Un'immagine della partita tra la squadra egiziana Al-Ahly e quella sudanese Al Hilal Omdurman nella Caf Champions League 2023-2024 (foto Ap, via LaPresse)

Perché il Ruanda ha deciso di ospitare nel suo campionato calcistico tre club del Sudan

Francesco Caremani

La guerra civile nel paese che si affaccia sul Mar Rosso ha reso impossibile disputare il torneo calcistico. E così la Rwanda Premier League ha deciso di dare la possibilità alle tre squadre più forte sudanesi di continuare a giocare. Non c'è solo solidarietà calcistica dietro a questo invito

All’alba di una stagione irriconoscibile, la federcalcio del Ruanda ha aperto le porte a tre club sudanesi – Al Hilal Omdurman, Al-Merrikh e Al Ahli Wad Madani – ammettendoli alla Rwanda Premier League 2025-26. È una decisione straordinaria, figlia di una guerra civile che dal 2023 ha svuotato stadi, spezzato carriere e trasformato i campi in luoghi di sepoltura. L’ingresso resta subordinato al via libera della Caf (Confédération Africaine de Football), ma Kigali ha già dato il suo sì politico e sportivo e si prepara a ricalibrare il calendario dopo quattro giornate già disputate.

Non è la prima fuga: la scorsa stagione Al Hilal e Al-Merrikh hanno giocato in Mauritania, mantenendo viva la struttura dei club e la competitività della rosa, pur senza titolo ufficiale. L’esilio ha garantito minuti, stipendi e continuità tecnica; il ritorno temporaneo in patria, nell’estate 2025, è servito solo per un mini torneo federale che assegnasse i posti per le coppe. Ora il passo successivo porta 2.500 chilometri più a sud, in Ruanda.

Al Hilal e Al-Merrikh non sono due nomi qualunque: insieme hanno vinto 50 degli ultimi 54 campionati sudanesi e incarnano il derby per antonomasia dell’Africa nordorientale. Al Hilal ha una dimensione continentale consolidata, una struttura presidenziale forte e un management capace di tenere in piedi la macchina anche in esilio. Il presidente Hesham Hassan Al-Subat, imprenditore dell’energia e della logistica, è il perno finanziario dell’ultimo ciclo. Dall’altra parte, Al-Merrikh – “Al-Zaeem”, il Capo – ha storia e seguito, ed è guidato da Mujahed Sahl. Al Ahli Wad Madani, due volte vicecampione nazionale e una Coppa del Sudan in bacheca, è la terza gamba del triangolo in esilio.

Kigali offre stadi a norma Caf, sicurezza, collegamenti aerei e un contesto amministrativo capace di ‘ospitare’ tre club stranieri senza far collassare il torneo. Siamo nella stessa zona Cecafa, dove circolano da anni squadre, arbitri e competizioni comuni: muoversi dentro questa regione attenua burocrazia e costi.

Il Ruanda, inoltre, usa lo sport come vetrina e leva diplomatica da oltre un decennio: dagli accordi “Visit Rwanda” con Arsenal e Psg fino al più recente – ridimensionato – rapporto con il Bayern Monaco. Accogliere club ‘apolidi’ in cerca di casa consolida il brand di paese “hub” sportivo dell’Africa, malgrado le polemiche esterne – in particolare dalla Repubblica democratica del Congo – sullo sportwashing.

La Premier League ruandese, dominata negli ultimi anni dall’Apr, guadagna visibilità, diritti, pubblico e – non secondario – test competitivi per alzare l’asticella a ridosso delle coppe continentali. Per i tre club sudanesi è ossigeno: partite regolari, contratti che restano vivi, percorso Caf non interrotto.

Al-Subat per Al Hilal porta in dote un conglomerato nell’oil&logistics capace di reggere la delocalizzazione: viaggi, salari, servizi medici e psicologici. Al-Merrikh, con Mujahed Sahl alla guida, ha scelto la via dell’“attraversare la tempesta”, evitando vendite di emergenza e puntando sulla continuità tecnica. Al Ahli Wad Madani si muove con risorse più leggere, ma la vetrina ruandese è fondamentale per rimanere nel circuito professionistico e valorizzare un bacino storico (Gezira).

Da Nouakchott ad Atbara e Ad-Damer, fino a Kigali: quattro città e tre modi di giocare in guerra. In Mauritania, l’esilio “lungo” per respirare normalità; in Sudan, la mini lega estiva per assegnare i posti nelle coppe, lontano da Khartoum; in Ruanda, un campionato vero, con pubblico e diritti tv. Per i tifosi sudanesi della diaspora, Kigali è raggiungibile, sicura e relativamente economica, e così l’esilio si fa curva.

Il risultato potrebbe essere un laboratorio unico: una lega dell’Africa orientale che si internazionalizza “per necessità”, tre big che salvano la propria filiera sportiva e un paese che prova a trasformare la solidarietà calcistica in reputazione durevole.

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