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Il derby ci dirà la verità sui sogni di Inter e Milan 

Per Chivu non esiste un avversario più complesso di Allegri. Si confrontano due squadre con mentalità opposte

In un San Siro ancora affollato dai fantasmi norvegesi, dall’incubo di un playoff che per l’Italia rischia di riservare la terza delusione mondiale consecutiva, Inter e Milan si ritrovano una contro l’altra per capire a che punto è il loro percorso. C’è chi dovrà scacciare dalla mente il tracollo contro Haaland e compagni e chi invece ne è rimasto distante, ma per il campionato rappresenterà comunque un punto di svolta, forse il primo vero snodo stagionale. Sicuramente è presto per parlare di un dentro o fuori, ma messe alle spalle le tre soste nazionali accumulate in due mesi, quello che inizia nel fine settimana è un tour de force senza pause da qui fino allo stop di marzo: il momento, in sostanza, in cui si preparano le gambe in vista della volata scudetto, uno sprint che si prospetta decisamente più affollato di quanto ipotizzato nel corso dell’estate, per via della conferma della Roma sui livelli della gestione Ranieri e, chissà, anche dell’ingresso ai piani altissimi del Bologna, il tutto aspettando che la Juventus diventi davvero la squadra di Luciano Spalletti

 

L’impressione è che il derby possa dire qualcosa in più sul Milan che sull’Inter: la squadra di Allegri è rimasta a galla pur alle prese con infortuni pesanti, perché concedere Rabiot e Pulisic agli avversari non è affare da poco, specialmente quando i sostituti non sembrano così convincenti. Max li ritrova entrambi, lo statunitense leggermente più avanti dal punto di vista fisico, il francese ancora alle prese con qualche check dell’ultimo minuto. E occhio soprattutto a lui, il gigante Adrien, perché i duelli chiave del derby all’orizzonte saranno quelli in mediana: l’Inter cercherà di annebbiare le idee di Modric sporcandogli le linee di passaggio, toccherà all’ex juventino ripulirle o farsi carico di ricevere il pallone quando il fuoriclasse croato sarà impossibilitato a farlo. E se dall’altra parte dovesse toccare a Sucic indossare i panni dell’assente Mkhitaryan, proprio Rabiot e Fofana avranno il compito di fargli pesare lo scotto del noviziato in una partita così importante.

   

Desta curiosità il confronto tra registi, perché di Modric si è già detto e scritto l’impossibile mentre del rigenerato Çalhanoğlu, dopo anni di giustificata fanfara, forse si sta parlando un po’ meno del dovuto: non tanto per i gol, che lo pongono comunque in testa alla classifica cannonieri di questo campionato strampalato, quanto per la ritrovata sostanza. Non è cosa banale, soprattutto dopo un’estate in cui era parso ai margini del progetto, pizzicato da Lautaro Martínez senza riferimenti espliciti e da Marotta che invece le generalità le aveva declinate tutte, immaginando una mega offerta del Galatasaray che non si è concretizzata. Le sorti del centrocampo interista sono nei suoi piedi e sarà interessante vedere a cosa ha pensato Cristian Chivu: spedire il turco in pressing su Modric oppure provare a contenerlo con la schermatura di Thuram e Lautaro?

 

Sarà uno scontro tra mentalità agli antipodi, con l’Inter che vorrà fare la partita e il Milan che avrà tutto l’interesse del mondo a lasciare il pallone agli avversari, rintanandosi con l’obiettivo di allargare il campo nerazzurro. Lì, in territori presumibilmente molto aperti, si deciderà la sfida: Leão e Pulisic possono essere devastanti se hanno tanti metri da attaccare, la fase difensiva interista dovrà essere perfetta se non vorrà fare la fine toccata al Napoli e alla Roma a San Siro, bruciate a colpi di ripartenze tempestose, in un contesto tattico che i rossoneri sentono affine ai loro istinti. E forse non è un caso se i passi falsi sono arrivati contro squadre portate ad azzerare gli spazi invece che a concederne. Uno scenario che innesca un’altra, inevitabile domanda: per Chivu è già il tempo del passaggio di consegne da Acerbi a Bisseck oppure il tecnico si affiderà comunque al totem inzaghiano, che per natura preferisce avere un uomo da francobollare rispetto a una squadra del tutto priva di riferimenti offensivi? Interrogativi che solo il campo scioglierà, così come quello sulla presenza a destra di Dumfries – l’alternativa sembra essere diventata Carlos Augusto, addestrato sulla fascia opposta a quella di pertinenza ormai da diverse settimane visti i dubbi lasciati da Luis Henrique – e sul ballottaggio tra Estupiñan, difensivamente così tenero che si taglia con un grissino, e Bartesaghi, cresciuto in maniera esponenziale nei pochi mesi di cura Allegri.

 

Rimane invece enorme il fascino di un derby che può dire tanto in chiave scudetto, che la Roma di Gasperini e il Napoli di Conte osserveranno con occhio decisamente interessato: in questo momento nessuno sembra avere la quantità di risorse dell’Inter, che al termine di un mercato volto più a ritoccare che a ribaltare si è ritrovata ad avere quel che Inzaghi, di fatto, non aveva mai avuto, vale a dire due alternative credibili a Lautaro e Thuram, arrivati spremuti al traguardo un anno fa per l’inadeguatezza di Arnautovic e Taremi. Bonny ed Esposito sono di un’altra pasta, ma l’Inter dovrà comunque fare i conti con la Champions League, seduzione irresistibile per una squadra che si è affacciata in finale due volte nelle ultime tre occasioni. Un impaccio che Allegri non dovrà affrontare, quello che gli ha permesso di resistere anche quando iniziava a perdere uomini importanti: il lusso del mancato doppio impegno settimanale sta anche lì, nella gestione diversa degli infortunati oltre che dei sani. Sarà soprattutto un test per Chivu, che dovrà tenere ben salde le redini di una squadra che a Napoli si è persa, frastornata dal rumore della grande sfida, così come era accaduto nel convulso finale dello Stadium contro la Juventus dopo aver controllato la partita per larghi tratti. È contro i grandi che si diventa grandi, e non esiste avversario più complesso di Massimiliano Allegri per scoprire se lo si è diventati davvero.

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