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Tutti dopati alla meta. Le Olimpiadi in cui vale il “liberi tutti” ben si adattano a tempi trumpiani
Quali imprese mirabolanti potrebbero compiere gli atleti se potessero prendere quello che vogliono? Quali altezze potrebbero raggiungere? Aron D’Souza ha fondato gli Enhanced Games nel 2023, convinto che “diventeranno il nuovo modello olimpico per il XXI secolo”. Tra rischi, tabù e prove estreme
Nella primavera del 2026, a Las Vegas, otto atleti scenderanno in pista per una finale dei 100 metri piani. Uno o più di loro, forse anche tutti, batteranno il record mondiale di Usain Bolt, che dura da sedici anni. Il giorno prima, con ogni probabilità, un altro campione avrà corso la prima maratona della Storia in meno di due ore. Nel frattempo, in pista, un altro superman dotato di occhiali intelligenti che gli danno suggerimenti in tempo reale, lancerà il giavellotto oltre la mitica soglia dei 100 metri, battendo dopo trent’anni il primato mondiale del ceco Jan Zelezny.
Non è science fiction. Accadrà veramente. C’è un solo problema. Tutte quelle prestazioni straordinarie e sovrumane avranno un comune denominatore: saranno frutto dell’uso senza limiti di sostanze dopanti. Benvenuti nel mondo degli Enhanced Games, i giochi potenziati che avranno luogo nella città del Nevada dal 21 al 24 maggio del prossimo anno. Chiamatele pure le “Olimpiadi del doping”, dove gli atleti potranno far ricorso sotto supervisione medica a tutte – o quasi, cocaina ed eroina restano vietate – le sostanze oggi proibite dalla Wada (World anti-doping agency) per spingere fino all’estremo i propri limiti fisici. Nella loro prima edizione saranno limitate a tre sport: nuoto, atletica leggera e sollevamento pesi. “Sarà uno degli eventi televisivi più avvincenti di tutti i tempi”, promette il dr. Aron D’Souza, 40 anni, australiano, laureato in filosofia e legge, avvocato e imprenditore, l’uomo che nel 2023 ha fondato gli Enhanced Games, convinto che “diventeranno il nuovo modello olimpico per il XXI secolo”: “In un’epoca di cambiamenti tecnologici e scientifici sempre più veloci, il mondo ha bisogno di un evento sportivo che abbracci il futuro e in particolare i progressi della medicina”.
Controverso e bollato come “evento cinico e pericoloso”, come vedremo, il progetto di D’Souza si inserisce perfettamente nello “Zeitgeist” trumpiano, annunciandosi già da ora come un affare miliardario. Non a caso fra i primi ad avervi investito somme importanti sono il fondatore di Paypal e guru del trumpismo Peter Thiel, lo stesso figlio del presidente americano Donald Trump Jr. e il produttore tedesco Christian Angermayer, creatore di Plasma, la blockchain che sta rivoluzionando i pagamenti in criptovalute, e i cui interessi imprenditoriali includono le biotecnologie, la medicina psichedelica e la ricerca sulla longevità. Di più, D’Souza ha già firmato un contratto con RSA, la casa di produzione di proprietà del regista Ridley Scott, per la realizzazione di una serie in dieci puntate dedicata agli Enhanced Games 2026.
L’idea di una versione “liberi tutti, whatever it takes e senza controlli antidoping” delle Olimpiadi ha una lunga storia, soprattutto in ragione del fatto che l’uso di sostanze dopanti continua a essere un fenomeno diffuso in molte discipline e che la battaglia per frenarlo è sempre più difficile e sofisticata. Cosa succederebbe se gli atleti potessero prendere quello che vogliono? Quali imprese mirabolanti potrebbero compiere? Quali velocità, quali altezze potrebbero raggiungere? L’argomento filosofico contrario si fonda sull’integrità e la pulizia dello sport, l’idea che ogni record debba essere frutto di talento, fatica, dedizione e determinazione, non facilitato da alcuna sostanza chimica, non ultimo dannosa per la salute. “E’ un progetto pericoloso e irresponsabile, volta le spalle a tutto quello che è lo sport”, dice l’olimpionico Sebastian Coe, oggi presidente di World Athletics, la Federazione mondiale di Atletica leggera.
