L'Imoco Conegliano festeggia la vittoria dell'ultimo scudetto (foto Ansa)

sotto rete

Come l'Italia del volley femminile è arrivata in cima al mondo

Andrea Romano

Poco meno di vent’anni fa il movimento era finito nell’ombra. La visibilità era minima. E non c’erano televisioni disposte a trasmettere le partite. Senza misure appropriate però i club italiani rischiano di perdere quanto conquistato finora. “Defiscalizzare le sponsorizzazioni diventa vitale". Parla Mauro Fabris

La lista dei successi ottenuti negli ultimi anni è pressoché sterminata. Tanto a livello di club quanto di Nazionali. Perché a suon di trofei l’Italia si è guadagnata il titolo di superpotenza del volley mondiale. E per rendersene conto basta guardare al match che si giocherà domani pomeriggio (ore 17.30) a Trieste. Le campionesse di tutto di Conegliano affronteranno Milano, ossia la squadra che negli ultimi anni ha provato a infrangere l’egemonia veneta, per conquistare la Supercoppa femminile. Tutto in un match che secondo Mauro Fabris, presidente della Lega Pallavolo Femminile ormai dal 2006, rappresenta la perfetta fotografia del momento che sta vivendo il volley tricolore. “In qualche modo si tratta di un derby d’Italia, di una sfida che mette di fronte l’eccellenza dell’eccellenza – spiega Fabris – Il nostro movimento è consolidato e affermato. Delle quattro semifinaliste dell’ultima Champions League femminile, tre erano italiane. La finale è stata fra Conegliano e Scandicci. Ma tutto il vertice della nostra pallavolo è piuttosto abitato: Novara, Scandicci e Chieri sono sempre lì. Ormai le italiane vincono tutte le coppe europee con regolarità da due anni”.

   

Eppure, non è stato sempre così. Poco meno di vent’anni fa il movimento era finito nell’ombra. La visibilità era minima. E non c’erano televisioni disposte a trasmettere le partite. “Siamo cresciuti con regolarità – dice Fabris – perché abbiamo saputo ripulire la Lega che a inizio millennio non era molto trasparente. Esistevano le doppie, le triple fatturazioni. C’erano club che vincevano il campionato e poi sparivano cambiando partita iva. Come si potevano attrarre investitori privati in una situazione così opaca?”.

 

Serviva un cambio di rotta. Così è stata introdotta la penalizzazione sportiva per chi non pagava le atlete. E circa quaranta società non si sono più potute iscrivere. Ora la situazione è molto diversa. Sono nati nuovi club che prima non esistevano. Anche le figure dei presidenti sono cambiate. “Siamo riusciti ad attrarre nuovi investitori e i club non sono retti da mecenati, ma da imprenditori che investono perché hanno un ritorno di immagine – prosegue Fabris – A Conegliano hanno trecento sponsor. Anzi, sponsorizzare una squadra femminile è diventato uno status sociale. I club possono contare sui biglietti riservati per i loro ospiti in palazzetti sempre pieni”. Ed è proprio lo sforzo dei privati a tenere in piedi il movimento. Gli introiti del merchandising sono trascurabili. Il botteghino pesa solo per il 10 per cento sui ricavi totali. “A trainare questo carro su cui tutti ora vogliono salire sono sempre i club – spiega ancora il presidente – Non prendiamo un euro dalla Federazione ma ogni anno versiamo oltre un milione di euro in tasse gara e tasse sui trasferimenti delle giocatrici straniere. Bisogna trovare un modo per aiutare chi vuole investire”. Il rischio è chiaro. Senza misure appropriate i club italiani rischiano di perdere quanto conquistato finora. “Defiscalizzare le sponsorizzazioni diventa vitale – giura Fabris – questo incoraggerebbe altri investimenti che poi generebbero ulteriori flussi fiscali per lo stato. E poi serve un principio di sussidiarietà”.

 

L’altro grande tema riguarda lo stato delle infrastrutture. Che, come per il calcio, è pressoché disastroso. “I palazzetti all’altezza si contano sulle dita delle mani – continua – Moltissimi non hanno l’aria condizionata. Giocare al Palaeur di Roma dopo aprile diventa complicato. A Triste hanno un ottimo impianto, ma non ci sono le luci led. Significa che se vogliamo preparare uno show per la partita non possiamo farlo. Ma se hanno creato il Commissario per gli Stadi, perché non hanno creato anche quello dei palazzetti?”. È un problema che riguarda anche il movimento di base, dove la mancanza di impianti per far crescere i ragazzi e le ragazze è diventata ormai cronica, tanto da portare ad aprire le porte delle palestre scolastiche. Ma palazzetti migliori significa anche più diritti televisivi. Anche se su questo tema la scelta della Lega è stata quasi avveniristica. Insieme a NJF, infatti, si è creato un progetto tutto nuovo che prevede la possibilità di distribuire partite e contenuti esclusivi direttamente sui profili social delle atlete. In forma gratuita. E considerando che alcune pallavoliste hanno anche 2 milioni di follower, lo spazio per le pubblicità diventa sterminato. “Piuttosto che sugli stick sul campo – conclude Fabris - gli sponsor preferiscono apparire in questi contenuti esclusivi”. Non è un caso che il Volley sia la seconda lega più seguita sui social dopo la Serie A di calcio. 

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