
Roberto Lopes (a sinistra) e Willy Semed (destra) esultano dopo la qualificazione ai Mondiali 2026 (foto Cristiano Barbosa per Sportsfile via Getty Images)
da Praia
Capo Verde si qualifica ai Mondiali 2026 a 50 anni dall'indipendenza. Reportage
Il 3–0 contro eSwatini ha trasformato questa nazione insulare di meno di 600.000 abitanti nel secondo paese più piccolo di sempre a qualificarsi per il torneo dopo l’Islanda nel 2018
Praia (Capo Verde). Il 5 luglio 1975, allo Stadio da Várzea, nella capitale Praia, la bandiera capoverdiana fu issata per la prima volta in occasione della proclamazione dell'indipendenza dal Portogallo. All’epoca non esisteva ancora una Nazionale di calcio e nessuno avrebbe potuto immaginare cosa avrebbe riservato il futuro. Eppure, esattamente 100 giorni dopo il cinquantesimo anniversario dell’emancipazione dal potere coloniale, la stessa bandiera è tornata a sventolare con orgoglio su quello stesso campo. Stavolta per celebrare la prima qualificazione di Capo Verde ai Mondiali: tifosi sul terreno di gioco, parte dei calciatori e alcuni degli artisti più rinomati della scena musicale capoverdiana sul palco allestito al posto di una delle porte. Il 3–0 contro eSwatini ha trasformato questa nazione insulare di meno di 600.000 abitanti nel secondo paese più piccolo di sempre a qualificarsi per il torneo dopo l’Islanda nel 2018. Un traguardo epocale, raggiunto a spese del Camerun, che ha spezzato la solita calma di Praia, una città nota per il suo ritmo rilassato. Le autorità locali hanno perfino concesso ai cittadini il pomeriggio libero, permettendo a tutta la popolazione di sostenere gli Squali Blu. “Il giorno dell’indipendenza e il 13 gennaio 1991 – quando si tennero le prime elezioni multipartitiche – sono sempre state le due date simboliche che hanno unito il nostro popolo”, ha dichiarato José Maria Silva, direttore nazionale del cerimoniale di Stato. “La qualificazione ai Mondiali può già essere considerata il terzo momento fondante della nostra nazione”.
Per un popolo generalmente riservato, l’attesa è stata più intensa del solito. Le bandiere capoverdiane decoravano balconi, finestrini delle auto e si trovavano in ogni bar e ristorante. Nonostante l’importanza della partita, però, la calma ha dominato sia dentro che fuori dallo Stadio Nazionale – inaugurato nel 2014 e finanziato dalla Cina – almeno fino al fischio d’inizio. Il primo tempo senza gol e le difficoltà nel superare la difesa avversaria avevano spento un po’ gli animi, ma la rete di Dailon Rocha Livramento, arrivata appena tre minuti dopo l’intervallo, ha liberato un boato trattenuto per settimane, fin dal successo di settembre contro il Camerun che aveva acceso definitivamente il sogno mondiale. Proprio come allora, contro i Leoni indomabili, l’attaccante di proprietà dell'Hellas Verona ha fatto tremare lo stadio.
Livramento è il simbolo dei capoverdiani della diaspora, che superano in numero gli abitanti residenti in patria e compongono 14 dei 25 convocati per le ultime due gare di qualificazione. Senza il loro contributo, conquistare il pass per la rassegna iridata sarebbe stato molto più difficile.
Il processo di reclutamento dei giocatori con doppia cittadinanza è iniziato intorno al 2002, grazie a Lito, un attaccante che ha totalizzato oltre 200 presenze nella massima serie portoghese. Fu lui a convincere altri calciatori basati in Portogallo a vestire la maglia della Nazionale. Col passare del tempo e con risultati sempre migliori, la rete di giocatori nati e cresciuti all’estero si è ampliata, estendendosi soprattutto in Francia e nei Paesi Bassi. La chiave del successo del commissario tecnico Bubista è stata la capacità di integrare questi giocatori con il nucleo di talenti cresciuti a Capo Verde. Per riuscirci, ha puntato soprattutto sul rafforzamento dell’identità capoverdiana, nello specifico attraverso l’uso della lingua creola. “È la lingua ufficiale della Nazionale”, ha dichiarato. “Alcuni giocatori, all’inizio, parlavano solo inglese, ma ora hanno imparato il creolo. A volte cercano di comunicare in altre lingue tra loro, ma non lo permetto”.
Altrettanto fondamentale è stata la crescente professionalizzazione della Federazione calcistica di Capo Verde (Fcf), che nonostante risorse limitate e uno staff di appena otto persone ha saputo massimizzare ogni mezzo a disposizione. Il miglioramento della situazione economica, spesso un ostacolo per le piccole nazioni africane, è stato possibile grazie ai fondi Fifa: la Fcf ha ricevuto dal massimo organismo calcistico internazionale un supporto che ha coperto parte delle spese per le onerose trasferte. Tra qualche mese, i 10,5 milioni di dollari che Capo Verde incasserà partecipando alla fase a gironi dei Mondiali rinforzeranno ulteriormente le casse della Federazione e permetteranno di sviluppare un sistema di scouting più strutturato, volto a scovare talenti emergenti nella diaspora. Un compito che oggi è ancora affidato ai soli cinque membri dello staff tecnico. L’obiettivo è alzare ancora di più il livello della Nazionale e, perché no, un giorno convincere anche giocatori del calibro di Nuno Mendes, terzino sinistro del Paris Saint-Germain di origini capoverdiane, a scegliere di rappresentare il paese dei propri antenati.