
Giocatori dello Zrinjski festeggiano un gol in Conference League nella stagione 2023 (foto Ansa)
giovedì di coppa
La Conference delle bandite. Zrinjski e Shkendija, dalla cancellazione titina all'Europa calcistica
I due club balcanici sono entrambi espressione di comunità, quella croata di Mostar e quella albanese di Tetovo, che non si riconoscono pienamente nello stato nazionale di riferimento. Durante l’ex Jugoslavia furono sciolti perché considerati pericolosi per l'unità nazionale
Anche se lo Zrinjski e lo Shkendija non si affronteranno durante la fase campionato della Conference League, un filo invisibile collega Mostar e Tetovo. Le città che ospitano i due club, rispettivamente rappresentanti della Bosnia Erzegovina e della Macedonia del Nord, sono due luoghi profondamente segnati da divisioni etniche, figlie delle tensioni nazionaliste che hanno attraversato per secoli i Balcani e che si sono riaccese violentemente negli anni Novanta.
Zrinjski e Shkendija sono entrambi espressione di comunità, quella croata di Mostar e quella albanese di Tetovo, che non si riconoscono pienamente nello stato nazionale di riferimento. Un caso non isolato nel calcio europeo: basti pensare allo Sheriff Tiraspol, che nella stagione 2021/2022 ha rappresentato la Moldova in Champions League pur avendo sede in Transnistria, la regione de facto autonoma e filorussa del paese.
Ciò che distingue la storia di Zrinjski e Shkendija, però, è che le due società, entrambe facenti parte dell’ex Jugoslavia fino al 1992, furono a lungo bandite e risorsero dalle ceneri in seguito alla dissoluzione del paese. Il prezzo più alto lo pagò la squadra di Mostar, costretta nel 1945 a sospendere le attività per quarantasette anni, poiché il governo di Josip Broz Tito la considerava uno strumento della propaganda nazionalista croato-bosniaca. Gli “Aristocratici” - soprannome legato al fatto che il club prese il nome da una nobile famiglia locale - tornarono in campo durante la guerra di Bosnia. Il Club Sportivo Croato dello Zrinjski, questo il nome completo, ripartì da Međugorje, disputando le prime gare amichevoli in Croazia e in altre località del mondo dove la diaspora croata era più numerosa, con l’obiettivo di ripristinare il legame con la propria tifoseria. Tra i calciatori passati dal club in quegli anni di ricostruzione, figura anche Luka Modrić: il Pallone d’Oro 2018 mosse i primi passi proprio nello Zrinjski, nella stagione 2003/2004, quando venne girato in prestito dalla Dinamo Zagabria a 18 anni. Con nove titoli conquistati, oggi lo Zrinjski è la formazione più vincente della Bosnia Erzegovina, sebbene il suo gruppo di tifosi organizzato, gli Ultras, guardi più a Zagabria che a Sarajevo come capitale di riferimento e si volti sempre di spalle ogni volta che risuona l’inno nazionale durante partite ufficiali. Curiosamente, lo Zrinjski è stato anche il primo club bosniaco a qualificarsi alla fase a gironi di una competizione Uefa: è accaduto due stagioni fa, sempre in Conference League.
Anche lo Shkendija ha tagliato quest’anno un traguardo storico a livello individuale: per la prima volta partecipa alla fase campionato di una competizione Uefa. Il primato nazionale, però, spetta al Vardar Skopje, che nel 2017/2018 si qualificò per la fase a gironi di Europa League. Tuttavia, anche il percorso del club di Tetovo ha conosciuto un periodo di interruzione. Lo Shkendija rimase ai margini del calcio per undici stagioni, un arco temporale nettamente più breve rispetto allo Zrinjski, semplicemente perché fu fondato solo nel 1979. Due anni più tardi, venne sciolto dopo essere stato individuato dal potere centrale di Belgrado come cassa di risonanza del crescente nazionalismo albanese. Non a caso, il gruppo organizzato che sostiene il club, i Ballistët, si ispira al movimento patriottico albanese della Seconda Guerra Mondiale, Balli Kombëtar, che, analogamente ai nazionalisti croati, collaborò con il regime nazista tedesco. L’ascesa recente dello Shkendija, detentore di cinque campionati nordmacedoni, lo ha visto affrontare il Milan nel 2017 in un turno preliminare di Europa League. Sono queste sfide, così come gli exploit recenti in Conference, ad aver portato in superficie le storie di Shkendija e Zrinjski. La presenza di questi club sulla scena internazionale resta però un segno tangibile delle spaccature interne in Bosnia e Macedonia che, a trent’anni dalla fine dei conflitti, faticano ancora a trovare un equilibrio.