Steph Curry (foto Ap, via LaPresse)

i dati

Il calcio perde l'egemonia dell'immaginario sportivo. Come cambia l'economia dell'immagine nello sport

Francesco Caremani

Steph Curry come atleta più “vendibile” del pianeta secondo il Total Marketability Score di SportsPro. Cristiano Ronaldo, quinto, è il primo calciatore

C’è un mondo, nello sport globale, in cui Kylian Mbappé non è in cima alla classifica. E non perché non segni abbastanza o non venda maglie, ma perché è meno “commerciabile” di una ragazza brasiliana di 17 anni che fa skate. Lo dice SportsPro, che ogni anno stila la lista dei 50 atleti più appetibili per i brand: quelli che sanno parlare al pubblico, oltre che vincere. Nel 2025, Rayssa Leal – medaglia olimpica, volto sorridente della Gen Z e testimonial dell’Amazzonia – è dodicesima. Mbappé è tredicesimo.

Può sembrare un paradosso: da un lato il simbolo del calcio moderno, un campione planetario con 126 milioni di follower su Instagram; dall’altro, una ragazza che posta video su TikTok e promuove cause ambientali. Eppure i numeri parlano chiaro. Leal batte Mbappé su tre dei quattro indicatori qualitativi usati da SportsPro: autenticità, valori dichiarati e impatto ambientale percepito (ROO, return on objectives). È più seguita dove conta oggi – TikTok e YouTube – con tassi di engagement rispettivamente dell’11,68 e del 9,17 per cento, contro il 5,69 di Mbappé su YouTube e lo zero assoluto su TikTok, piattaforma dove il francese è assente.

Il modello statistico, messo a punto da NorthStar Solutions Group, misura 1.001 atleti di 174 sport secondo tre grandi pilastri: forza del brand (35 punti), mercato potenziale (35) ed economia (30). Da qui nasce il Total Marketability Score, che quest’anno incorona Steph Curry come atleta più “vendibile” del pianeta, davanti a Carlos Alcaraz e a Rayssa Leal, la prima teenager del ranking. Il calcio resta centrale, ma perde la sua egemonia: Cristiano Ronaldo è ancora quinto, ma per la prima volta non guida la categoria. Lamine Yamal, prodigio del Barcellona, è solo 23°, ma cresce.

Il dato più interessante, però, non è la posizione dei singoli. È la trasformazione del concetto stesso di notorietà sportiva. Conta sempre meno l’esposizione mediatica tradizionale e sempre più la capacità di incarnare un messaggio, di essere “relatable”. Curry, quarant’anni e nessuno scandalo, supera Caitlin Clark, la nuova star del basket femminile, perché è percepito come più positivo: il suo “net sentiment” sui social è del 96 per cento, contro il 67 della rivale. Alcaraz batte Sinner non per i titoli, ma per la varietà e la parità di genere del suo pubblico. Charles Leclerc supera Verstappen perché sorride di più su Instagram.

In questa nuova economia dell’immagine, il talento non basta. Servono cause, ironia, imperfezione, autenticità. Mbappé, che gioca nel tempio globale del calcio e raramente mostra sé stesso fuori dal campo, paga una distanza emotiva. Rayssa Leal, che mixa trick di skate e messaggi per la foresta amazzonica, no. Perché i brand – e chi li guarda – cercano oggi un racconto più che un palmarès. E in questo racconto, la 17enne di Imperatriz vale, almeno per ora, più di un campione del mondo.

Il paradosso di Leal e Mbappé racconta una mutazione profonda: l’eroe sportivo del XXI secolo non è più solo colui che domina, ma chi riesce a farsi percepire come umano, vulnerabile, vicino. L’autenticità è diventata moneta di scambio, e la credibilità online vale più dei trofei. Non basta più essere il migliore: bisogna essere credibili, sostenibili, “narrabili”.

Di più su questi argomenti: