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Il foglio sportivo

Non sono solo i Giochi di Milano-Cortina. Intervista ad Andrea Varnier

Umberto Zapelloni

“L’eredità dell’Olimpiade sarà di far capire quanto ci può migliorare lo sport, avere gettato questo seme e vederlo germogliare sarebbe la cosa più bella”, ci dice l’amministratore delegato di Milano-Cortina 2026 a meno di 100 giorni dall'inizio delle Olimpiadi

"Oggi sentiamo più pressione di ieri e meno di domani, è l’effetto che fa essere ormai a meno di 100 giorni dal via”. Andrea Varnier, l’amministratore delegato di Milano-Cortina, non si lascia impressionare dal conto alla rovescia. Lo aveva già vissuto a Torino, vent’anni fa, anche se allora si occupava solo della Cerimonia. “A questo punto eravamo già installati allo stadio per lavorare all’inaugurazione, cosa che qui non possiamo fare. È difficile fare un paragone, ma posso dire che siamo più o meno dove mi auguravo di essere anche se non posso nascondere che i lavori per l’Arena di Santa Giulia sono un po’ in ritardo e abbiamo dovuto rimandare da dicembre a gennaio il test event. Però anche questo ha i suoi lati positivi perché allora saranno pronte anche le infrastrutture attorno all’impianto e non dovremo più cambiare totalmente il ghiaccio prima dei Giochi”.

Vedere il lato positivo anche nella negatività è una dote preziosa quando sai che tra meno di cento giorni il mondo sarà lì a guardarti. Il Coni si affida a un numero preciso per dire se i Giochi sono un successo oppure no. Il presidente Buonfiglio se ne augura 19, due più di Pechino, le previsioni ce ne attribuiscono 18. Comunque il parametro è quello. Per chi organizza i Giochi olimpici, invece, entrano in campo altri fattori: “I risultati della squadra di casa non sono indifferenti per dire se i Giochi sono stati un successo. Però per noi ci sono anche tante altre variabili: la soddisfazione degli atleti, non solo italiani, che devono trovare le condizioni ideali per gareggiare; l’atmosfera giusta, l’atmosfera olimpica che in Olimpiadi diffuse come le nostre è forse più complicata da raggiungere. Poi naturalmente dobbiamo generare visibilità, business, turismo”.

Gli sponsor aumentano al ritmo di un paio a settimana, ci sono tanti grandi marchi nazionali, ma resta un po’ d’amaro in bocca per qualcuno che non ha voluto salire sulla carrozza Olimpica perdendo un’occasione che passa una volta ogni vent’anni (se va bene). I volontari sono più di 130 mila, molti di più del previsto (“All’inizio Sinner ci ha aiutati, ma chi ci ha fatto la domanda negli ultimi mesi credo neppure si ricordasse che lui era stato il testimonial”). I biglietti alla fine verranno venduti tutti o quasi (“la domanda è alta”). Il conto economico finale parla ancora di un bilancio in parità a fine Giochi (“abbiamo l’obbligo di chiudere in pareggio e stiamo monitorando la situazione perché certi ritardi complicano le cose”). Al momento, insomma, non ci sono segnali allarmanti. La tanto chiacchierata e criticata pista del bob di Cortina è già in attività e potrebbe pure diventare un esempio: “È raffreddata con glicole anziché ammoniaca e il calore recuperato servirà a riscaldare un quartiere di Cortina”. I Giochi 2026 non dovrebbero lasciare gli scheletri di Torino (la pista del bob e il trampolino): “Questo è sicuro perché abbiamo riqualificato impianti già esistenti e a Milano lasceremo in eredità un’arena che non c’era e il villaggio olimpico per gli studenti”.


Il sorriso di Varnier si allarga ulteriormente quando legge l’ultimo sondaggio che gli è stato sottoposto da uno dei partner storici del Cio: “Uno studio di Visa, condotto in collaborazione con Ipsos , ci racconta che quasi l’80 per cento dei residenti nei territori interessati ha dichiarato interesse per i Giochi e la stragrande maggioranza degli intervistati, oltre il 90 per cento, si attende ricadute positive sul territorio. Sono dati straordinari”. Dati che alzano il senso di responsabilità. “A Cortina, Livigno, Anterselva  e nelle altre sedi già si respira l’aria olimpica, a Milano dovremo aspettare, ma è normale. Ma già a Natale quando verranno attivate le installazioni di alcuni partner si comincerà a respirare un po’ di spirito olimpico. La nostra grande sfida è questa, far sentire lo spirito olimpico a tutti. Sono sicuro che la città di Milano reagirà come ha reagito sempre ai grandi eventi e il fatto che Casa Italia (a Milano sarà alla Triennale) sarà aperta al pubblico è certamente una gran bella idea”. 


Milano-Cortina ha un’ambizione particolare, vuole diventare un modello di riferimento per il futuro: “Il mondo ci guarderà anche per questo, cominciando dalla cerimonia inaugurale che vedrà sfilare insieme le squadre a Milano e a Cortina. Un modello che credo rivedremo in altri Giochi invernali, ma magari anche estivi. Volevamo coinvolgere tutti gli atleti e così ce la faremo. Ormai siamo abituati a vedere due schermi in contemporanea a sovrapporre due cose. La tecnologia oggi ce lo consente. È una complicazione in più, ma lo dovevamo fare per gli atleti che restano il centro dei Giochi”. Il tormentone a meno di cento giorni dal via è sintetizzabile in una domanda: “Che cosa resterà di Milano-Cortina?”. Varnier non ha dubbi: “Mi auguro che rimanga prima di tutto un bel ricordo e che tutti come accadde a Torino possano dire ‘sono stati dei bei Giochi. Ma questo forse è più un desiderio personale. Poi rimarrà molto sul piano delle infrastrutture. E io mi auguro che il lavoro fatto in questi anni nelle scuole, nelle università, tra i ragazzi, possa trasmettere lo spirito olimpico e il messaggio che lo sport è una delle leve per migliorare la società umana nel senso più ampio del termine… Avere gettato questo seme e vederlo germogliare sarebbe la cosa più bella”.

Oltre a dimostrare una volta di più che quando l’Italia si mette in testa di organizzare qualcosa, poi riesce a farlo bene, spesso anche meglio degli altri. Il presidente del Coni Buonfiglio ha detto che è come essere alla prima della Scala dove prima che si alzi il sipario tutto sembra in alto mare, poi arriva la meraviglia. “Noi andremo avanti a stringere bulloni fino alla cerimonia inaugurale e anche nei giorni successivi, l'importante è che in scena non si veda”.

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