non fa innovazione. E questo è il motivo per cui non offrono questi servizi alle Pmi”, ha detto durante la presentazione milanese de Geer spiegando che “la nostra analisi del rischio è fatta in maniera differente rispetto al sistema bancario tradizionale. Usiamo tutti i dati che abbiamo sul piccolo business, facendo una valutazione del rischio reale, attraverso un algoritmo che abbiamo sviluppato”. I colossi finanziari più lungimiranti stanno però provando a cavalcare il cambiamento. “Non siamo competitor delle banche – ha voluto precisare de Geer – abbiamo anche già stretto partnership, per esempio con il Banco Santander. Noi estendiamo l’utilizzo dei loro strumenti di pagamento e ci rivolgiamo a un segmento a cui loro non si rivolgono. Siamo complementari. Anche in Italia siamo interessati a lavorare con le banche, bisogna vedere se si vedono come innovatori o meno”.