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Il foglio sportivo

Ecco perché amiamo così tanto la maglia azzurra 

Umberto Zapelloni

Il libro di Corbi è un condensato di emozioni che è bello rivivere. Da Buffon a Gattuso, passando per Totti, Balotelli e Pazzini. Un viaggio tra i ricordi dei debuttanti nelle Nazionali giovanili per capire da dove arriva tutto questo amore

L’azzurro è il colore che amiamo”, scrive Gabriele Gravina nella prefazione del libro di Paolo Corbi, responsabile della Comunicazione e ufficio stampa Figc, che ci racconta le emozioni che si provano quando si indossa per la prima volta la maglia della Nazionale. Un’emozione che comincia quando arriva la prima convocazione per una selezione giovanile e poi continua senza finire mai, ogni volta che si legge il proprio nome nell’elenco stilato dal ct di turno. Raccontando la storia delle Nazionali giovanili, Paolo Corbi, che con la Nazionale ci lavora da anni, ci ha regalato una serie di frammenti preziosi che alla fine compongono quasi un romanzo. “Quei favolosi anni in cui diventammo azzurri” edito da Giunti è un viaggio nelle Nazionali giovanili con tanti racconti delle prime volte, quelle che non si scordano mai. “Se ripenso a quando l’ho vestita mi commuovo”, racconta Antonello Cuccureddu.

 

“Ero contento di tornare in Under 21 dopo il Mondiale ’82. La maglia azzurra qualunque essa sia, ha sempre lo stesso valore”, sottolinea lo zio Bergomi. “Quando Di Biagio chiese la mia disponibilità per l’Europeo 2017 non ebbi dubbi, anche se già giocavo in Nazionale maggiore. Volevo provare a vincere con l’Under 21”, aggiunge Gigio Donnarumma, il capitano di oggi. “Ero a casa a Roma, mi chiama il segretario dell’Under 21 e mi avvisa della convocazione per l’Europeo. Fu un momento emozionante, ero con i miei genitori, fu una soddisfazione anche per loro”, ricorda Francesco Totti. “L’esordio fu un giorno stupendo: avevo sempre guardato l’Under 21 in tv sognando di indossare quella maglia”, è il tuffo nella memoria di Andrea Pirlo. “L’Under 21 è un trampolino fondamentale per fare carriera a un certo livello. Sai che devi ancora lottare per emergere, ma ti rendi conto di essere sulla strada giusta”, dice Federico Bernardeschi.  “Quel giorno ero molto felice, perché mi sono sempre sentito italiano. Ma, oltre alla gioia, c’era anche un pizzico di amarezza, di rammarico, per aver dovuto aspettare tanto”, sottolinea Mario Balotelli.

 

C’è chi considera la medaglia di bronzo olimpica conquistata ad Atene come Alberto Gilardino: “Ho avuto la fortuna di vincere quasi tutto, ma l’Olimpiade resta sempre qualcosa di particolare. Aver vinto una medaglia olimpica è una cosa unica” e chi ha ancora a casa pallone e scarpe di un giorno speciale con la tripletta del 2007 a Wembley, come Giampaolo Pazzini: “Conservo ancora il pallone con le firme di tutti i calciatori inglesi e gli scarpini di quella partita. Me li ha chiesto il Museo di Wembley… chissà magari un giorno deciderò di farli esporre”. Per qualcuno i ricordi sono dolci amari allo stesso tempo, come rammenta Ciro Immobile: “Poche ore prima della partita mia moglie Jessica mi dice che aspettavamo un figlio… e ovviamente ho sbagliato il rigore. Avevo 20 anni, entrai in campo pensando che stavo per diventare papà e non ero proprio lucidissimo. A casa ancora scherziamo su questa storia…”.

 

Il libro di Corbi è pieno di cifre, dati, tabellini di partite, fotografie bellissime, ma è soprattutto un condensato di emozioni che è bello rivivere. Si rivive il cammino delle Nazionali giovanili passando per Europei, Mondiali, Giochi olimpici e Giochi del Mediterraneo e i principali tornei di categoria. C’è Cesare Maldini che chiama “paninari” i suoi ragazzi: “…nel senso che li abbiamo scelti sull’Almanacco Panini. Ci sono i nomi, le date di nascita, le presenze in prima squadra, i gol segnati. Che cosa si può volere di più” in un ricordo che riletto oggi, ai tempi di Internet e dell’Intelligenza artificiale, fa tanta nostalgia. Ci sono racconti incredibili come quello di Bruno Giordano: “Della prima partita in Under 21 a Madeira non dimenticherò mai i viaggi in bus: l’autista sfiorava i precipizi e noi eravamo tutti impauriti. Pensavamo di finire nell’Oceano”. Paure diverse quelle rammentate da Ancelotti: “Nel 1980 in Unione Sovietica avevamo la sensazione di essere sempre seguiti e controllati. Non vedevamo l’ora di tornare a casa” o da Gabriele Oriali: “A Magdeburgo in Germania Est eravamo accompagnati da una scorta armata, la sera c’era il coprifuoco”.

 

“Ricordo che in Turchia, a Istanbul, nei giorni liberi siamo andati due volte in gita al bazar. Chi l’aveva mai visto un bazar? Alla fine non c’è niente da fare, quelli sono i ricordi più belli”, butta lì Gigi Buffon che di ricordi belli in Azzurro ne deve avere degli armadi pieni, ma va con la memoria ai tempi dell’Under 17. Storie che ci raccontano come è cambiato il mondo, ma anche come siamo cambiati noi. Se Peruzzi alla fine degli anni Ottanta racconta: “Fuori dal campo si stava insieme, in stanza, giocavamo a carte, si chiacchierava, quasi sempre di calcio”, Alessandro Florenzi nel 2011 dice: “In Svezia non c’era un televisore con la presa per la Play Station e allora ne abbiamo comprato uno. Lo abbiamo usato anche in aeroporto in attesa del volo di ritorno che era in ritardo”. Samuele Ricci ai tempi dell’Under 17 nel 2019: “La sera eravamo insieme negli spazi comuni. Ogni tanto capitava che Cortinovis improvvisasse una sua canzone rap”. Storie che fanno sorridere, ma anche che commuovono come quando la memoria corre al destino di Edoardo Bortolotti e Agostino Di Bartolomei che a un certo punto non hanno più avuto voglia di vivere o al dolore per Piermario Morosini, Enrico Cucchi, Alberto Rivolta, Massimiliano Catena o per Stefano Borgonovo di cui ci resterà sempre in mente la voglia di vivere e di comunicare con il mondo anche quando poteva farlo solo muovendo gli occhi. Tutti ragazzi che hanno vestito l’Azzurro. 

 

Tutto cambia, ma non l’amore per quella maglia. “Le Under trasmettono ai giovani l’orgoglio di indossare la maglia Azzurra, attraverso quelle sensazioni che ti fanno sentire vivo e ti permettono di trovare energie in più, tenendo sempre presente che sei lì a rappresentare il tuo paese”, è il messaggio senza tempo di Gennaro Gattuso, il ct di oggi, il campione del mondo di ieri, che sta provando a trasmettere ai giovani di oggi il significato di quella maglia con il tricolore sul cuore.

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