Ma gli Enhanced Games rovesciano il ragionamento sulle condizioni di parità, trasformando i tabù in soluzioni pratiche. Tutto è incoraggiato e permesso: costumi speciali nel nuoto, scarpe supertecnologiche e occhiali intelligenti in atletica e, soprattutto, sostanze chimiche che migliorano le prestazioni. “Chi vuol essere un umano 1.0, quando puoi esistere in un mondo di umani 2.0?”, si chiede D’Souza, il quale sogna che un giorno l’uso dei dopanti non riguarderà solo gli sportivi, ma diventerà parte della vita quotidiana per tutti. E’ lo stesso modello di business dei Giochi potenziati a spingere in questa direzione: gli Enhanced Games, infatti, non hanno alcuno sponsor aziendale o accordi per la cessione dei diritti televisivi, ma trarranno i loro profitti dalla vendita di piani di allenamento e integratori. Il sito ufficiale pubblicizza già oggi tre prodotti per l’aumento del testosterone, che dovrebbero essere in vendita nelle prossime settimane.
Ma chi parteciperà alle Olimpiadi del doping di Las Vegas, dove ai vincitori viene promesso un premio di 500 mila dollari, che saranno raddoppiati nel caso in cui essi batteranno il record mondiale della specialità?
Quando nell’estate 2024 ai Giochi di Parigi il nuotatore greco Kristian Gkolomeev, si classificò quinto nella finale dei 50 metri stile libero, a soli 3 centesimi dalla medaglia di bronzo, si trovò davanti a un dilemma esistenziale. Aveva 32 anni, non aveva messo da parte nulla, in 14 anni di carriera aveva guadagnato poco più di 200 mila dollari, valeva la pena di affrontare altri quattro anni di duri sacrifici per tentare di nuovo di arrivare sul podio nel 2030? Aveva sempre gareggiato pulito e lo infastidiva molto pensare che altri atleti, vincenti, non rispettavano le regole: “Mi ero sempre detto, datemi quello che prendono loro e sarò imbattibile”.
La tentazione per lui prese le forme e il volto di Brett Hawke, un ex allenatore appena assoldato nella squadra di D’Souza, che in un podcast incoraggiava gli atleti a informarsi sugli Enhanced Games con un argomento formidabile: la sua più grande frustrazione da preparatore era stata vedere i nuotatori guadagnare meno di quanto meritassero. “Sono i migliori del mondo e meriterebbero di essere pagati per quello che valgono”.
Così Gkolomeev incontrò Hawke, che cercò di convincerlo. Il giovane si rendeva conto che passare il Rubicone dell’uso cosciente e pubblico di sostanze dopanti per gareggiare gli avrebbe tagliato per sempre i ponti con il mondo dello sport che aveva fin lì conosciuto. Ma alla fine cedette.
Prima vennero lunghi controlli medici per stabilire dov’era il suo potenziale di miglioramento, poi iniziò il protocollo: in principio furono dosi minime di tre diverse droghe, un misto di ormoni steroidei come il testosterone e suoi derivati, regolatori del metabolismo e altri ormoni della crescita. Quasi immediatamente, l’atleta si accorse che la sua capacità di recupero si accorciava: non era più sfinito ed esausto, capace solo di stendersi sul divano, quando tornava a casa dopo gli allenamenti. Nell’arco di due mesi il suo peso era aumentato, mettendo su quasi sei chili di massa muscolare magra. Sembrava ancora presto, nel maggio scorso, per iniziare a vedere in gara i frutti del nuovo regime, tagliato su misura per lui. Tantopiù per realizzare un tempo da record. Hawke aveva messo in guardia da attese eccessive anche il dottor D’Souza, venuto a vedere Gkolomeev esibirsi da solo nella sua gara, i 50 stile libero, in una piscina del North Carolina. Ma quando l’atleta aveva toccato il bordo, il cronometro parlava chiaro: 20.89 secondi. Era il nuovo record del mondo, due centesimi più veloce di quello di César Cielo, il brasiliano che lo aveva stabilito nel 2009. Naturalmente non aveva alcun valore per l’albo ufficiale dello sport olimpico, ma D’Souza ha mantenuto l’impegno assunto quando ha creato gli Enhanced Games: per aver polverizzato il precedente primato, Kristian Gkolomeev ha ricevuto in premio un milione di dollari. “Per fare questi soldi” – fu il commento del nuotatore – “avrei avuto bisogno di cinque o sei carriere”.
Kristian Gkolomeev naturalmente gareggerà a Las Vegas il prossimo anno. Con lui, nel nuoto ci sarà anche l’australiano James Magnussen, campione del mondo dei 100 stile libero nel 2011 e 2013, celebre per essere stato uno dei primi a indossare un costume integrale in poliuretano (poi vietato) per battere il record mondiale: oggi ha 34 anni, si era nel ritirato 2019 ma ha deciso di rimettersi in gioco, perché a suo dire l’uso controllato dei dopanti gli darà “un corpo da ventenne” e “con la mia testa di adesso potrò realizzare la gara perfetta”. In vasca nel Nevada scenderanno anche l’ucraino Andrii Govorov, detentore del primato mondiale dei 50 farfalla, e il bulgaro Josif Miladinov, che nel 2020 agli Europei di Budapest vinse l’argento nei 100 farfalla. Il nome più famoso per l’atletica è quello dell’americano Fred Kerley, specialista dei 100 metri, dove ha vinto l’argento a Tokyo nel 2020 e il bronzo a Parigi nel 2024. Ma questi, secondo D’Souza, sono solo nomi civetta. A detta dell’avvocato australiano, sono migliaia gli atleti che lo hanno già contattato e fra di loro ci sarebbero “centinaia di potenziali olimpionici”.
Tornando al nuoto, il colpo più clamoroso D’Souza lo ha fatto con l’adesione del britannico Ben Proud, 30 anni, medaglia d’argento alle Olimpiadi di Parigi nei 50 stile libero, primo atleta del Regno Unito ad annunciare la sua partecipazione agli Enhanced Games. A convincerlo, come ha spiegato in un’intervista alla Bbc, è stata proprio l’impresa “potenziata” di Gkolomeev, che lui aveva battuto a Parigi. L’adesione di Proud è stata condannata duramente da una commissione di atleti, che collaborano con l’Ukad, l’autorità antidoping inglese: “Celebrare imprese sportive compiute grazie al doping è contrario a tutto quello che il mondo dello sport dovrebbe perseguire, in primo luogo essere fonte di ispirazione per la prossima generazione. Questo tipo di competizione spaventerà e demotiverà ogni potenziale atleta, facendogli credere che l’unico modo per avere successo è truffare”. Proud si difende, sostenendo che lo sport tradizionale e gli Enhanced Games “sono due cose affatto diverse” e che lui non vuole sabotare lo sport pulito. Ma insiste sulla motivazione finanziaria: “Dovrei vincere per 13 anni di seguito un titolo mondiale per guadagnare la stessa somma che viene offerta per una sola vittoria agli Enhanced Games”.
Alla notizia dell’impresa dopata di Gkolomeev, la World Aquatics, la Federazione internazionale del nuoto, ha subito preso le contromisure, in nome dell’integrità dello sport, adottando un nuovo regolamento che l’autorizza a mettere al bando ogni atleta, allenatore o medico “che sostiene attivamente ogni evento sportivo o competizione che accetta potenziamenti tecno-scientifici, compreso l’uso di sostanze o metodi proibiti”. Per tutta risposta, D’Souza in agosto ha intentato una causa presso una corte di New York per violazione della legge sulla concorrenza contro World Aquatics e Wada, accusandoli di voler boicottare gli Enhanced Games: “L’elemento centrale del loro totale controllo del mercato è il libro dei record, se non lo hanno più hanno chiuso”.
Uno degli argomenti più controversi è quello della sicurezza e dei rischi per la salute. Secondo D’Souza, gli atleti saranno sempre sotto monitoraggio medico per far sì che l’uso di anabolizzanti e quant’altro rimanga sicuro. “E’ incredibilmente ingenuo pensare che invece non oltrepassino i limiti di ciò che il loro corpo può sopportare per avere un vantaggio sui concorrenti”, dice Alex Hutchinson, autore di numerosi libri sui rischi del doping. Mentre in un comunicato la Wada avverte “è impossibile monitorare tutti gli atleti per problemi medici acuti e cronici che possono derivare dall’uso di sostanze dopanti. L’intero costrutto è un’idea terribile”.
Ma per D’Souza, la carovana è già partita: “Anche se dovessi abbandonare il progetto, il business plan sarebbe già lì. Qualcun altro lo riprenderebbe. Perché dobbiamo accettare i limiti della nostra umanità? Lo scopo del progetto umano è stato sempre di superarli”.
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