
Simone Fontecchio (foto Ap, via LaPresse)
a canestro
Porte aperte o porte chiuse, il bivio che ha di fronte Simone Fontecchio
Il cestista azzurro a Miami si gioca una buona parte del futuro in Nba. Sa che dovrà dare tanto non solo al tiro pesante, diventata la qualità dominante del suo gioco in Nba, ma anche in difesa
Reinventarsi, ancora una volta, alle soglie dei 30 anni. Simone Fontecchio, a testa bassa, vuole giocarsi l’ultima chance per dimostrare di valere un posto in Nba. Abituato a estati da protagonista assoluto con la maglia azzurra addosso, con tante pressioni realizzative sulle spalle, quando varca l’Oceano diventa uno specialista in uscita dalla panchina, una transizione non facilissima da gestire. Con un contratto in scadenza nel prossimo anno, Fontecchio è pronto a sfruttare al meglio l’occasione: in estate, infatti, è stato scambiato da Detroit, che lo ha spedito a Miami in cambio di Duncan Robinson. I Pistons lo avevano sedotto e, di fatto, abbandonato: il cambio di coach nell’estate del 2024, con il passaggio da Monty Williams a J.B. Bickerstaff, lo aveva portato da elemento potenzialmente centrale a uomo di rincalzo nelle rotazioni. Un declassamento che non lo ha mai davvero messo ai margini, ma lo ha reso certamente meno importante di quanto Fontecchio credeva (e sperava) al momento dell’arrivo a Detroit.
Ora Fontecchio deve ricominciare ancora una volta da zero, e forse non è un caso che il numero di maglia della sua prima stagione agli Heat sarà proprio quello. Arrivare alla corte di coach Erik Spoelstra, uno dei più in vista della Nba ormai da svariate stagioni, è un lusso che Simone dovrà dimostrare di meritarsi: la “Heat culture”, infatti, ha consentito nel corso degli anni a giocatori anche senza un pedigree come quello di Fontecchio di mettersi in mostra. Da elementi scelti in coda al draft ad altri addirittura “undrafted”: quel che conta non è il passato, ma il presente. Fontecchio sa che dovrà dare tanto non solo al tiro pesante, diventata la qualità dominante del suo gioco in Nba, ma anche in difesa. Nulla che non sia nel bagaglio dell’azzurro, sul quale, al momento dell’approdo in Florida, erano anche circolate voci di un taglio immediato, in totale contrasto con la realtà dei fatti: coach Spoelstra, infatti, si era persino fatto vedere a Roma durante uno dei raduni con la Nazionale pur di parlare col ragazzo. “Qui c’è uno standard diverso rispetto a tante altre realtà Nba, ci si aspetta moltissimo dai giocatori e c’è un approccio importante sulla cultura del lavoro. Poter far parte di un’organizzazione che predilige la famosa ‘work ethic’ per me è molto importante”, ha detto qualche settimana fa alla Gazzetta, a conferma della volontà di capitalizzare al meglio l’occasione.
Per Fontecchio, quello che sta per cominciare è il cosiddetto “contract year”, il modo migliore per farsi vedere in attesa di una firma futura: la prossima, dunque, potrebbe essere o l’estate della firma su un contratto in grado di fargli chiudere la carriera in Nba, oppure quella della porta chiusa, tornando in Europa dove le grandi del Vecchio Continente sarebbero pronte a fargli ponti d’oro, come accadde in passato, per esempio, a Nik Melli. L’impressione è che Fontecchio, almeno per ora, all’Europa non pensi nemmeno lontanamente: sembra finalmente al posto giusto e nel momento giusto, allinearsi alla “Heat culture”. potrebbe allungargli la carriera Nba. Una sfida difficile, complessa, ma senza alcun dubbio intrigante.