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a racchettate
L'Italia del tennis non si ferma: ora il sogno è il Grande Slam di Roma
Binaghi: “Risultati mai visti, condizioni irripetibili. Condivisione politica per fare il salto e diventare tra i big del tennis globale”. E ora la finale di Coppa Davis
Neppure il giorno dopo la grande vittoria di Jannik Sinner alle Atp Finals di Torino è un giorno di riposo per il presidente della federtennis. Angelo Binaghi gioca sempre in attacco e non si stanca di lavorare perché il magico del tennis italiano venga sfruttato. Ha dalla sua i risultati sportivi e commerciali: “Duecentotrentamila presenze, un impatto di 600 milioni di euro. Lo stato ci ha dato 13,7 milioni che hanno creato un extragettito sui 10 milioni”. Ma non gli basta. Ai microfoni de “La politica nel pallone” su Radio Rai, prima dà a Sinner quello che è di Sinner: “I meriti sono suoi, di chi lo allena e chi lo supporta. Noi facciamo il nostro onesto lavoro dietro le quinte, ma non giochiamo e non vinciamo i tornei”, poi lancia dei messaggi precisi al Governo perché lo appoggi nell’idea di trasformare gli Internazionali d’Italia nel quinto grande slam dopo Melbourne, Wimbledon, Parigi e New York. “E’ un’occasione irripetibile, abbiamo il numero uno- bis al mondo, il presidente della Atp italiano, una federazione riconosciuta come la migliore al mondo. Quando ci ricapiterà un’occasione così? Forse mai. Nel tennis italiano oggi non abbiamo un problema di soldi, quello che ci serve è un progetto condiviso con il Governo. Se riuscissimo ad avere questa condivisione io credo che l’obiettivo sarebbe raggiungibile in tempi ragionevoli”. Il messaggio è chiaro. Il destinatario è il ministro Abodi con il quale Binaghi dovrà già sedersi a un tavolo per condividere il futuro delle Finals dopo l’edizione 2026 che resterà a Torino. In ballo c’è Milano con la nuova arena di Santa Giulia, non è un mistero. Federtennis e Governo dovranno prima di tutto trovare un accordo anche su questo. “Il processo di crescita del torneo di Roma non deve essere interrotto, anzi deve essere accelerato perché ci sono delle condizioni favorevoli generate in particolare dai risultati sportivi dei nostri giocatori e delle nostre giocatrici che sono irripetibili. Dicevo nei giorni scorsi a un grande dirigente che se non ci riusciamo noi in Italia in questo periodo, con queste condizioni, credo che non ci riuscirà mai più nessuno per i prossimi cent'anni”. Che cosa significherebbe trasformare gli Internazionali in un quinto Slam è presto detto da Binaghi: “I nostri tornei già oggi ci garantiscono ricadute di altissimo livello, ma passare da un master 1000 o dalle ATP Finals a un torneo del Grand Slam significherebbe moltiplicarle per 4 o per 5”.
Se il “sogno politico” di Binaghi è chiaro, quello sportivo, dopo aver vinto finalmente Wimbledon e rivinto le Finals quale può essere? In settimana ci sarebbe la finale di Davis che abbiamo vinto negli ultimi due anni, si gioca a Bologna, ma senza Sinner e Musetti. Rivincerla senza i nostri due migliori giocatori potrebbe essere la ciliegina sulla stagione. “Credo che la vittoria di Jannik possa dare una forte motivazione alla nostra squadra che tra le sue prerogative ha sempre avuto quella di essere un grande gruppo, una squadra molto compatta. La Coppa Davis è bella perché è una gara anomala in uno sport fortemente individuale come il nostro, ma se si dovessimo fare una somma aritmetica, tra le prestazioni dei singoli, noi la nostra Coppia Davis l’abbiamo già vinta, nel senso che alle Finals avevamo Jannik e Lorenzo, e nel doppio Bolelli e Vavassori sono arrivati in finale. Questo vuol dire che nel tennis l’Italia è la nazione più forte che c'è indipendentemente da come andrà la Davis. Jannik non è sulla vetta del mondo perché è stato fermato come ben sappiamo per tre mesi durante la primavera per questo per me un numero uno-bis. A Lorenzo, invece, mancano 200 punti, 210 punti per essere il numero 5 del mondo ed è stato a lungo fermo per un noioso infortunio, Quindi siamo a livelli mai giunti e mai pensati prima. Senza scordare le ragazze”.
Se la Davis non è più un sogno avendola vinta due volte che cosa rimane? “Vorrei vedere un italiano vincere a Roma come ha fatto Jasmine l’anno scorso. Non succede dal 1976. Magari una finale tutta italiana come Pennetta e Vinci a New York dieci anni fa”. Tornando a Torino e al successo di Sinner, Binaghi si lascia condurre nel gioco dei paragoni: “Alcaraz ha cominciato a vincere prima di Jannik, ma io ho sempre detto che non lo avrei mai scambiato. Mi tengo Jannik tutta la vita. Mi dà una grande sicurezza, ha una forza mentale incredibile e continuo a dire che ha margini di miglioramento ancora molto grandi, sia da un punto di vista fisico che da un punto di vista tecnico, anche sotto la rete ha dei margini di miglioramento. Quindi siamo ancora lontani da vedere il film migliore, pensate che spettacolo ci aspetta nei prossimi dieci anni”. Dove lo metterebbe nella top 5 dei migliori di sempre? Binaghi per ora si limita a dire: “Io sono sempre stato col giocatore di minor talento, quindi con Nadal nel confronto con Federer. Adesso Nadal ce l'abbiamo noi, perché Alcaraz per certi versi ha un talento paragonabile a quello di Federer, mentre, mentre Jannik ha la costanza che è stata la caratteristica vincente di Nadal”.
Il foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA