LaPresse
L'intervista
Il ritorno di Stefano Baldini alla maratona di New York
L'atleta è tornato a correre da Staten Island a Central Park per l’ottava volta: quattro da professionista con un terzo posto nel 1997 e quattro da ex, l’ultima dieci anni fa. "L’emozione che ti dà stare nella pancia del gruppo è irripetibile. Poi alla mia età non corri più per fare il tempo”
“La vocina chiama dopo i quarant’anni” cosi scriveva quasi vent’anni fa Stefano Baldini nel suo libro “Maratona per tutti”. Tra i 2553 italiani che ieri hanno tagliato il traguardo della Maratona di New York numero quarantanove 1880 non a caso hanno superato proprio quell’età. La teoria insomma è confermata. Ancora una volta l’Italia è la nazione con più atleti in gara, la Francia segue con 2267. New York con 59232 arrivati è tornata a essere la maratona più partecipata, riprendendo il primato che in aprile le aveva soffiato Londra. Stefano Baldini è tornato a correre da Staten Island a Central Park per l’ottava volta: quattro da professionista con un terzo posto nel 97 e quattro da ex, l’ultima giusto dieci anni fa. Sei anni fa aveva celebrato l’oro Olimpico dopo 15 anni correndo ad Atene, da allora non aveva più affrontato la distanza regina del podismo.
“Per la prima volta in vita mia ho corso sopra le tre ore (3.08.48) più meno un ora sopra i tempi che correvo quando ero atleta, ma l’emozione che ti dà stare lì, nella pancia del gruppo, è irripetibile. Poi alla mia età non corri più per fare il tempo”. Ci sono in classifica centodieci italiani che hanno fatto meglio di lui, ma magari qualcuno di questi si è appassionato alle corse di maratona vedendo il suo arrivo solitario nello stadio Panathinaiko il 29 agosto 2004, oppure leggendo il suo libro.
“Per la prima volta sono partito al piano inferiore del Ponte Verrazzano. Ci siamo riuniti agli altri all’ottavo miglio, nel cuore di Brooklyn nel pieno degli intrattenimenti musicali. Grande entusiasmo e clima di festa, che se sei concentrato sulla performance magari non aiuta, ma se corri per divertirti è bellissimo. Io mi sono proprio fatto trascinare dalla folla. La maratona nel gruppo è più bella. Nel 1979 quando sono arrivato terzo, il mio miglior risultato a New York ho corso sempre da solo. Certo il risultato ti ripaga soprattutto quando dopo il trentacinquesimo chilometro superi uno dopo l’altro gli avversari che ti erano davanti”. Ci sono sensazioni che si vivono durante la maratona dei cinque distretti (boroughs) che sono uguali sia che tu corra in testa sia che tu sia nel gruppone: l’allegria di Brooklyn, il silenzio nel quartiere degli ebrei ortodossi, il solo rumore dei passi sul Queensboro Bridge, l’ovazione della folla quando esci e poi gli ultimi 195 metri verso l’arrivo.
Per rimanere nel campo degli ex atleti che tornano a New York una menzione per Laura Fogli che a sessantasei anni ha corso domenica per la ventesima volta in cinque ore quarantatré minuti e quarantatré secondi, nell’89 era arrivata terza in due ore quarantotto minuti e quarantatré secondi. Il migliore italiano all’arrivo quest’anni è stato Daniele Meucci brillante undicesimo a quarant’anni, primo di questa categoria. “Ho fatto il mio miglior tempo sulle strade di New York, circa un minuto e mezzo più veloce del mio record personale qui che risale al 2013. Forse questa è stata la mia ultima maratona” ci ha detto all’arrivo. Prima maratona a New York e ultima della carriera anche per Eliud Kipchoge, il più grande maratoneta di tutti i tempi con due ori olimpici, undici vittorie nelle maratone più importanti, le six majors, detentore della migliore prestazione mondiale dal 2018 al 2023. L’unico essere umano che in un evento speciale, e non omologabile, ha corso i quarantadue chilometri e cento novanta cinque metri sotto le due ore. Anni quarantuno. Domenica è arrivato diciassettesimo. Il coetaneo Meucci ha fatto meglio. “Io non l’ho mai battuto, complimenti a Daniele” ha commentato Stefano Baldini, “Meucci è stato bravo a mantenere la motivazione fino a più di quarant’anni. Io a fine carriera ero stanco. Certo che oggi con quelle scarpe avremmo fatto bei tempi anche noi, ne parlavo giusto alla vigilia con Giacomo Leone che nel 1996 ha vinto qui a New York. Su Kipchoge che a ventidue anni ha vinto il primo oro mondiale nei cinquemila, bisognerebbe fare degli studi fisiologici. Forse ci sono degli spunti anche per allungare la vita delle persone comuni”
Per la cronaca gli atleti keniani hanno dominato si in campo maschile che femminile. Gare avvincenti con una giornata del clima perfetto. Due triplette con Kipruto che è riuscito a resistere al tardivo ritorno di Mutiso per appena tre decimi di secondo: un margine infinitesimale, il più risicato della storia, terzo Korir. Tra le donne vittoria con record della maratona di New York in due ore, diciannove minuti e cinquantuno secondi, per Hellen Obiri che replica il successo di due anni fa. Battute le connazionali Lokedi e Chepkirui. Stefano Baldini oggi fa l’allenatore, ha svariati giovani nella sua scuderia. Viene naturale domandargli se la maratona azzurra ha un futuro? “Non dimentichiamo che abbiamo un bronzo mondiale con Aulani, poi ci sono Crippa e Chiappinelli. Anche Pietro Riva è da tenere d’occhio. I nostri magari non vanno forte come gli africani, ma noi siamo geniali nelle gare tattiche. Sicuramente potremo toglierci delle soddisfazioni”.
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