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conti in tasca

Quello che il calcio non riesce a far quadrare tra costo degli abbonamenti tv, pirateria e diritti di trasmissione

Francesco Caremani

Il confronto fra Ligue 1 e Serie A racconta due strade diverse di fronte allo stesso problema: prezzi elevati, offerta frammentata e un pubblico che ha imparato a considerare lo streaming illegale come opzione quasi naturale

Il costo del calcio piratato in Francia è stato quantificato in circa 400 milioni di euro l’anno, più o meno lo stesso valore dei diritti televisivi della Ligue 1. È la stima di uno studio commissionato da Dazn sulla diffusione delle Iptv illegali, con fino a nove milioni di decoder in circolazione.

Per Dazn, arrivata in Francia con un accordo da 400 milioni l’anno per otto partite di Ligue 1 a giornata, quei decoder hanno significato un tetto di circa 700mila abbonati e la decisione del proprietario Len Blavatnik di chiudere l’operazione dopo una sola stagione, pagando un’indennità all’Lfp. Il prezzo del pacchetto – vicino ai 40 euro – e una comunicazione poco convincente hanno pesato, ma la pirateria ha agito da acceleratore del fallimento.

“Fin dall’inizio i tifosi erano furiosi: i prezzi erano troppo alti e per vedere il meglio del calcio francese servivano più abbonamenti: Canal+, beIN, Dazn… – racconta al Foglio Jean-Philippe Leclaire, giornalista, regista, editorialista di challenges.fr ed ex vice direttore de L’Équipe –, così molti hanno cominciato a vivere la pirateria come un gesto di resistenza, o almeno come una buona scusa per non pagare”. Nel mirino è finito il presidente della Lega, Vincent Labrune, accusato di aver costruito un puzzle insostenibile.

Leclaire individua un secondo errore nella strategia di marketing di Dazn: “Hanno fatto di tutto per sedurre il pubblico giovane, con telecronisti che si davano del tu in onda e rapper in studio prima delle partite. Ma in Francia sono gli spettatori più anziani, non i ragazzi, quelli disposti a pagare legalmente per il calcio”. Prezzi elevati, offerta spezzettata e messaggio fuori target hanno lasciato campo libero alle Iptv.

Dal 2025 la risposta della Lega francese è stata radicale: diventare broadcaster di sé stessa. Ligue 1+, la nuova piattaforma diretta al consumatore, trasmette otto delle nove partite per giornata, con il nono incontro che resta a beIN Sports. Gli abbonamenti vanno da 9,99 a 19,99 euro al mese a seconda dei dispositivi e dell’impegno, con l’obiettivo di raggiungere almeno un milione di utenti nel primo anno. La distribuzione è ampia: app, sito e accordi con i principali operatori e piattaforme.

Sul piano editoriale, il modello è diverso da quello di Dazn. I club producono contenuti originali, la piattaforma punta su spogliatoi aperti, accesso agli arbitri e magazine sul campionato. “Hanno scelto un tono più sobrio e rispettoso, lontano dalla confidenza forzata di prima – osserva Leclaire – Ma il prodotto resta molto verticale: solo Ligue 1, niente altri campionati o sport, niente film o serie. È un vantaggio identitario, ma anche un limite commerciale”.

Resta incerto il punto di pareggio. La Lega ha accettato ricavi previsti inferiori rispetto ai vecchi contratti pur di recuperare controllo su flussi economici e dati. I presidenti dei club, spiega ancora Leclaire, “sono molto impazienti e mettono pressione su Ligue 1+, ma sono gli stessi che per anni hanno scelto accordi di breve termine con Mediapro, Amazon o Dazn invece di provare a ricucire con Canal+”. La Francia sta pagando il prezzo di quella stagione di massimizzazione a breve del valore dei diritti.

L’esperimento francese viene osservato da vicino anche in Italia, dove la pirateria è da tempo considerata una minaccia strutturale. Dal 2023 è in vigore una legge che consente all’Agcom di ordinare il blocco delle trasmissioni illegali di eventi live entro 30 minuti dalla segnalazione; il meccanismo è stato poi integrato nella piattaforma Piracy Shield, che coordina gli ordini di oscuramento verso gli operatori di rete. Nonostante le critiche per i rischi di overblocking, la Serie A e i broadcaster rivendicano una riduzione dei flussi illegali, mentre nel 2024 la Lega ha siglato un accordo con Meta per rafforzare la rimozione in tempo reale degli streaming pirata da Facebook e Instagram.

Sul fronte dei diritti, però, l’Italia è rimasta ancorata al modello tradizionale. Per il ciclo 2024-2029 la Serie A ha confermato l’asse Dazn-Sky: la piattaforma streaming trasmette tutte le partite, con sette gare in esclusiva e tre in co-esclusiva, mentre Sky mantiene un pacchetto ridotto ma strategico. A questo si sommano i diritti Uefa, fino al 2031 la Champions League sarà ancora su Sky, Now e una partita del mercoledì in esclusiva su Amazon Prime Video, per un totale di 400 milioni di euro a stagione considerando anche le altre coppe europee. Per seguire l’intero ecosistema del grande calcio – Serie A, coppe europee, principali campionati stranieri – un tifoso italiano deve mettere insieme almeno quattro abbonamenti, a costi che superano facilmente i cento euro mensili.

La Lega Serie A ha immaginato più volte una propria piattaforma, ribattezzata informalmente Serie A+, ma finora l’ipotesi si è tradotta soprattutto in un rafforzamento dell’ecosistema digitale: nuovo sito, app rinnovata, maggiore controllo su immagini, highlights e contenuti editoriali, più che in una vera offerta live alternativa a Dazn e Sky. Il salto verso un modello pienamente direct-to-consumer, sul modello Ligue 1+, richiederebbe di rinunciare nel breve periodo alla sicurezza dei contratti pluriennali in cambio di una scommessa sulla capacità della Lega di agire come media company autonoma.

Il confronto fra Francia e Italia racconta due strade diverse di fronte allo stesso problema: prezzi elevati, offerta frammentata e un pubblico che ha imparato a considerare lo streaming illegale come opzione quasi naturale. Parigi ha scelto di riscrivere l’architettura del sistema; Roma ha preferito rafforzare gli strumenti repressivi e consolidare i partner esistenti. In entrambi i casi, però, l’equazione resta la stessa: più aumentano i costi e le piattaforme necessarie per vedere il calcio, più la linea che separa l’abbonato dal pirata tende a sfumare, lasciando alle leghe il compito di decidere se inseguire i pirati o cambiare il modello di business.

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