LaPresse

Il personaggio

Musetti, un campione in progress che sta trovando una regola nella genialità

Giorgia Mecca

Il Lorenzo bello e dannato di dodici mesi fa avrebbe forse commesso uno straordinario errore che avrebbe rovinato tutto sul più bello, una musettata delle sue e addio Finals. E invece sul match point ha tirato fuori la sua indole

Alzi la mano chi, alla fine del secondo set, quello che ha portato Alex De Minaur al terzo contro Lorenzo Musetti, non ha pensato: “eccolo, il solito”. Magnifico quasi sempre tranne quando conta davvero. Un passante di rovescio diagonale, uno dei suoi, per abbassare le mani di tutti quanti. A Lorenzo Musetti è stato chiesto tutto e subito. Enfant prodige, campioncino Slam a neanche 17 anni, da lui ci si aspettavano prodigi e non infanzia. Come se, tra l’altro, ai tempi, potessimo permetterci di avanzare pretese, di fare gli schizzinosi. Troppo facile giocare con il suo nome di battesimo e accompagnarlo con aggettivi. Musetti is bellissimo, secondo gli incipit della stampa statunitense. Bellissimo ma non basta. Etereo nel gioco e non nello spirito, spesso estetica fine a se stessa. Lorenzo l’artista, ma una delle lezioni che insegna è il tennis è che per vincere bisogna sporcarsi le mani. Non solo tocco ma garra. Welcome to the jungle. Torino, maggio 2024, l’ex numero uno al mondo juniores iscritto in extremis a un torneo del circuito challenger, il gradino più basso del tennis professionistico.

 

Da Torino 2024 a Torino 2025 la parola d’ordine per l’azzurro è stata concretezza. Meno filosofia e più pratica. Meno wow e più testa bassa. Diciotto mesi per provare a mettere ordine in tutta quella creatività in potenza. E infine riuscirci. Lo hanno criticato per i suoi piedi sempre troppo fuori dal campo, per la difesa a oltranza, il servizio non all’altezza dei campioni. Ha migliorato ogni colpo, insieme all’allenatore che lo segue fin da quando era bambino, criticato anche lui, in questi tempi in cui tutti sono diventati sofisticati a sproposito, per essere troppo maestro e troppo poco coach. Dimenticando i suoi ventitré anni, i campioni da cui devi essere sconfitto prima di poter diventare tu stesso un campione. Musetti è arrivato a Torino la mattina dopo la finale di Atene, due mesi vissuti dentro un campo da tennis a contare i punti che lo separavano dai fantastici otto.

 

“Le Finals erano un sogno e si stanno trasformando in incubo”, queste le parole dell’azzurro dopo la sconfitta a Shanghai. Il Lorenzo bello e dannato di dodici mesi fa avrebbe forse commesso uno straordinario errore non forzato che avrebbe rovinato tutto sul più bello, una musettata delle sue e addio Finals. Il bello di avere ventidue anni è che puoi sbagliare quanto vuoi, perdere una finale, sprecare energie, arrabbiarti senza una logica ma non importa. L’anno dopo di anni ne hai ventitrè e una carriera ancora da costruire. Fallisci ancora, fallisci meglio, diceva quello lí e l’azzurro se lo potrebbe ancora permettere. 

 

E invece no. Dalla Cina a Vienna, da Parigi ad Atene, la finale contro Djokovic. Suo padre dopo averlo abbracciato al suo arrivo a Torino, con gli occhi lucidi lo ha guardato e gli ha detto: “come sei scavato”. Lui ha risposto: sono solo un po’ stanco. Le gambe a pezzi però a Torino. Le gambe a pezzi ma ancora in piedi. Dagli spalti dell’Inalpi Arena durante il match  uno del pubblico gli ha urlato: Lorenzo, facci sognare. La verità è che questo ragazzo, questi ragazzi, ci stan facendo sognare da un po’. Senza chiedere niente in cambio. Non con i circoletti rossi, ma con tutto ciò che non si vede. I jet leg, la cyclette a mezzanotte, le cene riscaldate al circolo, la fatica di non fermarsi soltanto a Madre Natura. Madre Natura, ammesso che esista, ti regala colpi meravigliosi e spesso inutili, bellezza sparsa e mai definitiva. Tutto il resto sei tu e il fiato che ti resta. Lorenzo Musetti lo abbiamo visto comparire da lontano, non gli abbiamo dato il tempo di arrivare, di crescere, di sporcarsi. Lui, con il suo stile è arrivato lo stesso. Non a corto muso ma al suo esatto contrario. Nonostante i pregiudizi e i paragoni. “Questo sport mi meraviglia ogni giorno di più”, ha detto in conferenza stampa dedicando la vittoria al suo secondo figlio, Leandro, che sta per nascere.

 

Lorenzo Musetti che si meraviglia di Lorenzo Musetti. Un giocatore concreto, un campione in progress, che sta trovando una regola nella genialità. E che però sul match point tira fuori la sua indole, un passante di rovescio a una mano, vincente di un soffio. Eccola la musettata, crescere rimanendo fedele a se stesso e alla sua fantasia. E quella fantasia farla vivere un po’ anche a noi di luce riflessa.

Di più su questi argomenti: