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Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA

Il depistaggio di Sinner

Alessandro Bonan

Il giovane tennista sta cambiando, sperimenta soluzioni nuove anche a costo di sbagliare, per diventare meno prevedibile. Ogni partita è un allenamento mascherato, un depistaggio costruito pensando solo alla sfida con Alcaraz

Dicono che ogni storia possieda un copione già scritto o vissuto da qualche parte. Non sono d’accordo, la storia scaturisce anche dal nulla, come un fiore nel deserto. Scrivendo storie per diletto (la scrittura non è una professione), cerco di partire da una suggestione, qualcosa che solleciti il mio cuore e la mia testa. Non mi preoccupo dell’inizio e nemmeno della fine, semplicemente scrivo “inseguendo una libellula in un prato” (ad esempio, da dove gli sarà arrivata questa immagine al buon Mogol?). Se dovessi scrivere la storia di Sinner però, saprei da dove partire, ipotizzando anche la fine, perché Jannik si sta allenando per cambiare un copione già scritto troppe volte contro Alcaraz. Ci riuscirà? Per il momento il nostro uomo sta mettendo un portacenere sul tavolo (sto inventando, non lo ha mai fatto). Vuole fumare? No, certamente no, semplicemente sta cercando un depistaggio. Contro Cilic, Atmane e Marozsan, ha fatto cose che al momento gli riescono a metà. Palle corte in sequenza, discese a rete, addirittura serve and volley. A costo di perdere il punto, ha diversificato per allenarsi all’unica vera partita che il tennis oggi gli proponga, quella con lo spagnolo. 


La grandezza di Sinner è il calcolo delle conseguenze. Sa che contro certi giocatori può permettersi la licenza di uscire dal suo classico repertorio, senza rischiare di perdere. E così va avanti, pagina dopo pagina, turno dopo turno, settimana dopo settimana, emisfero dopo emisfero, superficie dopo superficie, vittoria dopo vittoria, in attesa del finale (qualsiasi finale) contro il fenomeno di Murcia. Ecco la scrittura, penso: l’attesa. E niente è più divertente che raccontare l’attesa, dentro la quale Sinner ci sta mostrando l’abilità del divenire, depistando. Sta cercando di cambiare per diventare migliore, per accrescere la sua imprevedibilità, dandosi una consistenza diversa, non solo acciaio, ma anche polvere d’acciaio, qualcosa che si smaterializza e poi si ricompone. Da qui, la mia quasi certezza sull’esito finale, anche perché l’italiano sa essere incredibilmente veloce nel perfezionare il suo modo di giocare. A Pechino ha servito molto meglio, ad esempio, e non credo sia successo per caso. In questa attesa, io vedo fiumi scorrere contro corrente, e navi sulla tangenziale di Milano. Vedo, insomma, fatti che non possono esistere a cui però io credo. E penso a quel portacenere posato sopra il tavolo, il classico escamotage dello scrittore che vuole trasmettere un ché di misterioso. Seguendo l’arte del depistaggio, quella che sta curando Sinner per presentarsi ancora più enigmatico al rivale.

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