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il foglio sportivo

Morello prende a pugni l'ignoranza

Fausto Narducci

Il pugile difende la sua passione: “Purtroppo per troppo tempo si è associato il mondo del pugilato al discorso dell’ignoranza. U fondamento di base c’è, perché è vero che molti pugili provengono da condizioni sociali abbastanza al limite, ma la situazione sta cambiando

Undici gradini come quelli di una scala che deve riportare in alto il pugilato. Il progetto “The Art of Fighting” di Edoardo Germani, che era partito con 4 pugili e oggi ne conta 19, sabato 8 novembre metterà in scena sul più prestigioso ring di Milano all’Allianz Arena il capitolo numero 11 e guardandosi indietro si capisce che di strada ne è stata fatta. Basti pensare al sold out del parterre ottenuto a pochi giorni dalla messa in vendita dei biglietti, alla valorizzazione di Tricolori e titoli continentali minori (per gli Europei assoluti in Italia non siamo ancora attrezzati), ma soprattutto dallo spessore, oseremmo dire culturale, dei protagonisti.
Avevamo imparato a conoscere Johathan Kogasso, congolese ormai a un passo dalla naturalizzazione che, dopo aver rinunciato al tricolore dei Massimi leggeri, ha usato il linguaggio dei libri di cui si occupa alla biblioteca di Pavia per raccontare i suoi sogni: “Ho tre chiavi per entrare in Paradiso: con la prima contro il prossimo avversario, il francese Brandon Deslauriers, detto il Bombardiere Gitano, aprirò il cancello; con la seconda, se arriverà la cittadinanza italiana, dopo un altro match di rodaggio, punterò all’Europeo Silver e poi Gold; con la terza, comunque vada, inseguirò il Mondiale”.


Ma Dario Morello, che sabato nel clou della riunione si giocherà l’Europeo Silver vacante dei medi contro lo svizzero di origine albanese Faton Vukshinaj, sarebbe addirittura in grado di scrivere da solo questo articolo visto che come ghost writer di siti web è stato uno dei primi a occuparsi di codifica Seo per migliorare il posizionamento nei risultati di ricerca e dopo la boxe sogna di fare il giornalista. “Purtroppo per troppo tempo si è associato il mondo del pugilato al discorso dell’ignoranza. Dico la verità, come tutti i luoghi comuni, un fondamento di base c’è, perché è vero che molti pugili provengono da condizioni sociali abbastanza al limite, ma la situazione sta cambiando. Io, per esempio, provengo da una famiglia calabrese in cui mio padre, che mi ha avviato al pugilato, svolgeva la professione di veterinario e prima di trasferirmi a Bergamo ho frequentato l’Università di giurisprudenza in un progetto riservato ai gruppi militari. Poi ho cambiato strada iscrivendomi a una università americana online di scienze motorie. Ma sono andato sempre bene negli studi grazie alle mie doti mnemoniche”.
Ma c’è un altro episodio con cui dovrebbe cominciare la sua autobiografia.


“Una sera a Cosenza, quando a 19 anni stavo rientrando dall’Università, ho visto una ragazza con l’hijab, quindi credo musulmana, aggredita da uno straniero. Facevo già pugilato e ho pensato che per un pugile c’era un rischio penale ad intervenire, ma ha vinto la mia coscienza: ho ammaccato di botte l’aggressore, la ragazza non mi ha neanche ringraziato e per fortuna nessuno mi ha riconosciuto”. Una nuova dimensione di “pugile consapevole” in cui è diventato anche manager di sé stesso, cosa rara in Italia. “È stata più che altro una necessità. Purtroppo nel pugilato italiano quando si compie un passo sbagliato chi ti gestisce non ti aiuta a riprenderti. A me è successo dopo la mia unica, ma giusta sconfitta contro il sudafricano Luther Clay nel 2019 a Firenze. Ero arrivato al numero 14 dei welter e ho fallito l’assalto al titolo Global Wbo che doveva aprirmi la strada verso il Mondiale. Non c’era un programma alternativo e sono stato lasciato lì ad aspettare per un anno. Ho pensato seriamente al ritiro, poi mi sono arrangiato da solo e ho venduto il ponte sullo Stretto prima che fosse progettato. Ho promosso me stesso da solo e oggi per fortuna ho trovato con la Taf un nuovo gruppo manageriale a cui affidarmi. Naturalmente il mio contratto è molto libero”. A quale grande pugile si è ispirato? Chi è il suo idolo?


Dei grandi pugili mi interessa la complessità umana e psicologica. Paradossalmente il mitico Muhammad Ali è ricordato più per quello che ha fatto fuori dal ring che sul ring. Sembra una bestemmia, ma ci sono stati pugili più bravi di lui. Io mi sono ispirato a Floyd Mayweather, detto Money, soprattutto quando a un certo punto della mia carriera mi vedevo passare davanti pugili che valevano meno di me sul ring e ho dovuto organizzarmi i miei incontri da solo”. Fuori dal ring Morello è diventato famoso dal 2024 come il compagno di Serena Brancale, cantante rivelazione dell’ultimo Sanremo. Lo special guest della riunione sarà il rapper Artie 5ive, ma ci sarà anche lei a bordo ring sabato? “Assolutamente sì. Non è tanto per la quale perché soffre terribilmente. Ma io per sdrammatizzare le dico sempre ‘sul ring si può anche morire e se sono così fortunato da prendere il numerino voglio che tu sia lì a vedermi’. Ma non succede, io i cazzotti so evitarli. Non è che scappo ma non mi faccio prendere. Poi a 32 anni potrò puntare all’Europeo Gold a cui dà l’accesso la corona Silver. Non mi sono mai allenato così bene, ma in palestra ho bisogno di stimoli perché altrimenti me ne starei a mangiare patatine e a giocare a biliardo in una sala giochi”. O a scrivere la sua autobiografia.

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