
Asia Damato, gemella di Alice, campionessa olimpica alla trave torna in pedana dopo tre infortuni (Foto Getty Images)
Il foglio sportivo
Il ritorno da fata di Asia D'Amato
Dopo il calvario, la ginnasta sarà la veterana della spedizione italiana ai Campionati del mondo di artistica di Giacarta. “Io e Alice sogniamo Los Angeles.. Dopo il suo oro a Parigi, c’è chi mi chiamava la sorella di”
Si gioca tutto sul filo dell’equilibrio. Non solo quello necessario per brillare in pedana, grazia e maestria dei movimenti. Ma soprattutto la millimetrica differenza aerodinamica tra un salto d’uscita perfetto e un altro che perfetto sembra, eppure si porta appresso un grave infortunio. Caviglia, ginocchio, ginocchio. Per Asia D’Amato è successo tre volte – per altrettante operazioni chirurgiche – in meno di due anni. “La terza, a tre mesi dalle Olimpiadi, è stata come se mi fosse crollato il mondo addosso”, racconta la ginnasta azzurra. “La mia prima intenzione era di smettere: il mio fisico mi stava comunicando qualcosa. Poi vedere le mie compagne a Parigi mi ha dato quello stimolo in più, quelle emozioni che voglio ancora provare: la mia carriera non può finire così, mi dicevo. Dovevo farlo per me stessa. Quindi mi sono rimessa sotto, e passo dopo passo sono riuscita a tornare”. Oggi, al primo grande torneo dopo il calvario: i Campionati del mondo di artistica che si terranno a Giacarta dal 19 al 25 ottobre. Dove Asia sarà la veterana della spedizione italiana.
Sembra passata una vita dall’ultima volta. E un’èra sportiva anche per l’intero movimento, nel frattempo arricchito dallo straordinario exploit ai Giochi. “Nonostante mi trovassi in fondo al campo gara – ricorda D’Amato al Foglio sportivo – è stata comunque una grandissima felicità vedere la squadra salire sul podio”, per un argento a cinque cerchi che mancava dal 1928. “Era da tanto che lavoravamo per quel traguardo, ce lo siamo meritato per tutti i nostri sforzi”. Ma l’incredibile doveva ancora accadere. “Ho seguito le qualifiche e la finale insieme alle ragazze. Poi sono tornata a casa per continuare la mia riabilitazione: mai e poi mai mi sarei aspettata una cosa del genere”.
La sorella Alice che conquista l’oro alla trave, con il bronzo di Manila Esposito a completare una giornata storica: nessuna ginnasta italiana, in qualunque disciplina, si era mai laureata campionessa olimpica. “Quando è successo ero per strada insieme a nostra mamma, gli occhi fissi sul telefonino”. Immaginatevi la scena. Appena viene rivelato il punteggio, le due donne scoppiano a urlare. Allora la gente attorno a loro le ferma, un po’ spaventata: “Scusate, tutto a posto?”. Era come se Alice avesse sfondato lo schermo. “Cosa le avevo detto prima della gara? Di stare tranquilla: tutto quello che doveva fare l’aveva fatto. Era il momento di godersela e basta”.
Un risultato ancora più eccezionale se si pensa al retroscena. Tra le due gemelle omozigote, da sempre legatissime, Asia è sempre stata quella caratterialmente più solida e determinata. Nel 2021 ai Mondiali di Kitakyushu era diventata la prima italiana a vincere l’argento nel volteggio. Alice invece per lungo tempo ha faticato a credere in sé stessa. E la trave è l’attrezzo meno congeniale al suo repertorio: quel trionfo è stato anche la riscossa dell’insicurezza e dell’umana fragilità. Ha influito pure sul vostro rapporto personale? “L’ha saldato ancora di più. Prima delle Olimpiadi c’erano state diverse incomprensioni, che ci avevano portato a litigare spesso”, ammette Asia. “Il post invece è stato un periodo complicato per entrambe: io dovevo rimettermi in sesto, lei s’è ritrovata addosso tutto il peso mediatico. Da lì siamo ripartite più forti, unite nelle difficoltà, supportandoci a vicenda”. A questo punto le facciamo una domanda che per quanto inevitabile ci sembrava un po’ telefonata: dopo quell’oro, ti sei mai sentita la sorella di? “Inizialmente è stato così”, risponde (si spera sempre che la realtà sia migliore dei cliché, ma purtroppo ci sbagliavamo).
“Più che nel nostro ambiente, dove comunque ci si conosce, l’ho percepito nel mondo di fuori. Di per sé non ci sono rimasta male, però certi episodi mi hanno fatto capire come stanno le cose: per la maggior parte degli sport la gente guarda solo le Olimpiadi, e non quello che c’è prima o attorno. Così succede che un atleta viene identificato soltanto per il risultato che ha fatto”. Condanna svilente. “Una volta in vacanza, mentre si facevano le foto con Alice, mi hanno chiesto addirittura se io facessi ginnastica. Frasi del tipo: “Tu non segui le orme di tua sorella?” Mi hanno fatto abbastanza impressione. Oltre i Giochi c’è il buio”.
Come si fa a uscirne, a conferire alla ginnastica una dignità e una riconoscibilità che prescindano dal suo appuntamento più prestigioso? “Serve un grande lavoro di squadra, per trasmettere a sempre più persone cosa proviamo in pedana. Perché le sensazioni che dà l’artistica sono indescrivibili, contano più di qualunque immagine: come movimento abbiamo davvero ampi margini di crescita”. La prima occasione sarà finalmente a questi Mondiali. “Dovevo salire sull’aereo per crederci”, sorride la 23enne genovese. “Respirare l’aria di un evento del genere mi dà la dimensione di tutto ciò che mi sono lasciata alle spalle: è stata una strada in salita, non mi sono arresa, ci ho creduto e sono tornata. Non dico in forma come prima, ma intanto a stare bene. Che è la cosa più importante”. A Giacarta non ci saranno invece la sorella Alice e Manila Esposito, non al top della forma: anche per questo Enrico Casella, direttore tecnico della Nazionale, ha scelto di portare tre esordienti assolute – Chiara Barzasi, Emma Fioravanti e Giulia Perotti – per aumentare il livello di esperienza e allargare la rosa delle atlete.
Una classe 2007 e due 2009: per loro Asia è un idolo. La grande che gareggiò Tokyo. E che ora punta dritto a Los Angeles. “È sicuramente il motivo per cui mi sono rimessa al lavoro. Ed è un po’ il sogno di tutti, anche se in mezzo ci sono tante altre tappe (dopo Giacarta, la prossima sarà il Gran Prix di ginnastica a Reggio Emilia il 25 novembre, ndr). Voglio prenderla step by step per arrivare pronta all’obiettivo. E ci tengo a dire ai giovani, magari alle prese con un infortunio, di non arrendersi di fronte alle difficoltà. Non sempre quando tutto va bene si impara: è dai momenti neri che anzi puoi crescere ancora di più. Arrivando a capire che in primis bisogna ascoltarsi, il corpo e la mente insieme”.
Si devono allineare i pianeti, per vedere le gemelle D’Amato esultare insieme alle Olimpiadi: sanno entrambe che Los Angeles 2028 è la chance da non mancare. Aspettandosi l’un l’altra, in simbiosi fino alla pelle. “Ma questa fata – Asia si indica il tatuaggio sul braccio – ce la siamo fatta assieme ad altre tre compagne di squadra: sin da piccoline ci chiamavano così”. Il prossimo? “Sarà quello dedicato a papà, il nostro fan numero uno. È un peccato che si sia perso parecchie cose negli ultimi tre anni: lo porteremo sempre nel cuore. E cerchiamo di farlo venire con noi ovunque andiamo”. Soprattutto in pedana, fino all’ultimo volteggio.