L'allenatore della Juventus, Igor Tudor (foto LaPresse)

tra Serie A e Champions League

Le difficoltà della Juventus di Igor Tudor e quell'amore liquido che lo vorrebbe allontanare

Davide Ferrari

Se fino a poche settimane fa il croato veniva incensato per il suo coraggio e per la vittoria all’ultimo respiro nel derby d’Italia, oggi è bersaglio di una tifoseria che non perdona, che cambia umore con la stessa rapidità con cui si scrolla un feed social

La Juventus inciampa clamorosamente contro il Como, sconfitta 2-0 in un mezzogiorno di fuoco. Il gol lampo di Kempf e il lampo di genio di Nico Paz hanno messo fine a ogni illusione di solidità. Più della sconfitta a far impressione è il repentino cambio di umore attorno a Igor Tudor: l’allenatore arrivato da Spalato a Torino nottetempo in macchina e che fino a ieri veniva celebrato come il restauratore dell’identità bianconera, oggi è visto quasi come un ostacolo da rimuovere.

Un ribaltamento che sorprende fino a un certo punto se letto attraverso la lente di Zygmunt Bauman. In "Amore liquido", il sociologo e filosofo polacco propone un ulteriore approfondimento della sua teoria postmoderna sulla nostra società liquida caratterizzata da incertezza e cambiamenti frenetici, da legami fragili quanto le ginocchia di Bremer, soggetti a continua revisione. Del resto “le relazioni sono diventate connessioni dove la durata non è più un valore, ma un rischio”. L’amore – e, per estensione, la fedeltà sportiva – non è più un impegno duraturo, ma una connessione che si mantiene finché soddisfa, finché in qualche modo funziona.

Il rapporto tra tifosi e allenatore sembra riflettere questa logica: Tudor è stato “connesso” alla Juve finché ha prodotto entusiasmo. Se fino a poche settimane fa il croato veniva incensato per il suo coraggio e per la vittoria all’ultimo respiro nel derby d’Italia, oggi è bersaglio di una tifoseria che non perdona, che cambia umore con la stessa rapidità con cui si scrolla un feed social. D’altronde “non c’è che un tenue confine tra una morbida e gentile carezza e una morsa d’acciaio inesorabile”.

Se un allenatore non ottiene i risultati attesi immediatamente – non importa il progetto, non importa il contesto – si cerca subito un altro nome, un’altra speranza. Non c’è spazio per la pazienza, né per la costruzione. “La paura di essere legati è la paura di perdere la libertà di scegliere”, scrive Bauman. E allora, come è successo l’anno scorso, via Tudor e scegliamone un altro. C’è chi invoca Spalletti, chi Klopp o il nome di qualcun altro, a patto che sia abbastanza altisonante da portare con sé l’illusione di una rivoluzione immediata e vittorie continue. Ma, ormai l’abbiamo capito, i maghi non esistono. Così ogni legame diventa provvisorio, ogni fiducia condizionata. “Non è nella brama di cose pronte per l’uso, belle e finite, che l’amore trova il proprio significato, ma nello stimolo a partecipare al divenire di tali cose”. E come si fa a parlare di amore allora se a metà ottobre, dopo la prima sconfitta stagionale, siamo già qui a invocare altri cambiamenti? 

Ci si lamenta continuamente del calcio di oggi, dei giocatori strapagati, dei prezzi degli abbonamenti e dei contratti tv, del fatto che si vadano a giocare le partite di campionati nazionali dall’altra parte del mondo, della passione che lascia sempre più spazio al profitto insomma.

Il calcio però, come la politica e come tante altre cose, è una manifestazione umana e ha interiorizzato questa liquidità perché, chi più chi meno, siamo noi ad averla interiorizzata. I tifosi, come le società, non hanno tempo per l’attesa, né per investire, anche emotivamente, in un progetto che potrebbe fallire. Preferiscono “relazioni a basso investimento”, come le definisce Bauman, dove il coinvolgimento è minimo e la possibilità di uscita è massima. Tudor non è più l’uomo giusto non perché abbia fallito – una sconfitta sarebbe fisiologicamente arrivata prima o poi – ma perché non ha vinto subito.

La Juve, che non vince da settimane, si ritrova ora in una tempesta emotiva. I social amplificano il malcontento, i media lo legittimano, la squadra lo subisce e la dirigenza… beh… della dirigenza è meglio non dire niente. Bauman ci avverte: “La società liquida moderna è una società di consumatori, non di produttori. E anche le relazioni sono consumate, non costruite.” Tudor è stato consumato. Il punto è che in questo scenario, la Juventus non ha solo perso una partita, sembra aver smarrito un pezzo importante di sé, vittima di amori che non sanno più essere continui, solidi, che si liquefanno davanti al primo ostacolo e si dissolvono senza lasciare traccia. Non c’è neanche più il tempo di affezionarsi, figuriamoci di amare!

Stasera si gioca a Madrid contro il Real, che di liquido ha solo l’acqua nelle borracce. Nell’aria c’è l’idea che questa gara e quella contro la Lazio potrebbero essere decisive per Tudor. In una settimana l’amore per lui, da liquido potrebbe diventare evaporato. Al di là dei risultati, questa vicenda racconta qualcosa di più profondo: non riusciamo ad accettare che “l’amore è un mutuo ipotecario su un futuro incerto e imperscrutabile”. Nel calcio, come nella vita, si preferisce restare emotivamente svincolati, pronti a cambiare bandiera al primo vento contrario. A furia di cambiare però, bisogna iniziare ogni volta da capo. E di questo passo, anche la passione più radicata e profonda si fa liquida. E alla fine scivola via.

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